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Cosa state ascoltando ? Anno 2023


Madiel

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On 19/3/2023 at 21:37, Majaniello dice:

Quanta vita qui, ultimamente... anyway:

Vorrei stare di più in forum in questi giorni ma non è possibile, ho varie seccature che mi impediscono anche di ascoltare musica come si deve. Resto solo per la normale amministrazione per un po' :unsure:

On 19/3/2023 at 21:37, Majaniello dice:

Franco Mannino, Sinfonia n.7 op.319, per archi e percussioni. (Andante moderato - Adagio - Allegro brillante - Allegro misurato) Orchestra Sinfonica della Rai di Roma - Franco Mannino, direttore. (registrazione degli anni '90)

Questa l'avevo sentita alla radio in diretta trent'anni fa! ^_^ Mi lasciò indifferente, all'epoca seguivo altra musica.... oggi non è che Mannino mi faccia impazzire. Era un compositore bravo, ma facilone.

-----

@il viandante del sud e a chi apprezza

Hindemith: Mathis der Maler, sinfonia, versione per due pianoforti (1934)

Nocchi/Farinelli, pianoforti

Bellissima anche ridotta cosƬ!

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Rai Radio3 Suite - Il Cartellone 22 marzo 2023 20:30
in diretta dal Parco della Musica, Roma

Stagione da Camera dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia

Piotr Anderszewski, pianoforte

Johann Sebastian Bach : Partita n. 6 in mi minoreĀ BWV 830
- Toccata
- Allemanda
- Corrente
- Aria
- Sarabanda
- Tempo di Gavotta
- Giga

Karol Szymanowski :
MazurkaĀ op. 50 n. 3
- Moderato
MazurkaĀ op. 50 n.7
- Poco vivace
MazurkaĀ op. 50 n. 8
- Moderato
MazurkaĀ op. 50 n. 5
- Moderato
MazurkaĀ op. 50 n. 4
- Allegramente, risoluto

Anton Webern :Ā VariazioniĀ op. 27
- Sehr mäßig
- Sehr schnell
- Ruhig fließend

Ludwig van Beethoven :Ā Sonata n. 31 in la bemolle maggioreĀ op. 110
- Moderato cantabile molto espressivo
- Allegro molto
- Adagio ma non troppo
- Fuga. Allegro ma non troppo

-

Operazione insieme di classe e sapidità dalle mani amabilmente controllate di Piotr Anderszewski per J.S. Bach, davvero un divertissement cólto ma di capacità (non gratuito né tantomeno goffo) cioè il risultato funziona sotto molti punti di vista (ovvero di ascolto): affascina (in novità) e convince (sui fondamentali) quanto basta da prenderlo così come è nel senso del lietamente ...imperdibile.

Al drastico opposto (della suite di danze di Bach in gioco e verve d'artificiositĆ  calibrata) le Mazurke szymanowskiane vengono rese (forzate) in gestualitĆ  metafisica, col tanto di sperdutezza a segnare non tanto i due secchi secoli di differenza (JS Bach gioca volendo di interioritĆ  che neanche Cesare Pavese) ma le tante possibilitĆ  la forza estraibili dalle scritture fissate in classicitĆ , e per me wow sarei tentato di intendere quella di Piotr Anderszewski una intelligenza viva curiosa, inventiva nel senso dello svelamento ponderato quanto divertito.

Rese in altorilievo le Variazioni weberniane, da Piotr Anderszewski: in una tridimensionalità densa di palpabilità colorata, come uno spazio abitabile a discrezione, cioè di possibilità. Per cui congiuntamente, in attacca, la Sonata classica si rivela non obbligata in carattere alcuno, se non di ascolto una volta di più del proprio gesto così rispettoso e tondo e astorico insieme, beh wow una sorta di manifesto per una nuova classicità (confermato direi anche dai bis, d'una così seria frivolezza che forse solo ...i Preludi, s'inventarono nella storia della musica, quella delle intenzionalità che non vogliono proprio dichiarare).

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Vadim Salmanov

I Dodici
Oratorio per coro e orchestra su versi di Alexander BlokĀ  (1957)

Notti nella grande cittĆ 
Suite per violino e orchestra da camera (1969)

Conoscevo Salmanov per via delle registrazioni delle sue sinfonie col sommo Mravinsky sul podio. I Dodici dell'oratorio non sono certo gli apostoli, ma nientemeno che dodici soldati bolscevici (o bolscevichi, come preferite) che marciano in una Leningrado (anzi, non ancora Lenin-Grado) sepolta dalla neve.
Per chi ama i cori russi, qui abbiamo tutta la tradizione: grandi gesti, armonie, perfino i contro-bassi ultraprofondi in certe pagine, in un tessuto orchestrale denso e agglutinato, grondante retorica patriottarda ma quantomeno mai noioso.

La Suite invece è un prodotto difficile da giudicare, e non troppo allettante, priva com'è delle genuine accensioni della composizione precedente, per situarsi su un comodo e grigiastro realismo socialista brezneviano, molto ma molto più burocratico di quello in auge ai tempi di Stalin.

Dovrebbero essere ex incisioni Melodiya, ristampate dalla sempre provvidenziale Northern Flowers, sorta di efficacissima banca dati della vita musica pietroburghese. Il direttore è Vladislav Chernushenko, a capo della Filarmonica di Leningrado già appartenuta a Mravinsky nonché, nella Suite, dell'Orchestra da Camera sempre di Leningrado. Eccellente la generosa prestazione della Coro della Cappella di Stato.

@Madiel @Snorlax @Majaniello

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On 19/3/2023 at 21:37, Majaniello dice:

Quanta vita qui, ultimamente...

Eh, io ultimamente sono incasinatissimo, riesco ad ascoltare qualcosa quando porto a spasso il cane (se non ci sono telefonate da fare) e in motoĀ :lol:. E proprio in moto ho sentito qualche giorno fa dei pessimi valzer di Chopin suonati da Anda.

E' un pianista che conosco non molto, ma quel che conosco lo apprezzo molto (ho sentito alcuni concerti di Mozart tratti dal suo integrale, poi ci sono i famosi concerti di Bartok con Fricsay, un terzo di Beethoven con Kna e credo qualcosa di Schumann), ma in quei valzer ĆØ totalmente privo di gusto. Suona meccanicamente senza un filo di rubato, senza mai lasciarsi andare, cosa che, a mio gusto, distrugge quei pezzi. Mi ha dato la stessa impressione del Mozart di Gould, una provocazione.

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12 ore fa, superburp dice:

Eh, io ultimamente sono incasinatissimo, riesco ad ascoltare qualcosa quando porto a spasso il cane (se non ci sono telefonate da fare) e in motoĀ :lol:. E proprio in moto ho sentito qualche giorno fa dei pessimi valzer di Chopin suonati da Anda.

E' un pianista che conosco non molto, ma quel che conosco lo apprezzo molto (ho sentito alcuni concerti di Mozart tratti dal suo integrale, poi ci sono i famosi concerti di Bartok con Fricsay, un terzo di Beethoven con Kna e credo qualcosa di Schumann), ma in quei valzer ĆØ totalmente privo di gusto. Suona meccanicamente senza un filo di rubato, senza mai lasciarsi andare, cosa che, a mio gusto, distrugge quei pezzi. Mi ha dato la stessa impressione del Mozart di Gould, una provocazione.

Mai piaciuto Anda, lo trovo un interprete spesso sommario, dal tocco poco riconoscibile, per nulla raffinato e privo di nitore. Anche nei suoi dischi ritenuti "storici" dalla critica, come i concerti di Bartok. Molti apprezzano il suo Mozart che si autodirige dalla tastiera, ma si provi a sentire con le stesse modalità, Richard Goode, molto più scorrevole, fluido nel tocco e tecnicamente solido. Un altro CD famoso era quello con la storica accoppiata Schumann-Grieg con Kubelik sul podio (DG). Pure il Secondo di Brahms era un suo cavallo di battaglia, inciso se non sbaglio 3 volte! Mai convinto appieno...

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On 25/3/2023 at 08:06, Ives dice:

Mai piaciuto Anda, lo trovo un interprete spesso sommario, dal tocco poco riconoscibile, per nulla raffinato e privo di nitore. Anche nei suoi dischi ritenuti "storici" dalla critica, come i concerti di Bartok. Molti apprezzano il suo Mozart che si autodirige dalla tastiera, ma si provi a sentire con le stesse modalità, Richard Goode, molto più scorrevole, fluido nel tocco e tecnicamente solido. Un altro CD famoso era quello con la storica accoppiata Schumann-Grieg con Kubelik sul podio (DG). Pure il Secondo di Brahms era un suo cavallo di battaglia, inciso se non sbaglio 3 volte! Mai convinto appieno...

Pensa che ti direi l'esatto opposto.

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A proposito di Albinoni e della sua discografia, fino a pochi anni fa l'op. 8 non era neanche mai stata incisa. Ci hanno pensato Ferrarini e co. con quest'incisione evidentemente a basso budget, a giudicare dalla grafica amatoriale e dalla ripresa del suono tutt'altro che cristallina. Dettagli editoriali a parte, i nostri hanno comunque reso un gran servizio ad una musica che andava conosciuta, giacchè si parla della solita altissima qualità albinoniana, che unisce la felicità melodica del '700 veneziano al serrato contrappunto di Corelli e Scarlatti. L'op. 8 consta di altre 6 sonate a tre (simili alle 12 dell'op. 1) e 6 "balletti" ossia suites (simili ai 12 dell'op. 3), originariamente scritti per due violini e continuo (cello + cembalo) e qui proposti in un arrangiamento per flauto, oboe, fagotto e cembalo che a me garba moltissimo e che non trovo affatto anti-filologico, essendo prassi comune all'epoca cambiare gli strumenti nel genere "a tre", una forma arcaica e piuttosto astratta di composizione, in cui in fondo sono importanti le linee più che i timbri. All'op. 8 si aggiungono alcune sonate per flauto tratte dal "Libro Palatina di Parma", presumibilmente senza numero e, credo, pure queste in prima registrazione assoluta (queste registrate meglio, con Tasini al cembalo). Interpretazione vivace e amabile, direi buona nell'attesa di un'incisione più blasonata; musica come detto da 10+.

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Giornata dedicata a lui:

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Che fine hanno fatto le opere di Albinoni? molte saranno perdute, distrutte durante i conflitti mondiali, e le altre? a parte l'intermezzo Pimpinone, rimasto in repertorio, e due o tre serenate, nessuna delle opere propriamente dette risulta registrata, per avere una qualche idea dell'Albinoni operista ci si può rivolgere solo a questa bella selezione, diretta con gusto e vivacità da Marcello di Lisa. 

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Handel

Giulio Cesare, HWV 17

Act 1, Aria "L'empio, sleale, indegno"

James Bowman - countertenor

English National Opera

Sir Charles Mackerras

Bravo anche qui nell'Handel operistico, in un personaggio molto infido e lascivo, sebbene la tessitura non lo aiuti sempre e si salvi più con la musicalità che con il timbro e la tecnica vocale. Mackerras ancora validissimo oggi, in uno spettacolo che fece epoca, tranne la regia ovviamente invecchiata. Peccato anche per la trasposizione in inglese ma era ed è tradizione consolidata dell'English Opera (italiano che diventa upstart, barbarian and traitor).

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Questa sonata mi piace molto ma la suonano tutti un po' come al cavolo, anche gli specialisti, che nel tentativo di trovare delle soluzioni alla scrittura schubertiana tecnicamente un po' bislacca finiscono per risultare affettati... questo giovane Kocsis dal vivo mi convince come pochi devo dire (un altro è Schnabel, che trovo più indispensabile in Schubert che in Beethoven). 

@Ives

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On 23/3/2023 at 23:26, Wittelsbach dice:

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Vadim Salmanov

I Dodici
Oratorio per coro e orchestra su versi di Alexander BlokĀ  (1957)

Notti nella grande cittĆ 
Suite per violino e orchestra da camera (1969)

Conoscevo Salmanov per via delle registrazioni delle sue sinfonie col sommo Mravinsky sul podio. I Dodici dell'oratorio non sono certo gli apostoli, ma nientemeno che dodici soldati bolscevici (o bolscevichi, come preferite) che marciano in una Leningrado (anzi, non ancora Lenin-Grado) sepolta dalla neve.
Per chi ama i cori russi, qui abbiamo tutta la tradizione: grandi gesti, armonie, perfino i contro-bassi ultraprofondi in certe pagine, in un tessuto orchestrale denso e agglutinato, grondante retorica patriottarda ma quantomeno mai noioso.

La Suite invece è un prodotto difficile da giudicare, e non troppo allettante, priva com'è delle genuine accensioni della composizione precedente, per situarsi su un comodo e grigiastro realismo socialista brezneviano, molto ma molto più burocratico di quello in auge ai tempi di Stalin.

Dovrebbero essere ex incisioni Melodiya, ristampate dalla sempre provvidenziale Northern Flowers, sorta di efficacissima banca dati della vita musica pietroburghese. Il direttore è Vladislav Chernushenko, a capo della Filarmonica di Leningrado già appartenuta a Mravinsky nonché, nella Suite, dell'Orchestra da Camera sempre di Leningrado. Eccellente la generosa prestazione della Coro della Cappella di Stato.

@Madiel @Snorlax @Majaniello

Mai sentito nominare questo Salmanov!

Ricambio con Harrison, Concerto per violino e percussioni (1959)

A Homage to Lou Harrison (CD, 1998, Dynamic, IMPORT) 8007144602215 | eBay

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11 ore fa, Majaniello dice:

Questa sonata mi piace molto ma la suonano tutti un po' come al cavolo, anche gli specialisti, che nel tentativo di trovare delle soluzioni alla scrittura schubertiana tecnicamente un po' bislacca finiscono per risultare affettati... questo giovane Kocsis dal vivo mi convince come pochi devo dire (un altro è Schnabel, che trovo più indispensabile in Schubert che in Beethoven). 

@Ives

Grazie, ascoltata, è una gran bella esecuzione di un pezzo invero molto difficile da interpretare, come un pò tutte le ultime di Schubert. Serve infatti, a mio parere, non un virtuoso da concerto, ma più un "indagatore" delle sensibilità e degli atteggiamenti espressivi dell'autore (non disdegnando la logica formale). Kocsis ci riesce molto bene, privilegiando la trasparenza delle linee e il colore dei temi, anche nella loro scoperta semplicità. Schnabel fu un grandissimo pioniere di questi brani. Un mio riferimento era la Uchida per questa sonata, però è parecchio che non la sento:

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16 ore fa, Wittelsbach dice:

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Veramente un gran casino questa BohĆØme!
Quando avrò finito di sentirla, proverò a cercare di spiegarla, se ci riuscirò.

@Ives @Majaniello

Si, decisamente un buco nell'acqua. Va bene per melomani "completisti curiosi" o fan del direttore. Bernstein da un lato voleva fare una Boheme di giovani spensierati americani (promuovendo anche voci fresche dagli USA), dall'altro riallacciare Puccini a Mahler e alla mitteleuropa (ma anche a certo Stravinsky, vedi episodio di Parpignol) ma con pulsioni decadentiste e depressioni psicologiche. Gli piaceva Puccini (l'aria di Candide è un omaggio pucciniano scopertissimo) ma non aveva grande stima del mondo dell'Opera cosi come si stava configurando in quegli anni (soprattutto di direttori artistici, registi, scenografi e quant'altro, ci sono varie lettere che lo attestano e progetti abortiti) e aveva optato per l'opera in forma di concerto o semi-scenica, con pochi tocchi e qualche movimento per lui si poteva fare teatro. La concertazione ha pure grandi momenti, il fraseggio è sempre curatissimo, l'analisi dei dettagli scrupolosa, la limpidezza del testo ben presente (l'aveva eseguita negli anni '50 con Bergonzi) e una carica vitale che porta il direttore a evitare il manierismo, ma forse non l'uniformità di scelte. L'orchestra la ricordo in buonissima forma e soprattutto segue Bernstein in maniera totale. Però, il cast è il punto debolissimo, direi quasi inesistente: escluso il bravissimo Hampson, Hadley che pure era bravino ma è comunque fuori parte e la vecchia volpe del Met Plishka, il resto è un'accozzaglia di cantanti di Broadway e neanche di prim'ordine (Reaux, Daniels). Queste facevano i cori nei musicals e poi scelsero la strada delle cantanti un pò crossover, tra musica classica, jazz, musical e canzoni. Mai convinto neanche quando cantavano Weill o Blitzstein, per dire, voci anonime e anodine. Possibile fare Opera senza scene (e Bernsein aveva anticipato una tendenza oggi sviluppata) ma impossibile fare Opera senza voci...

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