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Beethoven


kraus

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250 volte Ludwig, 250 anni e non sentirli... la Sua lezione di Libertà mai è stata calpestata come ai giorni nostri.

Che, in barba ai tempi attuali e alle paure collettive, ci si possa riabbracciare a viso aperto come ci insegna la tua grandezza solitaria e irripetibile, da sola in grado di spazzar via un secolo di musica per lo più conformista e sempre uguale a se stessa, facendola apparire vecchia a chiunque lo abbia timidamente seguito nei decenni successivi.

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  • 5 weeks later...

Alla mia veneranda età ho deciso di fare ordine nel caos in cui sono gettate nella mia mente le prime sonate per pianoforte di Beethoven (decisamente utili sono state, sono e saranno le lezioni di musica di Radio 3).

In passato non ho nascosto il fatto che nel complesso non sono brani per i quali vado pazzo. E questi ascolti analitici mi stanno anche aiutando a capire perché. Tuttavia bisogna riconoscere che in una singola sonata (che sia di tre, quattro, due, due e mezzo movimenti) c'è sempre almeno un numero che vale il prezzo del biglietto.

Altra considerazione preliminare, che potrebbe essere anche errata, attendo pareri, è che nelle opere pubblicate a gruppi trovo una progettualità complessiva da non trascurare, ciascuna sonata acquista più senso se considerata parte di un tutto più ampio, non come se fosse a sua volta un movimento di un'opera più grande, ma qualcosa di simile. La "futilità" di alcune composizioni appare sotto altra luce se accostata alla pregnanza del brano gemello.

Per quanto riguarda le mie personali perplessità di fronte ad alcuni di questi pezzi posso dire, sempre in generale, che i problemi maggiori sono nei movimenti iniziali in forma sonata. Può sembrare strano trattando di Beethoven (ancorché giovanile), ma è così. C'è una scarsa coesione tra i vari elementi, che spesso si moltiplicano non a dismisura, ma con grande proliferazione. Ma ovviamente la quantità di idee in musica non è mai un difetto, è sempre un pregio. Semmai il problema è la brusca giustapposizione, un po' illogica, tra queste idee e il discordo troppo frammentato. Mi dicono che sia un tratto che Beethoven riprende nelle ultime sonate, ma a questo punto potrei rispondere che sarà per questo che in tali brani le parti migliori sono i temi con variazione, le fughe e gli scherzi. 

A più tardi per qualcosa di più dettagliato sulle singole sonate.

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  • 3 weeks later...

Se non è stato fatto, segnalo due nuovi libri: "Beethoven ritratto di un genio" di Jan Caeyers e "Beethoven la straordinaria complessità di un genio" di Rocco Di Campli. Quest'ultimo descrive le sensazioni che gli suscita l'ascolto di Beethoven 

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42 minuti fa, ken dice:

Se non è stato fatto, segnalo due nuovi libri: "Beethoven ritratto di un genio" di Jan Caeyers e "Beethoven la straordinaria complessità di un genio" di Rocco Di Campli. Quest'ultimo descrive le sensazioni che gli suscita l'ascolto di Beethoven 

Il libro di Caeyers l'ho acquistato e presto lo leggerò. Trattandosi del lavoro di un direttore temo che possa trattarsi un libro costruito come giustificazione di suggestioni interpretative personali, un po' come, almeno in parte, il libro di Gardiner su Bach.  

besugo

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Qualcuno invece ha avuto modo di leggere "il genio di Beethoven viaggio attraverso le nove sinfonie"? 

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Si tratta di un libro di Giorgio Pestelli

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12 ore fa, ken dice:

Qualcuno invece ha avuto modo di leggere "il genio di Beethoven viaggio attraverso le nove sinfonie"? 

 

12 ore fa, ken dice:

Si tratta di un libro di Giorgio Pestelli

Mi riprometto da tempo di prenderlo. Pestelli, oltre che accademico, storico e musicologo esperto, ha da sempre coniugato l'impegno "alto" con la frequentazione costante dell'ambiente musicale come critico e organizzatore e con l'attività divulgativa, favorito in ciò da facilità di scrittura davvero invidiabile. Suppongo perciò che i testi su Beethoven scritti  per Donzelli (c'è anche quello sui concerti che mi attira) siano nella linea della divulgazione di eccellenza che ha percorso già in scritti precedenti, considerato inoltre che ormai, da pensionato, non deve più rispettare i canoni della redazione accademica.

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  • 2 weeks later...

Il leitmotiv di quest'oggi sono le sonate op.2.

Cercherò di non dilungarmi.

La sonata nr.1 è in fa minore che promette cose romanticheggianti. Il primo movimento, tuttavia ha una scrittura pianistica un po' scarna e nonostante il "razzo" iniziale e qualche accompagnamento un po' frenetico non è un brano molto significativo o foriero di novità clamorose. Il secondo è un adagio con un lirismo molto beethoveniano, ma anche molto generico e con i due accordi finali tra i più inutili della storia della sonata per pianoforte. Tendo sempre a considerare il minuetto/scherzo di queste sonate un "di più" e sbaglio quasi sempre. Pezzo carino dall'atmosfera malinconica che comunque molto difficilmente Haydn e Mozart avrebbero scritto così. Il finale è un pezzo abbastanza celebre per il suo "sturmerismo", grandi arpeggi e ottavone "piene" fanno già intravedere l'opera 27 nr.2 (Chiaro di Luna, per capirci), il secondo tema è davvero potente e anche un po' inquietante per quanto è drammatico.

La sonata nr.2 ha la tendenza ad entrami da un orecchio e ad uscire dall'altro. Ridotta nelle dimensioni come la nr.1, manca di quel carattere drammatico e rischia di essere messa in ombra dalla sorella. Eppure il primo movimento per estro ed effetti suona anche più avanzato. Il secondo movimento col suo accompagnamento staccato ha un successore più celebre, il secondo movimento dell'opera 28 (Pastorale, per capirci). Inoltre il tema a me sembra prefigurare chiaramente il concerto per pianoforte e orchestra nr.5. Carino lo scherzo, ma mannaggia a me se riesco a prender sul serio dei pezzi che raggiungono a stento i tre minuti di durata. Finale molto leggiadro e mozartiano, niente che rimanga impresso in modo indelebile.

Con la sonata nr.3 direi che si comincia a ragionare seriamente in termini beethoveniani. Inizio e tono generale scherzoso come la precedente, ma le dimensioni e la sostanza sono di un altro livello. Trovo delle analogie con la successiva sonata op.22 in particolare nel gesto iniziale e nella struttura eccessivamente a blocchi, nel senso che il brano in diversi punti sembra giungere ad una perentoria conclusione, invece no. Un "problema" che in realtà ritrovo in vari altri brani di queste sonate del primo periodo (e dell'ultimo, come dicevo qualche tempo fa). Da notare di tipico anche la proliferazione di temi nell'esposizione, dovrebbero essere due, sono tre. L'adagio parte con la tipica melodia/armonia "warm" del nostro, ma ha la particolarità di diventare da un momento all'altro la musica di un film dell'orrore da tanto è inquietante la parte con gli arpeggi, quando arrivano i bassi profondi in sforzato sembra proprio di entrare nel castello di Dracula. Davvero un gran pezzo. Scherzo un po' burbero e trio tempestoso. Finale con un sacco di note, forse troppe.

Quindi ricapitolando, visto che lo scopo è orientarsi in questo labirinto di decine di brani, nr.1 è "quella col finale sturm", la nr.2 "quella col movimento lento che ricorda l'Imperatore", la nr.3 "quella col l'adagio inquietante".

A presto per la sonata op.7! 

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  • 1 month later...

Buongiorno. Eccomi con la seconda parte della mia rubrica sulle sonate di Beethoven.
Dell'opera 7 si è già parlato non molti post fa, per cui non mi dilungherò. Non ho voglia di indagare più di tanto sul perchè sia stata pubblicata singolarmente, ma questo stesso fatto la mette, a torto o a ragione, un po' in risalto rispetto alle sorelle. Sicuramente è una delle sonate di Beethoven più lunghe in assoluto, altro indizio di una certa qual ambizione particolare nelle sua stesura.
L'inizio mi ha sempre ricordato vagamente la sigla di Casa Vianello, un modo un po' bizzarro per identificare la sonata, ma tant'è. Il secondo movimento è quello che comincia con gli accordi e le pause e sembra un po' Schubert. Sonata in quattro movimenti, in genere non ricordo nulla del quarto, mentre il terzo ha un trio decisamente notevole.

Ma veniamo all'opera 10. Tre sonate, le prime due di tre movimenti, la terza di quatto. Bisogna sottolineare che le prime due sonate sono caratterizzate da durate molto contenute dei singoli brani (mediamente 5 minuti).   
La numero 1 (do minore) inizia con un "razzo" che ricorda molto l'op.2 nr.1 ed è un brano che non si mette in mostra per particolari qualità e caratteristiche. Il secondo movimento ci fa entrare immediatamente in un "Beethoven mood" inconfondibile. Il tema è ridotto veramente all'osso, ma il calore che diffonde è inimitabile. Il bello è che, dopo ogni intermezzo della sezione più "svolazzante", il tema ritorna con un accompagnamento più sostenuto, un po' come se il tempo si stringesse, ma l'effetto è invece quello di essere sempre più cullante e rasserenato.
Finale con un nettissimo contrasto tra i due temi, il primo con un pizzico di isterismo, note ribattute, arpeggi rapidi, il secondo rilassato, senza accompagnamento o quasi, un poco mi par intravedere qualcosa dell'opera 53.
La nr.2 ha un tono più salottiero e spiritoso, il primo movimento è un po' il classico in forma sonata che vola un po' di palo in frasca.
Niente movimento lento e questa è una di quelle soluzioni che mi fanno pensare a queste raccolte come frutto di una certa progettualità, ovvero le scelte stilistiche si chiariscono se consideriamo le tre sonate tutte insieme. Qui abbiamo un allegretto dal tono più doloroso che malinconico.
In finale è uno "scherzo" di due minuti che mi fa impazzire, un pezzo geniale, un po' folle, ma stilisticamente coeso. Comincia con un frenetico fugato che, come spesso accade in Beethoven, abbandona la sua natura di fugato abbastanza presto per diventare tutt'altro. Peccato che sia così breve.
La nr.3 è il "piatto forte", più lunga, più movimenti, più spettacolare (probabilmente più impegnativa da suonare). Anche qui un sacco di spunti nell'esposizione del primo movimento, con addirittura dei dubbi su quale possa essere il "secondo tema", se le ambiguità siano formali, armoniche o entrambe le cose.
Il secondo movimento, decisamente esteso, a me sembra una scena d'opera che descrive un confronto abbastanza teso tra due personaggi che attraversano diversi stati d'animo, tipo "il ricordo dei bei tempi andati" contro "le difficoltà attuali" etc. Questo solo per darne una descrizione testuale, il pezzo è una meraviglia musicale di per sè senza bisogno di attribuire significati particolari a quello che si sta ascoltando.
L'arrivo del minuetto è evidentemente concepito "sinfonicamente" per attenuare il senso di desolazione che lascia il finale del movimento precedente. Comunque è chiaro che l'interesse del compositore era indirizzato alla prima parte della sonata, da qui in poi ci si può rilassare. Il rondò finale non passa alla storia della musica per nessuna ragione. C'è un breve passaggio sul finale che, ancora, mi fa presagire l'opera 53 (l'ultimo movimento, questa volta).

Ricapitolando l'op.10
nr.1 quella in minore che comincia in un modo simile all'op.2 nr.1 e ha il secondo movimento che ricorda un po' la romanza per violino e orchestra "Vecchia Romagna" (forse mi ero dimenticato di rilevare questa analogia).
nr.2 quella senza movimento lento col finale geniale.
nr.3 quella col secondo movimento "lirico".
 

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  • 4 weeks later...

Buongiorno, prima di passare al piatto forte di oggi devo rimediare ad alcune dimenticanze delle puntate precedenti.
Sempre nell'ottica di trovare dei punti di riferimento, secondo me è utile notare come gli incipit delle sonate op.2 nr.1 e op10.nr.1 (quelle col "razzo") sono facilmente riconducibili alla sonata in do minore k457 di Mozart (personalmente mi confondo abbastanza facilmente l'inzio di queste tre sonate).
Invece per quanto riguarda le sonate op.2 nr.2 e op.10. nr.2 è molto significativo sottolineare come l'incipit dell'una sia sostanzialmente lo stesso gesto dell'altra invertito, nella prima a scendere, nella seconda a salire.


Siamo così giunti a parlare dell'opera 14. Tuttavia c'è un ingombrante ospite di cui doppiamo occuparci e se la matematica non è un'opinione dovrebbe trattarsi dell'opera 13, nota al grande pubblico come Sonata Patetica. Che cosa si può dire di uno dei dieci brani pianistici più eseguiti e noti della storia della musica? Siccome lo scopo di questa rubrica è quello di creare una sorta di "mappa" dei numerosi brani (alcuni generalmente poco noti) che compongono le produzione pianistica di Beethoven non credo sia il caso di dilungarsi troppo su un pezzo che il pubblico sa a memoria. Quindi non starò qui a parlare del suo "pre-romanticismo", dell'introduzione lenta che riappare in modo abbastanza irrituale, dei temi che tornano rompendo i confini dei singoli movimenti. Interessante è notare un aspetto che la accomuna con altre sonate dello stesso periodo, ovvero l'approccio ambiguo alla forma sonata. Il celeberrimo tema "cantabile" è a tutti gli effetti il secondo tema del primo movimento (e elemento portante dell'intera sonata), ma non è alla dominante il cui arrivo slitta nel tempo fino alla fine dell'esposizione e giunge solo su una frase musicale che, se da una parte è evidentemente una breve coda, dall'altra nella ripresa si ode giudiziosamente alla tonica configurandosi in teoria come "secondo tema" di una forma sonata standard.

Venendo finalmente all'opera 14 cominciamo col dire che consta di due numeri, op.14 nr.1 e op.14 nr.2. Sono entrambe sonate in tre movimenti. Nessuna delle due contiene un movimento lento vero e proprio. Le durate sono davvero contenute, non si arriva al quarto d'ora per sonata. Detta così potrebbe sembrare che siano lavori minori. Ed in effetti è così, rispetto alle precedenti op.2, 7 e 10 queste due sonate appaiono a mio avviso un po' più futili.
Ora bisogna fare una considerazione che mi pare si faccia molto di rado parlando dei compositori di questo periodo. Costoro scrivevano i loro lavori per consegnarli ad un editore, il quale li pubblicava e poi vendeva. Gli introiti tornavano utili al musicista per campare, visto che, per quanto possa sembrarci alle volte strano, costui era un comune mortale che doveva mangiare un paio di volte al giorno. Tutto ciò per dire che cosa? Che la musica doveva piacere al pubblico ed essere anche eseguibile dal pubblico. Oltre alla considerazione che c'è stato un breve periodo della storia in cui gli appassionati potevano recarsi in un negozio per chiedere se era uscita qualche nuova sonata di Beethoven da portarsi a casa e suonare, bisogna anche affermare con certezza che molti lavori risentono nella loro elaborazione del fatto che il compositore ha tenuto conto dei gusti e delle capacità del pubblico. Inutile e controproducente cercare di rifilare all'editore musica troppo all'avanguardia e/o ineseguibile. 
Direi che per parlare di lavori come l'op.14 bisogna tener conto di quanto detto sopra, anche se, va detto, in queste composizioni del primo periodo la volontà del nostro di esplorare, sperimentare o anche semplicemente inserire qualche stramberia non viene mai meno del tutto. Anzi, a volte la stramberia la trovo inserita a tutti i costi in modo un po' forzoso.

Venendo all'opera 14 nr.1, sul primo movimento dal tono leggero e scherzoso e dalla scrittura pianistica in alcuni passaggi veramente scarna (anche questo concepito un po' troppo a blocchi, quasi ogni area tematica fosse un mini-movimento che necessita di una chiusa definita)  si può dire che nello sviluppo, in modo del tutto inaspettato e un po' incoerente, diventa un improvviso di Schubert. E' una di quelle proiezioni/visioni non rare in Beethoven, ma anche il punto di interesse principale di questa pagina. Altra cosa da notare è che la ripresa potrebbe essere scambiata per una ulteriore sezione dello sviluppo per via della scrittura completamente stravolta rispetto all'esposizione.
Il secondo movimento Allegretto è un brevissimo brano dalle atmosfere e dalle armonie molto ricercate e insolite. La cosa più interessante della sonata.
Il finale presenta un tema poco azzeccato e una gran quantità di arpeggi e scale.

L'op.14 nr.2 ha un incipit delizioso abbastanza indimenticabile, anche se arduo da canticchiare. Un pezzo di leggerezza mozartiana, uno dei più mozartiani di Beethoven secondo me. Ha anche il pregio di proporre un discorso musicale più fluido rispetto al solito, non so se causa o effetto della mancanza di grandi contrasti. Il "terzo tema", che è quasi una costante in queste forme sonata rivedute è corrette, è una delizia nella delizia.
Il secondo movimento è un tema con variazioni, l'agogica è tale da non poter suonare come un movimento lento nemmeno quando viene esposto il tema la prima volta, il procedimento è simile a quello di altri temi variati di Beethoven, la scrittura si infittisce sempre di più e con essa accelera anche il tempo. Molto carino e perfetto in una sonata la cui essenza è la pura piacevolezza.
Il pezzo si conclude con uno scherzo/rondò particolarmente pazzerello, con le fasi pazzerelle (frammenti, scale, salti, dinamiche strane) inframezzate da sezioni più animate coi classici arpeggi frenetici dei movimenti finali delle prime sonate di Beethoven.


Riassumendo l'op.14 nr.1 è quella con uno strano scherzo al posto del movimento lento. L'op.14 nr.2 è quella tutta carina e dolce, un po' mozartiana, col tema con variazioni al posto del movimento lento e lo scherzo pazzerello come finale.

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So che Beethoven in realtà compose 6 concerti per pianoforte e orchestra. Oltre ai 5 concerti che già conosciamo, esiste un precoce primo concerto che però non venne pubblicato. Qialcuno sa dirmi qualche notizia in più in merito a questa composizione? 

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8 ore fa, ken dice:

So che Beethoven in realtà compose 6 concerti per pianoforte e orchestra. Oltre ai 5 concerti che già conosciamo, esiste un precoce primo concerto che però non venne pubblicato. Qialcuno sa dirmi qualche notizia in più in merito a questa composizione? 

C'è il concerto WoO 4

 

 

Un abbozzo di un Beethoven quattordicenne.

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Grazie Hanslick. È anche bella come composizione 

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  • 2 months later...

Oggi parliamo di due sonate che metto in coppia senza nessuna giustificazione particolare, se non quella di essere, almeno stando al numero d'opera, cronologicamente vicine. Opera 22 e opera 26.

L'opera 22 è quella che ha un inizio che presenta analogie con l'inizio dell'opera 2 nr.3, un borbottio un po' trillante ripetuto due volte. Il primo movimento è un pezzo abbastanza leggero in cui ritorna, purtroppo, la tendenza alla scrittura "a blocchi". Anche qui la parte più interessante direi che è lo sviluppo dove il pezzo diventa un po' più lirico e "romanticheggiante". Il secondo movimento è un altro classico, ampio brano di ispirazione vocale, con abuso di accompagnamento di accordi ribattuti in cui non è facile trovare qualcosa di riconoscibile. Il minuetto è trascurabile. Il quarto movimento è quello col tema molto simile alla coeva sonata per violino e pianoforte op.24 detta "La Primavera" e questo direi che è il maggior tratto distintivo della sonata in oggetto. In generale l'op.22 si segnala per l'assenza totale di quelle eccentricità e quelle invenzioni imprevedibili e un po' strambe che erano presenti in, direi, tutte le sonate precedenti.

L'opera 26 è quella con la marcia funebre, si fa presto a ricordarsi qual è.
Comincia con un tema con variazioni, bisogna sempre ricordare che le anomalie strutturali delle ultime sonate di Beethoven non nascono dal nulla in una notte come i funghi. Il tema in sè ricorda parecchio un improvviso di Schubert, op.142 nr, 2. Da notare come la quinta variazione faccia un po' tanto Chopin, la marcia funebre non è l'unica cosa che lo colpì di questa sonata. Minuetto e finale fanno da bel contorno alla shockante marcia funebre che onestamente per l'epoca doveva essere un pezzo abbastanza inusitato, non tanto per il fatto che è una marcia funebre, ma per come è scritta e armonizzata e per l'imitazione di percussioni e trombe da parte del pianoforte (anche se con l'orecchio di oggi può venir da pensare che si poteva fare di più - ovviamente gli strumenti di inizio '800 erano quello che erano) e per l'idea di metterla al posto del movimento lento di una sonata.

 

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  • 2 months later...

Arriviamo così, dopo una pausa abbastanza lunga, a parlare delle sonate op.27.

Entrambe queste sonate si portano appresso il nomignolo "quasi una fantasia" dato, a quanto ne so, dall'autore stesso. Come forse già sapete l'op.27 nr.2 ha pure il nomignolo apocrifo "Chiaro di Luna". Insomma, stiamo parlando di un altro dei dieci brani pianistici più famosi della storia, forse il più famoso in assoluto. Quindi non c'è ragione di soffermarsi a lungo su di esso in quanto tutti ricordiamo senza difficoltà questa sonata "qual è". Riguardo all'essere quasi una fantasia personalmente credo che sia molto meno fantasiosa o fantastica di quel che vogliono farci credere. Si tratta, a conti fatti, di una sonata acefala, senza il primo movimento. Infatti dopo il primo movimento fantasma arrivano un adagio, un minuetto e un allegro finale. Ovviamente il materiale musicale e il suo trattamento sono aspetti decisamente straordinari, ma lo scopo qui non è fare un'analisi del brano. Quindi facciamo un passo indietro e parliamo della sonata op.27 nr.1. Spesso parlando della sorella si dice "in realtà c'è un'altra sonata quasi una fantasia", ma nessuno se la fila mai perchè la "Mondschein" proietta ombre gigantesche intorno a se. Io stesso devo ammettere, vergognandomi, che questa sonata nr.1, prima di mettermi lì di buzzo buono a districare il gomitolo beethoveniano sonata per sonata, movimento per movimento, non ricordavo di averla mai sentita.
Dunque, è un pezzo decisamente fuori dall'ordinario e con una personalità spiccata. La forma è abbastanza ambigua, anche se nel complesso si possono individuare quattro movimenti "canonici", ma, attenzione, da suonarsi senza interruzioni. Comincia con un andante che a seconda delle scelte agogiche del pianista può sembrare un normale primo movimento di sonata, tuttavia contiene una sezione molto più animata che non c'entra quasi niente. Dopo questo strano A-B-A parte quello che dovrebbe essere lo scherzo, anche questo A-B-A, un brano molto animato e soprattutto inquieto. Attacca un meraviglioso Adagio farina del sacco del Beethoven "amoroso". Fa il paio con l'analogo brano della sonata per violoncello e pianoforte op.69, tanto bello quanto breve, e ancora si passa direttamente all'allegro finale, frenetico come di consuetudine. Ma c'è ancora un "ma". L'Adagio ritorna e conclude il pezzo. Avevo detto che non ero qui per fare un'analisi e spero che nessuno scambi queste quattro banalità messe in croce per qualcosa che non sono. Quello che posso dire per concludere è che questo pezzo ha molta più personalità di quello che si potrebbe credere soprattutto in relazione alla sua diffusione. Se ne ascoltate l'inizio difficilmente vi passerà di mente.

C'è tempo e spazio per dire qualche parola sull'opera 28, pezzo celebre e anche questo con nomignolo senza particolari motivi o logica. Di "pastorale" c'è forse l'accompagnamento che si ode all'inizio del finale, per il resto non ci sento nulla che richiami la campagna, i campi, le greggi. Oggettivamente una delle migliori sonate scritte dal nostro fin qui, le dimensioni e la densità cominciano a crescere in modo vistoso. Piccola curiosità relativa al primo movimento, nello sviluppo è possibile ascoltare il "tema della Forza" di Star Wars già praticamente compiuto. Il secondo movimento è quello con l'accompagnamento staccato che richiama l'op.2 nr.2 e in comune con altri movimenti lenti di Beethoven ha l'espediente del climax ottenuto stringendo i valori e accelerando così il ritmo anche se poi conclude il tutto riprendendo la sezione centrale in chiave misteriosa. Lo scherzo salta all'occhio per il modo in cui il motivo principale corre per tutta la tastiera in maniera decisamente atipica. Del particolare accompagnamento del tema principale del rondò abbiamo già parlato. Le caratteristiche del brano non si riducono di certo a questo, ma è un A-B-C-A-B-A nel complesso leggero e ancora lontano dal rondò dell'opera 53.
  

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  • 2 months later...

E siamo così giunti all'ultimo cluster di sonate beethoveniane, ovvero l'op.31 nr 1, 2 e 3. Ci sarebbe anche l'op.49 (nr.1 e 2), ma non interessa a nessuno.

Anche in questo caso, o soprattutto in questo caso, mi sembra che le tre sonate si possano considerare pensate come un corpus unico, con un andamento maggiore-minore-maggiore / allegro-drammatico-allegro difficilmente casuale.
Tanto per schematizzare un po': tre movimenti per la nr.1 e la nr.2, quattro movimenti per la nr.3 (notare che questa è l'ultima sonata di Beethoven in quattro movimenti prima dell'op.106).

L'op.31 nr.1 si fa riconoscere subito per questa caratteristica inconfondibile della scrittura con le due mani sfasate di un sedicesimo. Il secondo tema è un po' paesanotto e sguaiatello. Quando ascolto questo pezzo non posso non ricordare quando andai a sentirla alla Scala suonata da Pollini, tutte le volte che partiva questo tema il mio vicino cominciava a gongolare con una espressione felicemente ebete sul volto, ci mancava poco che si mettesse a ballare. A parte questi episodi personali, si vede qui in modo chiaro una delle caratteristiche tipiche di questi movimenti iniziali, un tema che "zoppica" e l'altro che "corre".
Il secondo movimento è un altro adagio di ispirazione vocal/operistica, o almeno così potrebbe sembrare all'inizio. Il tema richiama da vicino quello del secondo movimento dell'op. 10 nr.1 il quale ricorda il tema della romanza per violino e orchestra op.50 ("Vecchia Romagna"). Qui invece di un abbellimento c'è un lungo trillo. Il trillo è un elemento abbastanza strutturale del pezzo, ad un certo punto c'è anche in entrambe le mani contemporaneamente prefigurando già qualcosina dell'op.111. Comunque un brano che parte quasi come parodia di un'aria d'opera, finisce per crederci veramente, nonostante gli svolazzi e gli accompagnamenti staccati un po' umoristici, la bellezza pura finisce per farla da padrona. Di nuovo c'è l'espediente dell'accelerazione tramite il restringimenti dei valori.
Il terzo movimento fa finta di essere un grazioso rondò invece è un altro tour de force di arpeggi vari, la scrittura quasi barocca delle prime battute, di nuovo, viene ben presto resa frenetica da accompagnamenti e da disegni vari a valori strettissimi. Il tema potrebbe ricordare un po' il celeberrimo minuetto dal celebre quintetto di Boccherini.

L'op. 31 nr.2 è la famosa sonata La Tempesta. Famosa sì, ma quanto? Assolutamente non come il trittico Patetica-Chiaro di Luna-Appassionata. La facilità con cui ci si imbatte in queste tre e la loro diffusione tra il "popolo" non è paragonabile alla fama di questa sonata. Eppure avrebbe tutte le caratteristiche della sonata beethoveniana "romantica". Forse, in fin dei conti, solo l'ultimo tempo ha in qualche modo penetrato l'orecchio degli ascoltatori occasionali. D'altro canto è un po' una "versione PRO" di Per Elisa per l'articolazione della frase principale.
Il primo movimento soffre un po' di diversi "momenti morti" sparsi per il pezzo e un po' troppo prolungati.
Si parte con il "rakete" già sentito nell'op.2 nr.1 e op.10 nr.1, ma al rallentatore. Quello che segue è già il secondo tema del movimento. Qui non mi pare il caso di dilungarmi, questa sonata si conosce, ma di interessante si può accennare al fatto che in questo caso della forma sonata rimane un simulacro. Se lo sviluppo è un pura fantasia pianistica (c'è persino un recitativo) la ripresa taglia via completamente il primo tema. Credo che Chopin abbia preso da qui varie cose per la sua sonata nr.2, oltre al senso di urgenza affannosa (se il pianista non fa largo uso di buon gusto alcuni passaggi danno una decisa idea di film comico muto), anche questa forma sintetica che corre verso la fine del pezzo.
La caratteristica principale dell'adagio è quella di preannunciare "il destino che bussa alla porta" della quinta sinfonia. In realtà qui il destino alternativamente bussa alla porta e suona il campanello, in quanto l'elemento della quattro note (ta-ta-ta-taaa) passa dal registro grave al registro acuto in molti passaggi del brano. Questa idea rende il pezzo assolutamente inconfondibile e molto lontano dagli adagi di ispirazione operistica diffusi nelle sonate precedenti. Non che il pianoforte rinunci completamente a cantare, sia chiaro. Non rinuncia neanche, indovinate un po', ad accelerare stringendo i valori dell'accompagnamento.
Il terzo movimento lo abbiamo presente tutti, è un pezzo basato su arpeggi di grandissimo effetto che può piacere veramente a tutti, anche qui chiederei al pianista di andarci leggero e addolcire qualche urto dissonante un po' troppo insistito, nonostante le indicazioni di Beethoven su sforzati vari.

L'op.31 nr.3 è una delle mie preferite. Nell'indice dell'edizione completa in mio possesso (usata) questa sonata è evidenziata, unica tre le trentadue, con un cerchietto. Chissà perchè.
Come si diceva, qui si torna alle atmosfere scherzose della nr.1, il tema iniziale non si può dimenticare nè confondere, pur nell'estrema genericità, perchè è sostanzialmente lo stesso che viene variato nel secondo movimento dell'op.111. Anche stavolta il primo tema zoppica e il secondo corre. Tutto in modo estremamente giocoso, leggero, spiritoso, brillante, aggettivi che si possono abbinare all'intera sonata.
Lo scherzo che segue è una delle pagine pianistiche più geniali di Beethoven, lo stesso elemento (in due parti, uno "dinamico, l'altro "statico" giusto per non usare sempre le stesse parole) appare in continuazione, eppure non è possibile non essere sorpresi dalle invenzioni che questo pezzo presenta nei modi e nei tempi più imprevedibili.
Il minuetto che fa un po' da movimento lento è un pezzo di raffinatezza rara con un tono nobile e una scrittura piacevolmente densa. Altro gioiello. Il tema ricorda quello del minuetto in sol che rivedremo nella sonata op.49 nr.2 (invertito) oppure nel trio per pianoforte, violoncello e clarinetto op.11.
Il finale è una danza completamente folle (in teoria una tarantella, ma siamo al parossismo), con dei ritmi saltellanti che anticipano, guarda caso, il secondo movimento dell'op. 111. Geniale anche questo.


Ricapitolando!
Op.31 nr.1 è quella con le due mani sfasate.
Op.31 nr.2 è La Tempesta
Op.31 nr.3 quella con lo scherzo pazzo e il finale saltellante (e pazzo).
 

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  • 4 months later...

Magari se n'è già discusso, forse mi può aiutare qualcuno. Tra gli schizzi beethoveniani rinvenuti tra gli appunti della sonata al chiaro di luna del maestro di Bonn, è stata ritrovata la trascrizione in do diesis minore della sequenza della morte del Commendatore nel Don Giovanni di Mozart. Tecnicamente, come si somigliano tra loro le due composizioni (adagio del chiaro di luna e morte del commendatore), anche per capire come tale sequenza mozartiana abbia ispirato l'adagio della sonata? 

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1 ora fa, ken dice:

Magari se n'è già discusso, forse mi può aiutare qualcuno. Tra gli schizzi beethoveniani rinvenuti tra gli appunti della sonata al chiaro di luna del maestro di Bonn, è stata ritrovata la trascrizione in do diesis minore della sequenza della morte del Commendatore nel Don Giovanni di Mozart. Tecnicamente, come si somigliano tra loro le due composizioni (adagio del chiaro di luna e morte del commendatore), anche per capire come tale sequenza mozartiana abbia ispirato l'adagio della sonata? 

Ne parlava Schiff in una sua lezione, mi pare facesse sentire anche un confronto. Magari su youtube si trova ancora. 

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2 ore fa, Majaniello dice:

Ne parlava Schiff in una sua lezione, mi pare facesse sentire anche un confronto. Magari su youtube si trova ancora. 

Grazie provo a cercarlo. 

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