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L'ultimo CD acquistato (musica classica)


BaBi_YAR

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10 ore fa, Madiel dice:

Bernd Alois Zimmermann - Recomposed, Vol. 3 - Wergo: WER73872-03 - download  | Presto Music

Nel senso che hai preso solo il vol 3? 

Per inciso, l'1 - che è piuttosto easy listening - mi è molto piaciuto, Alagoana non l'avevo mai sentito, una specie di Sacre in salsa spagnola, più interessante di quel che mi ero figurato dai titoli. Le varie orchestrazioni credo siano prime incisioni, o no? le piccole composizioni neoclassiche, stupende, già le conoscevo.

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2 ore fa, Majaniello dice:

Nel senso che hai preso solo il vol 3? 

Per inciso, l'1 - che è piuttosto easy listening - mi è molto piaciuto, Alagoana non l'avevo mai sentito, una specie di Sacre in salsa spagnola, più interessante di quel che mi ero figurato dai titoli. Le varie orchestrazioni credo siano prime incisioni, o no? le piccole composizioni neoclassiche, stupende, già le conoscevo.

No, errore mio nel postare la fotografia, ho preso tutti e tre i cd (che sono in un cofanetto indivisibile):

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Sono al 50% prime incisioni mondiali, praticamente tutte le trascrizioni presentate e alcuni dei pezzi minori sconosciuti nei cataloghi consultati on line (p.es. il Bolero moderato). Interessantissime le versioni di Zimmermann di pezzi di Busoni, Casella, Milhaud, Villa-Lobos e Racchio. Le trascrizioni di Saudades do Brazil di Milhaud sono molto simili a quelle dell'autore. Il Carillon di Casella è stato trascritto da questo autore per il Balletto per Fulvia, che Zimmermann di certo non conosceva, ma la versione del tedesco è piuttosto fedele all'originale.  Uno spettacolo l'orchestrazione della Ballettszene III di Busoni. Non c'è, però, tutto il repertorio perché mancano i cinque pezzi da Frescobaldi ("La Frescobalda"), usati per un balletto e inseriti anche nel catalogo ufficiale. Dei lavori "ufficiali" ho scoperto l'esistenza del Concerto per orchestra (che dovrebbe essere la trascrizione a piena orchestra di quello per archi). Comunque, c'è tanta bella roba in questi tre cd! :rolleyes:

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17 minuti fa, Madiel dice:

Interessantissime le versioni di Zimmermann di pezzi di Busoni, Casella, Milhaud, Villa-Lobos e Racchio.

Tra l'altro sembrano scelte ricercate di autori molto diversi fra loro. Doveva essere molto colto e soprattutto senza preclusioni.

17 minuti fa, Madiel dice:

Non c'è, però, tutto il repertorio perché mancano i cinque pezzi da Frescobaldi ("La Frescobalda"), usati per un balletto e inseriti anche nel catalogo ufficiale.

Supercuriosità! fortuna che c'è su youtube:

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20 minuti fa, Majaniello dice:

Tra l'altro sembrano scelte ricercate di autori molto diversi fra loro. Doveva essere molto colto e soprattutto senza preclusioni.

Senza preclusioni senz'altro, anche perché anticipò di fatto il citazionismo e polistilismo, che poi esplose negli anni settanta con Schnittke (che, comunque, partiva da altri presupposti ideali). Fascinazione per gli elementi profani della musica che lo resero piuttosto antipatico a certi ambienti post weberniani. 

20 minuti fa, Majaniello dice:

Supercuriosità! fortuna che c'è su youtube:

Me l'ascolto subito! :D

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10 ore fa, Ives dice:

Veramente deliziose, io ho questo:

51wmCk0K81L._UX358_FMwebp_QL85_.jpg

Io di Hahn ho solamente qualche assaggio in quest'ottimo disco:

71v+uQv4J0L._AC_SL1000_.jpg

...e in questi giorni rimettendolo sul piatto, mi sono entusiasmato a tal punto che non ho potuto fare a meno di ordinare immediatamente l'integrale!:rolleyes:;) La quale, oltrettuto gode di ottime recensioni... in effetti la maggior parte delle iniziative e dei prodotti della Fondazione Bru Zane sono di ottima qualità...

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Ringrazio moltissimo @Wittelsbach per l'ottima recensione de Il Barbiere di Previtali. Non ho ancora trovato un'incisione che si ponga al suo fianco per idiomaticità, freschezza e senso del teatro (forse Gui è l'unico che può competere). Tuttavia in discoteca posseggo solo incisioni molto antiche dell'opera rossiniana e da tempo vado in cerca di qualcosa di più sonicamente appagante e di conseguenza registrato in tempi più recenti. Da qualche anno inseguo questa registrazione, che proprio stamane ho ordinato su ebay, vista la spinta rossiniana del Bavarese del Forum:

81yIoFuALUL._AC_SL1500_.jpg

...registrazione che è fuori catalogo da un bel po', e che finalmente sono riuscito a procacciarmi ad un prezzo decente. Non ho voluto sentire nemmeno un anticipo su Spotify, per non rovinarmi l'effetto sorpresa, ma la presenza di Patanè sul podio - per me uno degli artisti più sottovalutati della sua generazione - mi rassicura affatto.

Testamento discografico - per alcuna critica anche piuttosto controverso - del direttore napoletano, le cui intenzioni vengono ben delucidate in un intervista rilasciata poco prima della sua prematura morte:

Torniamo a questo Barbiere che sta registrando per la Decca. Quali opere di Rossini rientrano nel suo repertorio?
Beh, a parte la Matilde di Shabran e simili che non ho mai sentito in vita mia, ho diretto tutte quelle del repertorio corrente: Cenerentola, Italiana in Algeri, Mosè, Barbiere, Guglielmo Tell.

Per questa incisione di Barbiere quale edizione è stata scelta?
Dunque, noi sappiamo benissimo che c'è una revisione 'Zedda', riportata alla partitura originale. Noi l'abbiamo evitata per due ragioni: una è che la terza edizione fedele a questa revisione sarebbe stata perfettamente inutile, non perché la partitura non sia valida, anzi devo dire che Zedda ha fatto un lavoro onorevole e lo si deve ringraziare per aver portato alla luce quelle che erano le prime intenzioni del compositore. Esistono però anche delle tradizioni da rispettare: essendo io un maestro di tradizioni, ho voluto incidere un Barbiere tradizionale, senza per questo voler andar a priori contro la versione Zedda, ma con l'intenzione di realizzarne la prima edizione 'tradizionale' in digitale. La seconda ragione sta nel fatto che la tradizione ha un senso, intendendo con questo termine tutti quegli accorgimenti che l'autore, d'accordo con il direttore d'orchestra dell'epoca, ha accettato. Per esempio nella Sinfonia è stato innestato un trombone, perché il risultato sonoro con i soli contrabbassi non veniva fuori. Sono state aggiunte due battute nel concertato del primo atto perché sembrava 'non logico' avere due battute in meno. In questo stesso brano si è deciso di affidare l'intervento di Don Bartolo a Don Basilio, anche perché «Guarda Don Bartolo! Sembra una statua! Fiato non restagli da respirar» fa sottintendere che Don Bartolo non canti. Ma i maggiori interventi si sono fatti comunque a livello orchestrale.

Vocalmente ci sono stati molti cambiamenti?
All'epoca di Rossini erano accettate le variazioni che i cantanti si permettevano di fare nelle riprese di una strofa, che veniva sempre variata. Anche questo fa parte della tradizione, perché un'usanza che da Rossini a Donizetti trovava tutti gli autori concordi e contentissimi è senz'altro da recuperare.

Le variazioni da chi sono state scritte?
Non esistono variazioni per questa o quella opera, tanto che si può trovare grosso modo la stessa cadenza sia nell'aria del baritono del Trovatore che in quella del tenore della Lucia. Generalizzando, si può dire che in quasi tutte le opere la cadenza rimanga la stessa. Di conseguenza non sono stati fatti studi particolari. Si sono evitati abbellimenti e si sono accettate alcune variazioni, soprattutto nell'aria di Rosina, scritte nel nostro caso per registro di mezzosoprano.

Questa scelta è stata sua o della Decca?
È stata presa di comune accordo, con l'idea precisa di realizzare un Barbiere non freddo ma quasi live, in cui dominasse lo spirito teatrale. Abbiamo di conseguenza curato molto bene i recitativi ed anche il movimento scenico, cercando di dare con il cambio dei microfoni l'effetto di lontano-vicino, interno-esterno.

I tagli sono stati tutti riaperti?
Si, perché oggi si usa trasferire in disco tutto quello che è stato scritto. Io mi sono adeguato a questa usanza anche se confesso di non essere del tutto convinto, perché i tagli hanno un senso, un significato più che altro teatrale, accettato dall'autore. In disco non mi danno fastidio, ma in teatro non farei mai un'edizione integrale.

Verrà inclusa quindi anche l'aria finale del tenore?
Noi l'abbiamo incisa, ma, se decideremo di inserirla, la posizioneremo alla fine dell'opera, come appendice. Questa è un'aria che fu tolta da Rossini dal Barbiere e innestata nella Cenerentola per il mezzo-soprano, quindi fu egli stesso che non volle che comparisse nel Barbiere, anche perché è di una difficoltà enorme per il tenore. Comunque solo l'aria è stata tolta dal contesto, mentre il recitativo tra il Conte e Don Bartolo è stato mantenuto.

Ai cantanti è stata lasciata una certa libertà interpretativa?
Abbiamo scelto d'accordo con i cantanti un'impostazione precisa, un'unica linea interpretativa, che è stata realizzabile grazie ad una compagnia di elementi disponibili e anche molto validi. Oltre a Nucci, alla Bartoli, a Matteuzzi, a Burchuladze, voglio ricordare Fissore, uno dei migliori Bartoli d'oggi, se non il migliore.

Come si è trovato con l'Orchestra del Comunale di Bologna?
Il risultato musicale è abbastanza soddisfacente, perché, nel responsabilizzare un po' tutti, l'orchestra alla fine ha reso. Sa, quasi tutte le orchestre italiane non sono abituate alla disciplina discografica e tendono per questo ad essere un po' rumorose. È questione di mentalità, che spero si cambi al più presto, in modo che le case discografiche tornino ad incidere di nuovo in Italia, perché il suono delle nostre orchestre per l'opera italiana e l'ideale. Purtroppo mancano anche le sale d'incisione e se si pensa a Santa Cecilia, che è una delle migliori orchestre europee ma che è priva di una sala da concerto e di una d'incisione, si può ben capire perché rimanga senza un'attività discografica.

...forse anche all'amico @Majaniello può interessare...

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Snorlino è molto interessante l'intervista che hai postato. Diciamo anche che siamo negli anni '80, e quando Patanè parla di Zedda parla di una filologia davvero agli albori (nel repertorio italiano specialmente), con ancora molte criticità e molti dogmi. Non conosco il disco e non so cosa voglia dire Barbiere tradizionale, che nella mia testa significa, a livello interpretativo, mossette, smorfiette, vocette da commedia, e spero non sia questo il risultato dato che già negli anni '60 questi clichè si erano superati semplicemente col buon gusto.

L'aspetto interessante è che Patanè parla della tradizione come di qualcosa di più filologico della filologia, trascurando che la tradizione è un sedimentarsi successivo di abitudini tipiche di momenti storici posteriori, aspetti che, evidentemente, col compositore non hanno più niente a che fare. O forse lo sa ma, in un momento storico in cui la supremazia dell'interprete sull'autore era tramontata, prova a giustificarsi con un "a Rossini sarebbe piaciuto". Solo qualche decennio prima nessun interprete si sarebbe sentito in dovere di "difendersi" facendo certe puntualizzazioni.

L'intervista fotografa un po' un'epoca di transizione e di contrapposizione tra fazioni, dove si pensava che l'osservanza al testo fosse un valore di per sè, o viceversa che l'esperienza e l'istinto non avessero bisogno di uno studio storico e che questo fosse addirittura d'intralcio. Quando all'estero era già chiaro che filologia volesse dire più libertà interpretativa e non più lacci, per inciso. Peraltro filologia non è affatto sinonimo di "seguire l'autografo", anzi è una guida su come e quanto discostarsene in maniera storicamente verosimile, sono proprio le indicazioni su ciò che non è scritto! a tale proposito: 

4 ore fa, Snorlax dice:

Vocalmente ci sono stati molti cambiamenti?
All'epoca di Rossini erano accettate le variazioni che i cantanti si permettevano di fare nelle riprese di una strofa, che veniva sempre variata. Anche questo fa parte della tradizione, perché un'usanza che da Rossini a Donizetti trovava tutti gli autori concordi e contentissimi è senz'altro da recuperare.

Qui ha ragione lui, le variazioni sono previste e vanno fatte. Chi fa i ritornelli uguali in ossequio alla scrittura fa una sciocchezza. Io non sono neanche contrario agli acuti, messi in punti dove non rovinano la frase musicale. Ma qui c'è un equivoco stravagante (cit.) dato che questa non è "tradizione" ma è "prassi esecutiva", e rientra perfettamente nell'approccio filologico.

4 ore fa, Snorlax dice:

I tagli sono stati tutti riaperti?
Si, perché oggi si usa trasferire in disco tutto quello che è stato scritto. Io mi sono adeguato a questa usanza anche se confesso di non essere del tutto convinto, perché i tagli hanno un senso, un significato più che altro teatrale, accettato dall'autore. In disco non mi danno fastidio, ma in teatro non farei mai un'edizione integrale.

Qui mi fa sorridere, perchè nell'88 fa davvero la figura del conservatore ottuso, qui si sarà impuntata la Decca :D Bonynge cominciò a riaprire i tagli già alla fine degli anni '60, ma qualcuno prima di lui aveva già cominciato a farlo in maniera meno sistematica. Le motivazioni che adduce Patanè non stanno in piedi. Più che per un significato teatrale ("accettato dall'autore" lo aggiunge lui arbitrariamente), si tagliava e cuciva per ragioni pratiche e contingenti un dato momento o luogo, perchè si doveva far successo e portare a casa la pagnotta. Allora se un'opera veniva mal accettata si tirava via qualcosa e si modificava qualcos'altro nella speranza che girasse, si adattavano le parti ai singoli cantanti, si adeguava l'orchestrazione agli strumenti disponibili. In epoca moderna questo fare di necessità virtù non ha più alcun senso. Anche perchè se un autore voleva una modifica permanente faceva uscire una revisione, faceva una correzione dopo la prima stampa, o addirittura prevedeva delle opzioni nell'autografo.

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20 minuti fa, Majaniello dice:

Snorlino è molto interessante l'intervista che hai postato. Diciamo anche che siamo negli anni '80, e quando Patanè parla di Zedda parla di una filologia davvero agli albori (nel repertorio italiano specialmente), con ancora molte criticità e molti dogmi. Non conosco il disco e non so cosa voglia dire Barbiere tradizionale, che nella mia testa significa, a livello interpretativo, mossette, smorfiette, vocette da commedia, e spero non sia questo il risultato dato che già negli anni '60 questi clichè si erano superati semplicemente col buon gusto.

L'aspetto interessante è che Patanè parla della tradizione come di qualcosa di più filologico della filologia, trascurando che la tradizione è un sedimentarsi successivo di abitudini tipiche di momenti storici posteriori, aspetti che, evidentemente, col compositore non hanno più niente a che fare. O forse lo sa ma, in un momento storico in cui la supremazia dell'interprete sull'autore era tramontata, prova a giustificarsi con un "a Rossini sarebbe piaciuto". Solo qualche decennio prima nessun interprete si sarebbe sentito in dovere di "difendersi" facendo certe puntualizzazioni.

L'intervista fotografa un po' un'epoca di transizione e di contrapposizione tra fazioni, dove si pensava che l'osservanza al testo fosse un valore di per sè, o viceversa che l'esperienza e l'istinto non avessero bisogno di uno studio storico e che questo fosse addirittura d'intralcio. Quando all'estero era già chiaro che filologia volesse dire più libertà interpretativa e non più lacci, per inciso. Peraltro filologia non è affatto sinonimo di "seguire l'autografo", anzi è una guida su come e quanto discostarsene in maniera storicamente verosimile, sono proprio le indicazioni su ciò che non è scritto! a tale proposito: 

Qui ha ragione lui, le variazioni sono previste e vanno fatte. Chi fa i ritornelli uguali in ossequio alla scrittura fa una sciocchezza. Io non sono neanche contrario agli acuti, messi in punti dove non rovinano la frase musicale. Ma qui c'è un equivoco stravagante (cit.) dato che questa non è "tradizione" ma è "prassi esecutiva", e rientra perfettamente nell'approccio filologico.

Qui mi fa sorridere, perchè nell'88 fa davvero la figura del conservatore ottuso, qui si sarà impuntata la Decca :D Bonynge cominciò a riaprire i tagli già alla fine degli anni '60, ma qualcuno prima di lui aveva già cominciato a farlo in maniera meno sistematica. Le motivazioni che adduce Patanè non stanno in piedi. Più che per un significato teatrale ("accettato dall'autore" lo aggiunge lui arbitrariamente), si tagliava e cuciva per ragioni pratiche e contingenti un dato momento o luogo, perchè si doveva far successo e portare a casa la pagnotta. Allora se un'opera veniva mal accettata si tirava via qualcosa e si modificava qualcos'altro nella speranza che girasse, si adattavano le parti ai singoli cantanti, si adeguava l'orchestrazione agli strumenti disponibili. In epoca moderna questo fare di necessità virtù non ha più alcun senso. Anche perchè se un autore voleva una modifica permanente faceva uscire una revisione, faceva una correzione dopo la prima stampa, o addirittura prevedeva delle opzioni nell'autografo.

Ti ho taggato perché avevo la certezza che questa intervista avrebbe stimolato il tuo interesse!:rolleyes:;)

Ti dirò la verità, pur comprendendo abbastanza bene le ragioni di Patanè, non capito bene come lui intenda il concetto di tradizione. In ogni caso, leggendo Giudici - che apprezza molto l'incisione in questione - sembra che il direttore napoletano voglia, fortunatamente, fare piazza pulita di tutte le varie "mossette, smorfiette, vocette da commedia" che spesso corrodevano le esecuzioni di trent'anni prima - come esempio estremo ricordo un live al MET con un giovane Di Stefano inascoltabile in questo senso - e presentare l'opera nella sua assoluta integralità, tant'è che è una delle poche registrazioni che sta in tre cd invece dei soliti due.

Io mi aspetto un'esecuzione di grande musicalità e teatralità, staremo a vedere. Ma sono fiducioso.

Al solito ti ringrazio per le tue considerazioni, che meriterebbero più approfondimento, non la banalità della presente risposta...;)

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1 minuto fa, Snorlax dice:

Ti dirò la verità, pur comprendendo abbastanza bene le ragioni di Patanè, non capito bene come lui intenda il concetto di tradizione.

A me è chiaro (anche se al solito mi sono dilungato e non si è capito :D )... tradizione=prendersi delle libertà, filologia=seguire il testo scrupolosamente. E' questo un equivoco che è stato portato avanti da alcuni interpreti (filologi e non) e che è arrivato anche ad un pezzo di pubblico. Oggi è chiaro che non è vera nè l'una nè l'altra equazione.

10 minuti fa, Snorlax dice:

Al solito ti ringrazio per le tue considerazioni, che meriterebbero più approfondimento, non la banalità della presente risposta...

Che palle, al posto di fare il finto modesto scrivi un po' di più :P❤️ 

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2 minuti fa, Majaniello dice:

A me è chiaro (anche se al solito mi sono dilungato e non si è capito :D )... tradizione=prendersi delle libertà, filologia=seguire il testo scrupolosamente. E' questo un equivoco che è stato portato avanti da alcuni interpreti (filologi e non) e che è arrivato anche ad un pezzo di pubblico. Oggi è chiaro che non è vera nè l'una nè l'altra equazione.

Allora avevo compreso bene. Il problema, da quello che rilevi, è che Patanè sovrappone tradizione e filologia, mescolando le due cose e facendo un po' di confusione. Esempio, la questione delle variazioni nelle arie...

Tu sei stato chiarissimo, era proprio il testo originale a lasciarmi un po' perplesso in alcuni punti. Riassumendo in poche parole si potrebbe dire così: Patanè perviene ad alcuni risultati para-filologici in maniera inconsapevole, o meglio, non lo fa di proposito, ma solo perché certe scelte suonano più persuasive alle sue orecchie d'interprete! Perfetto, ammetto di essere da sempre un seguace inconsapevole di Patanè!:boast::D

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4 ore fa, Majaniello dice:

Non conosco il disco e non so cosa voglia dire Barbiere tradizionale, che nella mia testa significa, a livello interpretativo, mossette, smorfiette, vocette da commedia, e spero non sia questo il risultato dato che già negli anni '60 questi clichè si erano superati semplicemente col buon gusto.

E non solo a livello interpretativo: parliamo di ritocchi della strumentazione qua e là, come appunto i tromboni nella sinfonia e altri strumenti a percussione.
In quasi tutta la discografia pre-abbadiana questi ritocchi abbondano, con alcune eccezioni: l'edizione di Leinsdorf (la prima assolutamente integrale) e quella di Gui il quale, stando a ciò che si legge, fu tra i primi a caldeggiare un recupero fedele delle fonti autografe.
Su Abbado si può dire che la cosa è ben curiosa: la prima incisione Dg segue l'edizione critica Zedda ma taglia alcuni recitativi, sicché Ambrogio sparisce dalla distribuzione. La seconda sceglie consapevolmente di scostarsi dall'edizione critica, ma curiosamente nei recitativi ricompare Ambrogio.

 

PS: con tutto il rispetto per Patanè, dissento sul basso Enrico Fissore, malgrado fosse un personaggio simpaticissimo.

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36 minuti fa, Wittelsbach dice:

 

E non solo a livello interpretativo: parliamo di ritocchi della strumentazione qua e là, come appunto i tromboni nella sinfonia e altri strumenti a percussione.
In quasi tutta la discografia pre-abbadiana questi ritocchi abbondano, con alcune eccezioni: l'edizione di Leinsdorf (la prima assolutamente integrale) e quella di Gui il quale, stando a ciò che si legge, fu tra i primi a caldeggiare un recupero fedele delle fonti autografe.
Su Abbado si può dire che la cosa è ben curiosa: la prima incisione Dg segue l'edizione critica Zedda ma taglia alcuni recitativi, sicché Ambrogio sparisce dalla distribuzione. La seconda sceglie consapevolmente di scostarsi dall'edizione critica, ma curiosamente nei recitativi ricompare Ambrogio.

 

PS: con tutto il rispetto per Patanè, dissento sul basso Enrico Fissore, malgrado fosse un personaggio simpaticissimo.

Ah quindi mi stai dicendo che non ho mai ascoltato un Barbiere integrale in vita mia! anche perchè dell'edizione Leinsdorf non conoscevo l'esistenza (ma soprattutto: com'è?). 

Tra l'altro, ci saranno state edizioni critiche più aggiornate nel corso dei decenni, il lavoro di Zedda sarà primi anni '70.

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