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Cosa state ascoltando ? Anno 2023


Madiel

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Fu Maria Callas a portare Bernstein alla Scala, diciamo un po' per caso, trascinato a dirigere un Cherubini (!) che era una mezza novità, dato che la stessa Callas l'aveva debuttato al Maggio Fiorentino quell'anno (1953) e che era forse mezzo secolo che non si rifaceva. Non molti ricordano però che l'arrivo del direttore americano all'ultimo minuto (si dice studiò la Medea in meno di una settimana) servì a tappare il buco lasciato da un De Sabata malato che, udite udite, avrebbe dovuto dirigere il Mitridate di Scarlatti con la stessa Callas protagonista (argh!), che invece sarebbe stato una novità assoluta per il pubblico mondiale.

A quel periodo infatti risale il ritrovamento di ampi brani dell'opera, rimaneggiati in una versione in 3 atti (contro i 5 originali) da Giuseppe Piccioli (che io conoscevo solo come revisore pianistico) per essere performati nell'allora massimo tempio della lirica. Grandi operazioni come oggi, alla Scala, non se ne fan più. Tra l'altro, il Mitridate fu solo rimandato, e finì in scena in quel piccolo laboratorio che era la Piccola Scala, nel 1956 diretto dal buon Sanzogno, con la De Los Angeles e la Simionato nei ruoli di Stratonica e Laodice. Per un po' l'opera ebbe una certa diffusione (la fece anche la Sutherland in UK), salvo poi sparire per una ventina d'anni e ricomparire, in una versione più filologicamente corretta, benchè non integrale, nel 1995, al festival di Innsbruck con quel gran figo di Hengelbrock sul podio. Grande direzione con un cast non all'altezza, purtroppo, ma tant'è che, come al solito in questo repertorio, dobbiamo accontentarci, e data la grandezza della musica, in questi giorni mi sto ben accontentando pure io (la trovate su youtube e, al momento, da nessun'altra parte, non essendo mai stata pubblicata). 

Oggi l'opera è considerata un capolavoro, anche perchè è piuttosto particolare nella sua commistione tra il complesso stile scarlattiano e una certa grandeur francese (5 atti appunto, cori, danze, grande afflato tragico e niente fronzolame da commedia romantica in mezzo, come invece si usava da noi), una roba che, a fidarsi dei musicologi, Scarlatti non ripetè mai più e che, aggiungo io, non si riascolterà prima di Traetta e Jommelli, quindi seconda metà del secolo (e qui siamo nel 1707). Se non vi va di ascoltare l'opera, sentite cos'è la pagina più "celebre", qui cantata dalla Watts in un recital dedicato tutto a Scarlatti. Ascoltate che roba, già dal recitativo, una scrittura di incredibile arditezza e poesia:

 

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16 ore fa, Majaniello dice:

 

Non conosco l'opera integrale, quindi non so collocare il pezzo nella drammaturgia teatrale, ma questa è indubbiamente una bellissima aria, di un patetismo raccolto e dolcissimo. E notevole anche il recitativo che la precede.

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5 ore fa, Ives dice:

Non conosco l'opera integrale, quindi non so collocare il pezzo nella drammaturgia teatrale, ma questa è indubbiamente una bellissima aria, di un patetismo raccolto e dolcissimo. E notevole anche il recitativo che la precede.

E' Laodice, sorella di Mitridate, che è convinta che nell'urna portata da un Mitridate in incognito, travestito da ambasciatore egizio in (finta) missione di pace, ci sia Mitridate stesso! Di lì a poco Mitridate rivelerà alla sorella la sua identità...una situazione drammaturgicamente molto classica. Mi sono sempre chiesto come sia possibile che un semplice travestimento renda irriconoscibile una persona agli occhi di un parente così stretto, nella vita reale è una situazione piuttosto assurda :D Laodice è la quota "patetica" dell'opera, mentre la madre di Mitridate, cattivissima e avida di potere, la perfida Stratonica (che ovviamente farà una brutta fine), è il personaggio ferino, un po' la Medea-Lady Macbeth della situazione. Non mi stupisce che all'epoca scelsero la Callas per questo ruolo. 

 

In quest'aria peraltro si sente abbastanza che l'opera fu scritta per Venezia, una particolarità che avevo dimenticato di sottolineare. 

Da notare che il soggetto che userà Mozart è diverso da questo, e racconta altre vicende (successive) del protagonista. Opera ingegnosa e divertente, quella di Wolfy, in stile jommelliano o giù di lì, che ha forse avuto una visibilità oltre i meriti. Ricordo ad esempio un'incisione da urlo diretta da Rousset con la Dessay e la Bartoli (nello stesso disco, pazzesco), che un autore nostrano un cast così se lo sogna. Ma pure il graziosissimo film di Ponnelle, con Harno sul podio. Gli amici del caso Luchesi non si possono proprio lamentare :D 

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12 ore fa, Majaniello dice:

Gli amici del caso Luchesi non si possono proprio lamentare :D 

:cat_lol:

°°°°°°

Handel

Siroe, re di Persia, Act 1: "Se il mio paterno amore"

Michael Spyres -baritenore

Il Pomo d'Oro - Francesco Corti

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On 11/4/2023 at 08:40, Madiel dice:

Che bella sorpresa, ben tornato! Spero di rileggerti più spesso! ^_^

Grazie Madiel! 

In dedica:

51m1yhUqj7L._AC_.jpg

Mi sembra ci sia un certo rinnovato interesse per Schreker, a parte il bel doppio disco di Eschenbach per la Deutsche Grammophon che credo acquisterò anche se ho già quelle opere in altre edizioni, vedo che diverse rappresentazioni delle opere liriche vengono programmate nei teatri esteri. C'è da rallegrarsene perché è tra i compositori più originali di un certo periodo, straussiano sì ma più sottile, impressionista nei timbri, musica che può sedurre e piacere anche oggi, anche i non addetti/appassionati/interessati. 

Die Gezeichneten è l'opera maggiore, quella di maggior fama al tempo, assieme a Der Ferne Klang, tutto uno sfavillio di canti, di danze, di mandole che emergono dalla filigrana orchestrale, il Rinascimento rivissuto in un sogno voluttuoso.

Ascolto l'edizione di Waart che mi sembra molto buona, da aggiungere all'altra famosa di Zagrosek per la Decca. 

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2 ore fa, miaskovsky dice:

Grazie Madiel! 

In dedica:

51m1yhUqj7L._AC_.jpg

Mi sembra ci sia un certo rinnovato interesse per Schreker, a parte il bel doppio disco di Eschenbach per la Deutsche Grammophon che credo acquisterò anche se ho già quelle opere in altre edizioni, vedo che diverse rappresentazioni delle opere liriche vengono programmate nei teatri esteri. C'è da rallegrarsene perché è tra i compositori più originali di un certo periodo, straussiano sì ma più sottile, impressionista nei timbri, musica che può sedurre e piacere anche oggi, anche i non addetti/appassionati/interessati. 

Die Gezeichneten è l'opera maggiore, quella di maggior fama al tempo, assieme a Der Ferne Klang, tutto uno sfavillio di canti, di danze, di mandole che emergono dalla filigrana orchestrale, il Rinascimento rivissuto in un sogno voluttuoso.

Ascolto l'edizione di Waart che mi sembra molto buona, da aggiungere all'altra famosa di Zagrosek per la Decca. 

Introvabile questa, se non su Spotify!

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19 ore fa, Pollini dice:

Copland, Fantasia per pianoforte.

A quanti debba controdediche.

Ci diamo al moderno eh ? :cat_lol:

Questo fa per lei, caro Maestro

Rochberg: Cantio Sacra (trascrizione per piccola orchestra di lavori organistici di Scheidt) (1954)

Boston Modern Orchestra Project diretta da Gil Rose

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23 ore fa, Ives dice:

Copland

The Tender Land - Suite

The Phoenix Symphony

James Sedares

E seguenti...

La suite è carina, si ascolta facilmente. The Promise Land è la canzone culminante. L'opera intera è un mezzo pastrocchio, non era proprio il genere di Copland. C'è da dire che la scrittura è volutamente semplice e accessibile per venire incontro alle esigenze anche di complessi non professionistici. Diciamo, però, che Copland non era per nulla adatto a questo genere, che bisogna saper manipolare con cura nei suoi elementari costrutti (basta sentire una qualsiasi canzone di Gershwin o di Bernstein, per rendersene conto).

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Rai Radio3 Suite - Il Cartellone - Le Domeniche dell'Auditorium n. 4, 23 aprile 2023 20:30
Registrato il 16 aprile 2023 nell'Auditorium RAI "Arturo Toscanini" di Torino

Ensemble d'archi dell'OSN Rai

Antonio Vivaldi : Le Quattro Stagioni RV 269-315-293-297
Roberto Ranfaldi, violino

Antonio Vivaldi : Concerto in sol maggiore per due violini, archi e b.c. RV 516
Martina Mazzon, Matteo Ruffo, violini

Antonio Vivaldi  : Concerto in si minore per quattro violini, violoncello, archi e b.c., op. 3 n. 10, RV 580

-

Di primo commento "ottima scelta" al giustapporre alla rilettura del mito maxrichteriana (Four Seasons Recomposed, Earth Day, Ecology Pavilion, Mile End Park, London, Euroradio 22 aprile 2023) un "originale" e con gusto di miniatura cioè d'attenzione.

All'oggi dell'Earth Day Time e Humankind & Cultures Extinction Anxiety... potremmo ben considerare la compenetrazione squisita, di fatto meditativa, del Settecento (e quindi anche di certi maestri "avanzati", nel nostro caso musicali (Venezia e tutto il Veneto nel loro peculiare rapporto con le forze acquee)) nella sua coltivazione, della scienza ma anche insieme della cortigianeria e quindi il divertissement, dell'esotico naturale: "c'è qualcosa che dobbiamo capire?" insieme a "quante idee carine e interessanti mi vengono, ad ascoltare la Natura"...! ... 🙂

Ovviamente la tentazione di forzare le Quattrostagioni in forma di violino concertante in senso moderno anziché di virtuosismo esaltante entro un intrattenimento cólto d'animo più complesso, nella sua dimensione spaziale, ci può stare e in parte è anche d'obbligo, ma rischia di fare perdere quell'inventiva persino strampalata dell'avventura esotica settecentesca...

Oh, la musica occidentale non sarebbe stata più la stessa all'indomani dell'esercizio dei compositori sulle realizzazioni strumentali dell'arte liutaia italiana... (così come si avrà con le elettrificazioni delle chitarre e la "scoperta" della ...somatica percussiva, ma prima ancora della ...cosmica (paradossalmente) offerta dalla domesticazione (domare variamente equabile...) tastieristica).

E quella di A. Vivaldi è capacità di brio in ogni caso impagabile ancora oggi, ancora oggi "rulez!" (dètta modo)... 🙂

 

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Rai Radio3 Suite - Il Cartellone 24 aprile 2023 20:30
in diretta Euroradio da St Martin-in-the-Fields, London

Johann Sebastian Bach : h-Moll-Messe (Messa in si minore) BWV 232
per soli, coro e orchestra
- Kyrie
- Gloria
- Credo (Symbolum Nicenum)
- Sanctus
- Agnus Dei, Dona nobis pacem

English Baroque Soloists
Monteverdi Choir
Bethany Horak-Hallett, mezzosoprano
Reginald Mobley, controtenore
Nick Pritchard, tenore
Dingle Yandell, basso
John Eliot Gardiner, direttore [ebbene sì 🙂]

-

Millanta anni fa io riconobbi la grandezza della Messa "232" bachiana, poderosa piramide egizia... A non piccola distanza di ...monte ore d'ascolti musicali (di spettro lo devo dire non poco ampio, diversificato) mi ritrovo avvinto di riconoscimento riconfermato per quest'opera ...una volta di più!! Non volevo riascoltarla stasera, ho così tanto ...futuro tra le mani. Ma niente, questa performazione, quest'abbraccio così professionale curato e intuitivo, acuto (più all'inizio) o magari slanciato in fin accecata presenza (più disordinato via via) mi ha bloccato all'ascolto tutto, ancora e ancora qui. Sono scosso dal conoscerne ogni nota, e ora sentirla ripercorsa con tale sorriso e gioco armonico possibile vivo "sul momento" comunque come sofisticato (ricercato e godibile insieme) patrimonio comune, quanto deliziosamente desiderato una volta di più nel riafferrarlo... o forse non è che quello che sto provando per me io ora 🙂

 

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Fauré

Chant Funéraire, Op. 117

Musique des Gardiens de la Paix

Désiré Dondeyne

Anche in questo repertorio celebrativo per banda (scritto per un centenario di Napoleone, se non ricordo male) Fauré si conferma grande camerista, con una melodia arcanamente voluttuosa, ricca però di indugi e rapimenti.

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1 ora fa, Ives dice:

Anche in questo repertorio celebrativo per banda (scritto per un centenario di Napoleone, se non ricordo male) Fauré si conferma grande camerista, con una melodia arcanamente voluttuosa, ricca però di indugi e rapimenti.

Mai sentito prima, notevole! ma Fauré era uno dei migliori della sua epoca, non mi stupisce che anche i pezzi minori siano validi. 

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Dvořák

Te Deum op. 103

Simona Šaturová, soprano

Michael Nagy, bariton

Chor des Bayerischen Rundfunks

SWR Sinfonieorchester

Cristian Măcelaru

Allegro e impavesato come una fiera paesana nelle campagne boeme.

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Proviamo la 2a Sinfonia per archi del 1961

Niente male, ma lo stile è vecchiotto per quel periodo, sembra di una generazione precedente a quella di Boulez e Dutilleux. Un Honegger accademico. Sancan forse faceva parte della "terza via" seguita dal Martinon compositore o da Sauguet, che in Francia rimase stritolata tra vecchio e nuovo a cavallo degli anni cinquanta-sessanta e che alla fine non diede nulla di memorabile alla storia.

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