Der Römer Posted September 10 Report Share Posted September 10 On 4/9/2023 at 00:02, Majaniello dice: Googlando ho trovato una collana di quell'epoca edita da Bramante che assomiglia alla tua descrizione, deve essere una cosa stupenda, maledizione ora la voglio! Incredibilmente la posseggo; era dei miei nonni. Purtroppo non ho potuto portarla con me in Germania, ma è ben custodita! Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Madiel Posted September 10 Author Report Share Posted September 10 1 ora fa, Majaniello dice: Io trovo vecchissimo anche Bruckner, altro idealista solitario, bravissimo, affascinantissimo, genio totale, ma che centra col mondo di oggi, cosa riflette? Almeno Ghedini è lucido e spietato! Bruckner - ho la sensazione - è usato per evadere dal mondo di oggi, si adopera di Bruckner proprio la sovrastruttura romantica che è la parte del suo messaggio più scollegata dal presente, ma questo è un altro discorso, come noi usiamo la musica classica, che può essere pure come musichetta nei centralini. Per spiegarmi meglio riguardo al "messaggio", mi riferivo soprattutto al citato Dallapiccola, autore che usa dei testi che devono comunicare qualcosa o fanno parte di precise coordinate intellettuali. Ghedini non lo fa mai, al più in certi casi il testo è un corollario al suono (vedi il Concerto dell'albatro), oppure si tiene su un vago misticismo (Concerto per Galimberti). Con Ghedini funziona così, sta lontano dalla materia incandescente e la distilla attraverso la sua interiorità, ma non ha l'urgenza di farci sapere qualcosa su come si pone nel mondo che vive. I tempi, rispetto ai quartetti di Beethoven, sono molto cambiati. Come pure è cambiato lo stile, che non è più unitario da oltre un secolo. Sono venuti meno anche l'idealismo e l'umanesimo, spazzati via da due guerre mondiali. Per forza maggiore, nella musica del XX secolo bisogna essere chiari nei principi e intellegibili sulle proprie idee, altrimenti ciò che si scrive potrebbe apparire oscuro. Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Majaniello Posted September 10 Report Share Posted September 10 38 minuti fa, Madiel dice: Per spiegarmi meglio riguardo al "messaggio", mi riferivo soprattutto al citato Dallapiccola, autore che usa dei testi che devono comunicare qualcosa o fanno parte di precise coordinate intellettuali. Ghedini non lo fa mai, al più in certi casi il testo è un corollario al suono (vedi il Concerto dell'albatro), oppure si tiene su un vago misticismo (Concerto per Galimberti). Con Ghedini funziona così, sta lontano dalla materia incandescente e la distilla attraverso la sua interiorità, ma non ha l'urgenza di farci sapere qualcosa su come si pone nel mondo che vive. Non sapevo niente di questo concerto per la Resistenza del 1964 nè avevo mai sentito l'opera. C'è addirittura un sito https://risuonalaresistenza.it/ Molto bello! A proposito di Beethoven, ci sono momenti che mi ricordano proprio cose di questo genere: Se non fosse che non c'è mai un vero abbandono, gli ultimi quattro minuti sarebbero quasi mahleriani, alla faccia dell'autore freddo! Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Madiel Posted September 10 Author Report Share Posted September 10 22 minuti fa, Majaniello dice: Non sapevo niente di questo concerto per la Resistenza del 1964 nè avevo mai sentito l'opera. C'è addirittura un sito https://risuonalaresistenza.it/ Se non fosse che non c'è mai un vero abbandono, gli ultimi quattro minuti sarebbero quasi mahleriani, alla faccia dell'autore freddo! Considerato uno dei capolavori dell'autore, però è del 1947-48! Fresco fresco di guerra mondiale appena conclusa e dedicato alla memoria di una giovane vittima delle rappresaglie fasciste. Ghedini, più che alla denuncia civile, è interessato al compianto per l'avvenimento, cioè a qualcosa da ridurre a una dimensione privata e umana. Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Madiel Posted September 11 Author Report Share Posted September 11 De Falla: El amor brujo (versione originale del 1915) Claire Powell, mezzosoprano; Aquarius diretto da Nicholas Cleobury La prima versione del celebre El amor brujo, ancora intitolato "gitaneria", che fu un grande fiasco alla prima esecuzione. E' stata una sorpresa, non immaginavo un giovane de Falla così incisivo: orchestrazione cameristica e piuttosto scabra, direi stravinskyana ante litteram, anche alcuni movimenti sono diversi o proprio spostati fanno sembrare l'opera del tutto diversa. E' anche più breve. A conti fatti è anche più affascinante della versione definitiva, che fu concepita per venire incontro ai gusti del pubblico del tempo. Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Vigione Posted September 11 Report Share Posted September 11 Frank Bridge - String Sextet in mi bemolle maggiore Raphael Ensemble (Hyperion Records) Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
giobar Posted September 14 Report Share Posted September 14 Vagn HOLMBOE Concerto da camera n. 5 op. 31 per viola e orchestra Tim Frederiksen, viola Danish National Chamber Orchestra Hannu Koivula Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
zippie Posted September 14 Report Share Posted September 14 Rai Radio3 Suite - Il Cartellone 14 settembre 2023 20:00 in diretta dal Conservatorio Verdi di Milano MiTo SettembreMusica "Russie" Royal Philharmonic Orchestra Vasily Petrenko, direttore Julia Fischer, violino [1] Lera Auerbach : Icarus, poema sinfonico prima esecuzione in Italia [2] Pëtr Il’ič Čajkovskij : Concerto per violino e orchestra Op. 35 - Allegro moderato - Canzonetta. Andante - Finale. Allegro vivacissimo [3] Modest Musorgskij, Maurice Ravel : Quadri di un’esposizione -Promenade - Gnomus - Promenade - Le vieux chateau - Promenade - Les Tuileries - Bydlo - Promenade - Ballet des poussins dans leur coque - Samuel Goldberg et Schmuyle - Promenade - Le marché de Limoges - Catacombe - Cum mortuis in lingua mortua) - La cabane sur des pattes de poule - La grande porte de Kiev - [1] L. Auerbach dà sempre forte quanto splendidamente distaccata la sensazione del citare o meglio del riferirsi d'avvio, a più d'un momento storicamente significativo, salvo appunto risignificarlo in un suo istante tanto attuale quanto inattuale: in questo ha qualcosa della vertigine del non detto di uno Sostakovic ...ma in salsa (UK) Prom!! (bah!!) obbligando il lettore filosofo ad accontentarsi della bravura partecipante dei suonatori, il loro gesto musicale a prescindere dalla leccatura laccatura artificiosa poco meno che Biedermeier di queste uscite... [2] Lèggere e riverberare la straordinaria efficacia stilistica, nel senso della sapidità e il persino incredibile del ben indovinato, di un prodotto (oops: un'opera!) cajkovskijano sembra ahimè smarrirsi vieppiù nel riproporsi delle esecuzioni pardon interpretazioni nei decennienni, che pure, come in questo caso, allo strumento solista vi son mani salde e dotate, eppure: eppure niente..! la consistenza impagabile di un tessuto così presente a se stesso e all'arte e a un gesto sistemico, non mi piglia di dire organico ma: quantomeno organico perdinci, il quadro così cromaticamente popolato di soggetti simpaticissimi ...niente! tutto suona asciuttamente esercizio di dizione. Paradossalmente il malore del direttore, oddio speriamo solo una disfunzione ischemica minimissima, ha come riportato l'interpretazione da parte di tutti a una concentrazione quel tanto più vitale. [3] Una direzione decisamente originale: ben poca flânerie (personnaliste) ma ben piuttosto una cromatica efficacia di potenza (possibilità) strumentale (ritmica compresa) che non so se all'orchestratore per-e-di eccellenza Korsakov sarebbe stata così necessaria, ma a un futurista russo sì... Più djagileviano che stravinskijano, qui si è giocato di immediatezza e graffiti accesi, l'incalzare si è proposto e rivelato felice, in una sorta di riuscita di astrazione, su carta pardon su quadri lì luminosi e finti e diciamo pure molto unici, che beh è sì come ricordiamo tutti M. Mussorgsky 🙂 Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
zippie Posted September 15 Report Share Posted September 15 Rai Radio4 Suite - Il Cartellone 15 settembre 2013 20:30 in diretta dal Teatro Carlo Felice di Genova Stagione Teatro Carlo Felice, GOG Giovine Orchestra Genovese Concerto inaugurale Orchestra e Coro dell’Opera Carlo Felice Genova Donato Renzetti, direttore Claudio Marino Moretti, maestro del Coro Pietro Fabbri, attore Irene Cerboncini, soprano [1] Silvia Colasanti : Arianna e il Minotauro nuova versione per attore, soprano e orchestra testo di Giorgio Ferrara e René de Ceccatty prima esecuzione assoluta commissione Fondazione Teatro Carlo Felice e GOG Claude Debussy ; Nocturnes L 91 per coro femminile e orchestra - Nuages - Fêtes - Sirènes Sergej Rachmaninov : Danze sinfoniche op. 45 - Non allegro - Andante con moto (tempo di Valse) - Lento assai - Allegro vivace - Lento assai - Allegro vivace - [1] Il Minotauro di René de Ceccatty è annoiato (disilluso e infastidito) come un personaggio di A. Moravia: tutti i volgersi prestabiliti in Natura sembrano interrogativi sgraziati, così come quella sua propria figura: e quindi il dramma è della relazione tra ogni cosa, tra divoratore e divorato e tra amanti come tra combattenti: in musica S. Colasanti esprime incorrelazione instabilità e, ai miei orecchi ma forse anche attraverso il tratto interpretativo orchestrale stasera, un certo scherno anziché consapevolezze e ruoli forti, per cui l'incombere persistente è di una inarrestabilità del volgere (ritmico, dal glissato - isola tra moti marini e pozze di sangue - al puntato - sono interni in cui piove dentro) dei tempi: anche l'accavallarsi delle decisioni divine e delle imprese umane non risolvono un bel nulla, né in senso di uno spirito esistenziale né di uno di partitura musicale... Unica figura di scansione angelica, insieme virginea e sapiente, la sororità ariannea ...ma ahimè in esito di dialogo impossibile, che non può darsi, e il vuoto come gorgo loop labirinto e assassinio, e così nascosto, resta l'unico sguardo, per Minotauro, un protagonista neppure all'altezza di fare un compiuto teatro né protestatario né carmelobeniano né camusiano (seppure insomma l'epoca è un po' quella) né amletico! ("mi sogno uomo") non insomma mitologico, ma solo svuotato nel suo sbigottimento e l'atrocità. Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Snorlax Posted September 17 Report Share Posted September 17 Giacomo Puccini, Il Tabarro, Siegmund Nimsgern, Ilona Tokody, Giorgio Lamberti, Chor des Bayerichen Rundfunks, Munchner Rundfunkorchester, Giuseppe Patanè Il Trittico di Patané è sempre rimasto in secondo piano rispetto ad altre incisioni dalla più ampia distribuzione, in primis la vecchia edizione Decca con Gardelli sul podio (che, sinceramente, nel complesso mi pare ben poco riuscita). In discoteca credo di avere quasi tutte le alternative di questo tre in uno pucciniano, con la grave mancanza di Bartoletti, purtroppo di difficilissima reperibilità. Ma com'è questo Tabarro, pubblicato dalla Eurodisc nel 1987? Beh, niente male direi. Il vero asso di questo disco è l'ottima interpretazione di Patanè. Direte che sono fin troppo accondiscendente con questo direttore, per cui ho sempre avuto un certo debole. Beh, può essere pure vero, ma si deve riconoscere che il direttore napoletano in questo caso plasma una lettura dall'eccezionale presa dammaturgica, che tuttavia non trascura alcun preziosismo strumentale di questa singolare partitura. I tempi sono mobilissimi, ottimamente modulati, a ricchiudere tutti i 50 minuti di quest'atto unico in un denso e continuo arco teatrale, senza alcun tipo di caduta. Siamo lontani mille miglia sia dalla superficialità di Gardelli, che dalla bizzarra direzione di Maazel (che a me, manco a dirlo, piace parecchio, checché Giudici ne dica). Una sola cosa, non ho capito, sperando che questo rilievo non vi sembri una sterile annotazione che ogni tanto al nostro amato/odiato Hurwitz piace fare: dove sono finite le "sirene di rimorchiatore"? Perché vengono tenute solamente le "trombe d'automobile"? Sembrerà una bazzecola, ma sono suoni che Puccini annota minuziosamente in partitura - scrivendone altezza e lunghezza - e che quindi hanno una determinata valenza nel quadro della vicenda. E i cantanti? Non me ne intendo molto di voci, ma quello che mi ha convinto di più è quello che conoscevo di meno, ossia Giorgio Lamberti, interpreta un Luigi gagliardo, giovanile, come questo personaggio dovrebbe veramente essere. La Tokody ha delle capacità vocali notevoli, ma la sua Giorgetta di sicuro non è di quelle che non si dimenticano. Credo che il peggiore sia però Nimsgern: il suo Michele è tutto urlato, privo di una berché minima introspezione: è del tutto assente uno scavo psicologico del personaggio, tant'è che sembra che il basso-baritono tedesco non abbia alcuna contezza di quello che sta proferendo (a questo proposito sentire il capolavoro che fa Wixell con Maazel). Comprimari così così, più che buono il coro e di alto livello l'orchestra. La registrazione è piuttosto buona, senza eccellere: è riversata a volume molto basso e manca un po' di corposità, sicché si è costretti ad alzare il volume ben più del solito. Altra nota da fare: il cd - almeno nella mia stampa - è suddiviso in sole due tracce, cosa non proprio comoda... In dedica a @Wittelsbach, @Majaniello, @Ives, @Madiel, @Florestan, @superburp, @Pinkerton e a chiunque altro gradisca... Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Majaniello Posted September 17 Report Share Posted September 17 16 ore fa, Snorlax dice: si deve riconoscere che il direttore napoletano in questo caso plasma una lettura dall'eccezionale presa dammaturgica, che tuttavia non trascura alcun preziosismo strumentale di questa singolare partitura. I tempi sono mobilissimi, ottimamente modulati Snorlino devi scrivere! hai fatto troppe vacanze! Patanè è il classico direttore snorlico, tradizionalista fino al midollo, molto appariscente nelle scelte interpretative, e soprattutto con una concezione del tempo assai arbitraria... e però pure io devo riconoscere che quest'uomo aveva un istinto teatrale fuori dal comune! non era un filosofo, ma come dici tu più un drammaturgo, e in più sapeva respirare coi cantanti, a costo di qualche scollatura. Di recente stavo riascoltando qualcosa della Gencer, e mi sono capitate sotto mano due prove della nostra, diretta da Patanè, che non conoscevo e che mi hanno fatto venire i brividi per una certa comunione di intenti tra i due. Anche se lo hanno frequentato, entrambi, secondo me, non avevano molto a che spartire con Puccini, autore troppo borghese, troppo psicologista... insomma troppa nevrosi proto-novecentesca (da Sinopoli diremmo). Questi erano più gente da dramma nobiliare, da Fedora o da Francesca da Rimini, per rimanere nel periodo, o al contrario da realismo violento ed esasperato. Certo che la crudezza neo-verista del Tabarro è, probabilmente, il Puccini più vicino a Patanè, nel mio sentire. Ma ancor più precisamente, negli anni mi sono convinto che la tarda Gencer (quella post-67), quella che i belcantisti davano per cotta, era invece, per la grande attitudine verso il gesto retorico, l'accento drammatico, la capacità rara di cambiare timbro e peso vocale, la scoperta umanità di certe sue interpretazioni, come fosse l'altro lato della medaglia della finzione esasperata delle sue celebri regine donizettiane, questa Gencer terminale e grandiosa era una specie di nuova Romilda Pantaleoni (e quei ruoli piuttosto gravi le si attagliavano certo meglio in questa fase declinante della sua evoluzione vocale). Quando diciamo Pantaleoni parliamo del repertorio italiano influenzato dalla retorica del grand-opéra, dal Tell a Poliuto, ma soprattutto parliamo del Verdi tardo, degli autori da Boito e Ponchielli, fino alla Santuzza di Cavalleria, suo ultimo ruolo. E non è forse quello il repertorio di elezione di Patanè, quello che ne esalta al meglio le potenzialità? (e cosa sarebbe stata un'Africana Gencer-Patanè dio solo lo sa!). Ascolta qui, in dedica con affetto: Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Ives Posted September 18 Report Share Posted September 18 18 ore fa, Snorlax dice: Giacomo Puccini, Il Tabarro, Siegmund Nimsgern, Ilona Tokody, Giorgio Lamberti, Chor des Bayerichen Rundfunks, Munchner Rundfunkorchester, Giuseppe Patanè In dedica a @Wittelsbach, @Majaniello, @Ives, @Madiel, @Florestan, @superburp, @Pinkerton e a chiunque altro gradisca... Grazie @Snorlax è un'opera che conosco solo nelle edizioni di Maazel e Bartoletti, che mi piacciono entrambe per singole rispettive qualità: il franco-americano possiede l'orchestra tecnicamente migliore e ne trae suoni meravigliosi, certo forse troppo gonfi e turgidi e un pò vecchio stile, ma molto efficaci e affascinanti; la Scotto è poi bravissima, Wixell, sempre sottovalutato in Italia, per me era un interprete d'alto rilievo e molto moderno. Di contro, Bartoletti è più serrato, teso e "filologico" nel seguire i dettami pucciniani (i rumori sono resi benissimo, senza che siano avvvertiti troppo pesantemente) e il cast è ancora più omogeneo di quello del collega: Freni favolosa, Giacomini perfetto, Pons solo dignitoso (qui Wixell è mille volte meglio). Parti minori eccellenti e tutte italiane, rispetto a Maazel. Ricambio con: Handel Aria 'Crystal Streams' from oratorio 'Susanna' Mary Bevan . soprano The Illyria Ensemble Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Ives Posted September 18 Report Share Posted September 18 10 ore fa, Majaniello dice: Snorlino devi scrivere! hai fatto troppe vacanze! Patanè è il classico direttore snorlico, tradizionalista fino al midollo, molto appariscente nelle scelte interpretative, e soprattutto con una concezione del tempo assai arbitraria... e però pure io devo riconoscere che quest'uomo aveva un istinto teatrale fuori dal comune! non era un filosofo, ma come dici tu più un drammaturgo, e in più sapeva respirare coi cantanti, a costo di qualche scollatura. Conosco poco e solo qualche disco in studio. I migliori Pagliacci, per me, son quelli di Patané (Decca), con buona pace di Karajan. Direttore ben più dignitoso di quello che potrebbe sembrare. Niente velleità di scoprire chissà cosa, ma un professionismo onesto e al servizio dei cantanti. Era molto molto discontinuo, ma aveva gran senso del teatro e musicalità da vendere. Fece pure un Samson con la Ludwig e King, dove proprio il cast è abbastanza routinario rispetto invece alla direzione che non è affatto malvagia, anzi... Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Majaniello Posted September 18 Report Share Posted September 18 28 minuti fa, Ives dice: Conosco poco e solo qualche disco in studio. I migliori Pagliacci, per me, son quelli di Patané (Decca), con buona pace di Karajan. Direttore ben più dignitoso di quello che potrebbe sembrare. Niente velleità di scoprire chissà cosa, ma un professionismo onesto e al servizio dei cantanti. Era molto molto discontinuo, ma aveva gran senso del teatro e musicalità da vendere. Fece pure un Samson con la Ludwig e King, dove proprio il cast è abbastanza routinario rispetto invece alla direzione che non è affatto malvagia, anzi... Più che professionista, direi che era proprio un istrione! ma, come osservi, non soverchiava mai i cantanti (come fa Muti, per dire )... era un modo di fare teatro molto istintivo e pragmatico forse un po' superficiale, ma che, quando funzionava, era davvero potente. Mai sentito il Samson, ma posso suggerirlo in Gioconda (CBS), Mefistofele (Sony), nella mitica Forza del Destino dalla Scala, con Caballè e Carreras (anche in video), ma anche in opere del primo romanticismo che si prestano ad una lettura da colossal, ricca di contrasti, come un'altra mitica Norma al teatro antico di Orange (sempre con la Caballè, e Vickers!) o la Stuarda con la Gruberova (credo Philips). Ha inciso diverso Verdi in tedesco, anche con interpreti prestigiosi, ma non conosco quelle registrazioni. C'è una Favorita, registrata in concerto poco prima di morire, con Baltsa e Kraus, che doveva uscire come disco ufficiale. Ho notato che oggi si trova su Youtube, e può essere interessante (anche se sarà la solita revisione taglia e cuci pre-edizione critica). Mi sarebbe pure piaciuto sentirlo in Fanciulla del West, altro Puccini che gli si può avvicinare. Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Ives Posted September 18 Report Share Posted September 18 2 ore fa, Majaniello dice: Più che professionista, direi che era proprio un istrione! ma, come osservi, non soverchiava mai i cantanti (come fa Muti, per dire )... era un modo di fare teatro molto istintivo e pragmatico forse un po' superficiale, ma che, quando funzionava, era davvero potente. Mai sentito il Samson, ma posso suggerirlo in Gioconda (CBS), Mefistofele (Sony), nella mitica Forza del Destino dalla Scala, con Caballè e Carreras (anche in video), ma anche in opere del primo romanticismo che si prestano ad una lettura da colossal, ricca di contrasti, come un'altra mitica Norma al teatro antico di Orange (sempre con la Caballè, e Vickers!) o la Stuarda con la Gruberova (credo Philips). Ha inciso diverso Verdi in tedesco, anche con interpreti prestigiosi, ma non conosco quelle registrazioni. C'è una Favorita, registrata in concerto poco prima di morire, con Baltsa e Kraus, che doveva uscire come disco ufficiale. Ho notato che oggi si trova su Youtube, e può essere interessante (anche se sarà la solita revisione taglia e cuci pre-edizione critica). Mi sarebbe pure piaciuto sentirlo in Fanciulla del West, altro Puccini che gli si può avvicinare. Recensito mi pare a dovere da Wittel. Il mio ricordo è di un'ottima concertazione, viva, tesa vero tappeto rosso per le voci, ma di un cast un pò "telefonato" che timbra il cartellino e vola via. In teatro lo fece con la Troyanos... Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Snorlax Posted September 18 Report Share Posted September 18 16 ore fa, Majaniello dice: Patanè è il classico direttore snorlico, tradizionalista fino al midollo, molto appariscente nelle scelte interpretative, e soprattutto con una concezione del tempo assai arbitraria... e però pure io devo riconoscere che quest'uomo aveva un istinto teatrale fuori dal comune! non era un filosofo, ma come dici tu più un drammaturgo, e in più sapeva respirare coi cantanti, a costo di qualche scollatura. 4 ore fa, Majaniello dice: Più che professionista, direi che era proprio un istrione! Maja, anche questa volta dimostri di conoscermi meglio di quanto io conosca me stesso! Patanè era un direttore di pancia, che aveva come principale ragion esecutiva quello di far godere l'interlocutore, sia dal vivo che in disco. Lo faceva senza troppe sovrastrutture, buttandosi vigorosamente nella partitura, ma senza mai sbracare, anzi, per quanto appariscente - per usare un tuo aggettivo, che posso anch'io trovare appropriato - fosse, sapeva anche profondarsi tra i pentagrammi e cogliere il nocciolo di determinato repertorio a cui infondeva una vitalità rara a sentirsi. In questi giorni mi sto ascoltando l'Iris di Mascagni: nelle sue mani è un'opera viva, dinamica, senza alcuna parvenza di staticità: questo perché Patanè lascia liberi tutti gli eccessi del compositore livornese. In qualche modo li domina, ma senza mai imbrigliarli. Penso che in altre mani un'opera del genere - tranne qualche highlight - rischierebbe di fare andare in pappa la concentrazione dell'ascoltatore. P.S. Maja, questa è tutta per te: GIORNALISTA: Esiste un repertorio in cui la componente vocale predomina su quella direttoriale e viceversa? PATANE': Tutte e due le componenti sono importanti, perché un cast di ottimi cantanti con un direttore mediocre fa sempre una pessima figura e così pure un cast mediocre con un grandissimo direttore ottiene lo stesso risultato. Per quanto riguarda il repertorio, posso dire che per ragioni di pura comodità preferisco dirigere Wagner, perché è meno rischioso: tutto quello che può succedere succede senza che se ne faccia uno scandalo. Invece mettere le mani su Rossini, Bellini, Donizetti oggi è un problema, perché se non si ha un cast adeguato anche il direttore casca in pieno. Poi bisogna provare tantissimo con l'orchestra, perché ad esempio Rossini richiede la massima pulizia, mentre in Wagner se esce fuori un trombone o una tuba tutto passa. Wagner è facilissimo da dirigere: infatti i direttori tedeschi dirigono Wagner, ma solo quando affrontano il repertorio italiano fanno capire se sono validi o meno. Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Majaniello Posted September 18 Report Share Posted September 18 6 ore fa, Snorlax dice: PATANE': Tutte e due le componenti sono importanti, perché un cast di ottimi cantanti con un direttore mediocre fa sempre una pessima figura e così pure un cast mediocre con un grandissimo direttore ottiene lo stesso risultato. Per quanto riguarda il repertorio, posso dire che per ragioni di pura comodità preferisco dirigere Wagner, perché è meno rischioso: tutto quello che può succedere succede senza che se ne faccia uno scandalo. Invece mettere le mani su Rossini, Bellini, Donizetti oggi è un problema, perché se non si ha un cast adeguato anche il direttore casca in pieno. Poi bisogna provare tantissimo con l'orchestra, perché ad esempio Rossini richiede la massima pulizia, mentre in Wagner se esce fuori un trombone o una tuba tutto passa. Wagner è facilissimo da dirigere: infatti i direttori tedeschi dirigono Wagner, ma solo quando affrontano il repertorio italiano fanno capire se sono validi o meno. La musica italiana è tutta all'insegna della chiarezza, infatti quando è mediocre te ne accorgi subito, ma quando è grande non ha bisogno di alcun trucco, si regge sulla forza della scrittura. A tale proposito, il mio ascolto di stasera: IPPOLITO ED ARICIA Opera in 5 acts Composer: Tommaso Traetta (1727-1779) Libretto: Carlo Innocenzo Frugoni (1692 – 1768), after the libretto, Hippolyte et Aricie, by Simon-Joseph Pellegrin First performance: Teatro Ducale, Parma, 9 May 1759 Ippolito: Madeline Bender, Aricia: Patrizia Ciofi, Fedra: Laura Claycomb, Teseo: John McVeigh Conductor: Christophe Rousset Les Talens Lyriques Choeurs des Opéras de Montpellier Live recording from Montpellier (23 February 2001) Avevo letto dell'esistenza di questa registrazione di Rousset ma non l'avevo mai trovata (sulle piattaforme c'è l'edizione Dynamic). Fortuna che YT ci fa questo regalo. L'opera, pur non raggiungendo la sintesi mirabile di Antigona (capolavoro assoluto della storia della musica), è un ibrido intrigante tra Rameau (di cui rappresenta la risposta italiana) e la tradizione napoletana. Di base è un opera all'italiana, dove centrale rimane l'aria, ma la presenza di musica da ballo, di recitativi accompagnati e cori, di un'orchestra insolitamente ricca di colori, ne fa il primo esempio in assoluto (1759!) di riforma del melodramma metastasiano. E a prescindere da queste considerazioni storiche, la musica è bellissima, e in più punti anticipa lo stile dei compositori classici (a partire da Mozart). L'esecuzione è lussuosa anche se non proprio integrale - pare manchino molti recitativi secchi, e qui poco male, ma anche diversa musica strumentale, sob! Conviene accontentarsi anche perchè già così l'opera dura 3 ore, ma chi ama il barocco tardo difficilmente si annoierà. Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Auleta626 Posted September 19 Report Share Posted September 19 Sto ascoltando questa esecuzione storica del V brandenburghese. Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
glenngould Posted September 19 Report Share Posted September 19 Scopro in questo momento che precisamente due anni fa, il 19 settembre 2021, moriva Sylvano Bussotti (ricordavo che era recente, ma non proprio il 19/09!). Incredibile il fatto che, proprio stamattina, ho ascoltato il suo Der Bergkristall (mai sentito prima) diretto da Sinopoli. Qui, invece, sotto la bacchetta di Bruno Maderna A quanti gradiscono Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Vigione Posted September 21 Report Share Posted September 21 Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Vigione Posted September 21 Report Share Posted September 21 Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
zippie Posted September 21 Report Share Posted September 21 Rai Radio3 Suite - Il Cartellone 21 settembre 2023 20:00 in diretta dal Teatro Regio di Torino Teatro Regio di Torino inaugurazione della Stagione lirica La Juive Grand-opéra in 5 atti di Eugène Scribe musica di Jacques-Fromental Halévy nuovo allestimento Teatro Regio Torino Orchestra e Coro del Teatro Regio di Torino Daniel Oren, direttore Ulisse Trabacchin, maestro del Coro Stefano Poda, regia, scene e costumi con: Mariangela Sicilia, Gregory Kunde, Martina Russomanno, Ioan Hotea, Riccardo Zanellato, ... - Musiche non epicoverdiane né epicowagneriane, ma neppure d'affresco ciajkovskijano e così via, per J.-F. Halévy: ma di dolce invenzione romanzata a palcoscenico di estese, fin giocose, possibiltà per i cantanti: la vicenda, volendo così continuativamente tesa e truce, offre di fatto invece l'occasione continua di far riaffiorare "ingiustificati" sentimenti di umanità che vengono prima dell'obbligo delle drastiche decisioni di volta in volta da prendere. Delicatezza semplicità di tratto ma mai debolezza o inconsistenza, anzi la pertinenza, in un'occasione di fantasia, la direi la cifra di quest'opera per certi versi umile quanto di momento in momento così presente a se stessa e per tutti. Un grande grazie a Torino e Rai per quest'ascolto così speciale Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Majaniello Posted September 22 Report Share Posted September 22 17 ore fa, zippie dice: La Juive Grand-opéra in 5 atti di Eugène Scribe musica di Jacques-Fromental Halévy Negli ultimi vent'anni abbiamo avuto una vera rinascita del grand-opéra, un genere considerato baraccone (e lo è in effetti) e privo di contenuti (e qui si sbaglia). La generazione dei grandi direttori intellettuali si guardava bene dall'avvicinarsi a Meyerbeer, Halevy, Auber ecc., autori di musica esteriore considerata povera di risvolti filosofici. In Italia ci ha provato timidamente Muti (e chi se no?) ma... vi immaginate Abbado o Sinopoli alle prese con questa roba? Oggi, che le pippe sono finite, possiamo rileggere serenamente questo repertorio (che tanto deve a Rossini, per inciso) che fatto nella maniera giusta può avere ancora qualcosa da dire al mondo contemporaneo (per me molto più di Wagner, per inciso pure questo). Molto bello è ad esempio quest'allestimento - con un notevole Shicoff - di un po' di anni fa, ambientato durante il nazismo, che riscatta l'ostracismo che quest'opera ebbe durante il Reich (e oltre direi): Se c'era un posto in passato dove questo repertorio poteva attecchire, beh quello era ovviamente il MET! Magari non tutti sanno che il più grande Éléazar della storia recente è stato l'immenso Richard Tucker (di cui io sono notoriamente fan), che nel 1975 avrebbe dovuto partecipare ad una nuova produzione del MET con Gedda, Sills e la direzione di Bernstein (l'unico grande del podio che poteva rivitalizzare queste opere negli anni '70). Tucker morì poco prima della "prima". Ci rimangono testimonianze live di Tucker nel ruolo, ed una selezione incisa per RCA, l'ultima sua testimonianza in studio, a 60 anni, ancora una prova di grande classe: dedica a @zippie @Pinkerton @Wittelsbach e @Snorlax che è fan del genere. PS: notare dalla finezza della melodia, di carattere ebraico, alla scrittura strumentale (legni e pizzicato degli archi) come Halevy fosse tutt'altro che un dilettante baracconaro, anzi forse era anche più raffinato del suo rivale tedesco. edit: non essendo più sintonizzato su questo repertorio, scopro solo ora che Juive è andata in scena pochi mesi fa a Ginevra diretta da Minkowski. Purtroppo ormai c'è solo l'audio disponibile (e dire che io l'app di Arte ce l'ho pure installata sulla tv, dovrei solo aprirla di tanto in tanto!). Comunque, a giudicare dalla durata (3 ore scarse), è la solita versione condensata per il pubblico moderno; non si capisce perchè se a durare cento ore è Wagner allora si può fare, mentre le opere italiane e francesi bisogna sempre accorciarle, boh. Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Ives Posted September 22 Report Share Posted September 22 Compositore dignitosissimo che sapeva il fatto suo (gli devono molti del secondo '800 forse ben più di Meyerbeer) e opera molto molto bella, con strumentazione audace e moderna e plastica scolpitura delle voci (ma il doppio tenore non viene da Rossini?) Non a caso, è stata ripresa molte volte negli ultimi anni e sempre con gran successo. In disco ha sempre faticato, l'unica integrale è quella di De Almeida con Carreras, la Varady e Furlanetto, di travagliata gestazione anche per la malattia del tenore spagnolo. Ma il risultato finale è buono. Qui Heppner nella stranota aria (con cabaletta e coro) del protagonista... Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Majaniello Posted September 22 Report Share Posted September 22 54 minuti fa, Ives dice: Compositore dignitosissimo che sapeva il fatto suo (gli devono molti del secondo '800 forse ben più di Meyerbeer) e opera molto molto bella, con strumentazione audace e moderna e plastica scolpitura delle voci Anche io lo credo più interessante, musicalmente, di Meyerbeer. Il giovane Wagner deve aver guardato a lui (prima di diventare antisemita), ma è noto che Mahler adorasse quest'opera, fors'anche per le sue sonorità ebraiche, che anche lui adopererà (non l'abbiamo detto ma si sa che molti dei personaggi citati erano accomunati dall'essere ebrei, Halevy componeva addirittura per la sinagoga). 54 minuti fa, Ives dice: ma il doppio tenore non viene da Rossini? Rossini in generale è una fonte di ispirazione diretta, ma a sua volta Rossini si riaggancia ad una tradizione di melodramma francese ben più antica. Già in epoca barocca si distinguevano due tipi di tenore, diciamo uno più baritonale e uno più svettante (contraltino). Sono categorie che oggi non comprendiamo più perchè da almeno 150 anni si canta in modo diverso, sono spariti falsetti e falsettoni nei registri acuti, non esistono quasi più i suoni fissi o i vibratini "belanti" e altre mille cose. Il protagonista di Juive era Nourrit, un tenore scuro, di baricentro baritonaleggiante e dal carattere votato al tormento e all'introversione, che di tanto in tanto era capace di svettare in alto, con registri di testa. Oggi questi ruoli sono tutti risolti di petto, ragion per cui per cantarli si prendono tenori molto atletici (pensiamo a come negli anni '60 si stava costruendo la carriera di Corelli, che cantò Ugonotti, Poliuto, e che aveva pronto il Guglielmo Tell, tutti ruoli Nourrit), ma così si perde molto del carattere e del colore pensato dall'autore. Éléazar non ha questi slanci nella scrittura, ragion per cui è finito nel repertorio di diversi tenori "maturi" (lo stesso Caruso lo cantò a fine carriera). L'altro tenore invece, quello che nella Juive fa Leopold (e nel Robert le diable fa Raimbaut, per esempio), è invece un tenore più chiaro e svettante, ad esempio qui sentiamo Florez: Per dire che c'era sempre una contrapposizione voce elevata/voce profonda, voce chiara/voce scura, che corrispondeva a diversi temperamenti, e questo anche tra le donne (perchè in queste opere ci sono pure i due soprani!). Nella Juive per esempio (ma tal quale negli Ugonotti) c'erano la Dorus-Gras e la Falcon (oggi i ruoli Falcon li fanno i mezzosoprani). In Francia questo assetto è rimasto per diversi decenni, pensiamo ai due soprani del Don Carlos! 54 minuti fa, Ives dice: In disco ha sempre faticato, l'unica integrale è quella di De Almeida con Carreras, la Varady e Furlanetto, di travagliata gestazione anche per la malattia del tenore spagnolo. Ma il risultato finale è buono. Mah io mi ricordo un Carreras proprio deludente. E già che Carreras non era quasi mai un fulmine (aveva solo un bel timbro, diciamolo), ma poi poveretto... metà opera l'ha incisa prima e metà dopo la malattia, a distanza di tre anni! se ci si fa caso si avverte questa cosa. Comunque non mi risulta sia integrale. Qualcuno si è divertito su youtube ad assemblare tutti il materiale dell'opera partendo da diverse registrazioni, ammesso che sia un lavoro attendibile l'opera intera durerebbe 4 ore e 20 (ma del resto, che grand-opéra è se no?!). Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
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