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Cosa state ascoltando ? Anno 2022


Madiel

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1 ora fa, Majaniello dice:

Ho capito Ives, mi hai impegnato il weekend... non ho capito però se McCreesh > Pomo d'oro o viceversa. Da chi comincio? 

Trovo McCreesh globalmente superiore, ma è questione pure di gusti (bellissimo anche Christie eh, meglio in video però). Il controtenore Blaze fatica assai e pare uscito dagli anni '80 per timbro asfittico. Tolto questo, il resto è notevolissimo e molto più controllato e "studiato". Meno teatrale e più oratoriale, ma sempre estremamente comunicativo. Ma puoi iniziare dove vuoi, anche dal russo sbarbatone appena uscito...ecco non ho controllato se fa tutti i ritornelli come l'inglese, ma credo di si, quindi edizione integralissima. E il coro è nel numero esatto uguale a quello di McCreesh (30 elementi). Da melomane (o ex tale) anzi dovresti apprezzare questa edizione all-stars...

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17 ore fa, il viandante del sud dice:

Che stile ha questo compositore? Ogni tanto salta fuori nelle mie ricerche, ma non mi ci sono ancora approcciato...

Nel frattempo che ti risponde giobar dico la mia. Di base è un Mendelssohn francese, che ogni tanto guarda anche più indietro (Mozart, Schubert) e in generale, come tutti gli accademici francesi, al mondo tedesco. Ho letto riferimenti a Schumann, che io però non sento, non era così visionario, i suoi accenti tormentati suonano molto più di maniera. Ascoltai una volta un cd con un paio di sinfonie, ma non mi sembrarono granchè (chissà le altre, ne ha scritte diverse), più piacevole la musica da camera. Aveva la fissa per i soggetti della tragedia classica (non era l'unico all'epoca), ha scritto oratori con protagonisti Edipo, Elettra, Ifigenia ecc. Se lo vuoi approfondire sei fortunato, dato che la sua discografia è incredibilmente ricca, almeno rispetto alla sua scarsa rilevanza storica. 

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Modest Mussorgskij/Maurice Ravel, Quadri di un'esposizione, Chicago Symphony Orchestra, Seiji Ozawa

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Quest'Ozawa sbarbatello, poco più che trentenne, porta a casa un'incisione dei Quadri che convince senza stupire, grazie all'apporto fenomenale dei Chicago che dell'arrangiamento raveliano hanno fatto da sempre uno dei loro cavalli di battaglia. In realtà li sto ascoltando per mettere a prova i miei nuovi diffusori: infatti da ieri ho collegato all'impianto delle strepitose Klipsch Heresy III - usate, of course - che sono riuscito a procacciarmi ad un prezzo convenientissimo (anche se ho dovuto dire addio a uno stipendio e anche anche :crying_anim02::wacko:). Diffusori storici - prodotti con poche modifiche fin dagli anni '50 - che volevo da un bel po', essendo amante dei caricamenti a tromba. Amati o odiati, in rete ho letto di tutto... questa la mia reazione:

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...in dedica a tutti gli amici del Forum...

 

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On 29/10/2022 at 15:40, Vigione dice:

Che senso ha? E' uno scherzo? E' una provocazione? E' un delirio? Specialmente qualcuno mi spieghi i 10 minuti di quasi silenzio dal minuto 5.30 fino ai 15 circa.

Una mia interpretazione

Si sonda la soglia tra musica e rumore fino a dove si può spingere. mette in discussione l'estetica stessa della musica nella sua forma, distruggendola, apparentemente, quando invece la si dilata fino a non riconoscerla. gli strumenti non vengono più suonati, alla maniera classica e consueta, ma spesso vengono come molestati, come un sadico fa sui corpi, creando un rumore che sa di lamento, di delirio, di disperazione. il silenzio non è mai stato così rilassante, ma subito viene interrotto, ed ogni momento di pausa diventa allora intollerabile, quanto il rumore che lo precede o lo segue. è un continuo stimolo all'udito che si fa molesto. Prima lo si asseconda come il delirio di un matto. E' simpatico, insolito, curioso, ma dopo diventa fastidioso, un rumore ridondante, infine musica quando la si riconosce come familiare nella sua forma che come un corpo solido ha lasciato l'impronta sbattendo su una superficie molle, ora un liquido occupa il nuovo spazio interstiziale creatosi successivamente al trauma.

La mancanza di rumore, per più di 10 minuti, fa sentire la  sua mancanza, che si aspetta, sapendo che il brano ha una durata precisa voluta dall'artefice. Si può rifiutare tutto questo o pretendere delle risposte.


Ed ecco che ricomincia la musica tanto attesa.

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4 ore fa, Vigione dice:

Una mia interpretazione

Si sonda la soglia tra musica e rumore fino a dove si può spingere. mette in discussione l'estetica stessa della musica nella sua forma, distruggendola, apparentemente, quando invece la si dilata fino a non riconoscerla. gli strumenti non vengono più suonati, alla maniera classica e consueta, ma spesso vengono come molestati, come un sadico fa sui corpi, creando un rumore che sa di lamento, di delirio, di disperazione. il silenzio non è mai stato così rilassante, ma subito viene interrotto, ed ogni momento di pausa diventa allora intollerabile, quanto il rumore che lo precede o lo segue. è un continuo stimolo all'udito che si fa molesto. Prima lo si asseconda come il delirio di un matto. E' simpatico, insolito, curioso, ma dopo diventa fastidioso, un rumore ridondante, infine musica quando la si riconosce come familiare nella sua forma che come un corpo solido ha lasciato l'impronta sbattendo su una superficie molle, ora un liquido occupa il nuovo spazio interstiziale creatosi successivamente al trauma.

La mancanza di rumore, per più di 10 minuti, fa sentire la  sua mancanza, che si aspetta, sapendo che il brano ha una durata precisa voluta dall'artefice. Si può rifiutare tutto questo o pretendere delle risposte.


Ed ecco che ricomincia la musica tanto attesa.

Quindi alla fine la valuti come esperienza positiva o negativa?

Ero in attesa che qualcuno ti rispondesse perché io ho davvero problemi a mandare giù certo tipo di musica. Ora, parto sempre dal presupposto che sono io a non capire nulla e quindi mi metto volontariamente in una posizione di "svantaggio" culturale. Però in determinate circostanze, questa ad esempio, ammetto di avere forti limitazioni.

Giusto per capirci, credo di avere meno difficoltà con Sciarrino, che pure è "complesso"!

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On 29/10/2022 at 08:43, Keikobad dice:

su Radio Classica:

Paul Hindemith: Quintetto per clarinetto e archi op. 30

Ulf Rodenhäuser, clarinetto; Ernő Sebestyén e Nina Martinez, vl; Enrique Santiago, vla; Martin Ostertag, vlc.

 

L'avevo iniziato a sentire anch'io, mi stava sembrando un gran pezzo 

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Debussy

L'Enfant Prodigue

Norman/Carreras/Fischer-Dieskau

SWR Südfunk-Chor Stuttgart

Radio-Symphonieorchester Stuttgart

Gary Bertini

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Per vincere il Prix de Rome del 1884, o meglio per con-vincere la giuria formata da vecchie (e spesso stolide) cariatidi dell'accademismo francese, Debussy compose questa lunga cantata su argomento biblico. E' proprio un lavoro creato ad hoc per venire incontro ai gusti accademici e alle moderate tendenze della giuria in fatto di armonie e struttura formale (lo stesso fece Berlioz anni prima, con la cantata Sardanapale) arie quasi di stampo massenettiano, un gusto esotico che ricorda Saint-Saëns, un clima di luminoso ma pedante accademismo alla Gounod. Il pezzo più ardito è il Cortège et air de danse, dove spunta una scala pentafonica. Non a caso, l'opera è di rarissima esecuzione (anche in disco) e ormai sparita dai programmi concertistici. Cast vocale di lusso e in gran forma e Bertini che dirige con mano leggera e solida i suoi amati complessi della radio di Stoccarda.

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2 ore fa, Ives dice:

Debussy

L'Enfant Prodigue

Norman/Carreras/Fischer-Dieskau

SWR Südfunk-Chor Stuttgart

Radio-Symphonieorchester Stuttgart

Gary Bertini

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Per vincere il Prix de Rome del 1884, o meglio per con-vincere la giuria formata da vecchie (e spesso stolide) cariatidi dell'accademismo francese, Debussy compose questa lunga cantata su argomento biblico. E' proprio un lavoro creato ad hoc per venire incontro ai gusti accademici e alle moderate tendenze della giuria in fatto di armonie e struttura formale (lo stesso fece Berlioz anni prima, con la cantata Sardanapale) arie quasi di stampo massenettiano, un gusto esotico che ricorda Saint-Saëns, un clima di luminoso ma pedante accademismo alla Gounod. Il pezzo più ardito è il Cortège et air de danse, dove spunta una scala pentafonica. Non a caso, l'opera è di rarissima esecuzione (anche in disco) e ormai sparita dai programmi concertistici. Cast vocale di lusso e in gran forma e Bertini che dirige con mano leggera e solida i suoi amati complessi della radio di Stoccarda.

Però si rifece nel 1888 con la Démoiselle élue, uno dei pezzi che aprì la modernità...

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Feldman: Coptic Light

Coptic Light - CD Audio di Morton Feldman

@glenngould ... naturalmente ! :D

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15 ore fa, glenngould dice:

Quindi alla fine la valuti come esperienza positiva o negativa?

Positiva. Difficile dire il perché ma saranno due settimane che sento solo quella musica di quel genere (molto vario, ogni compositore ha il suo stile, dove la tecnica musicale è completamente stravolta)

Detto questo parlo da ignorante in musica, e forse ecco perché gradisco tanto "rumore" 😆

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On 29/10/2022 at 16:40, Vigione dice:

Che senso ha? E' uno scherzo? E' una provocazione? E' un delirio? Specialmente qualcuno mi spieghi i 10 minuti di quasi silenzio dal minuto 5.30 fino ai 15 circa.

Ha senso, i lavori di H. Lachenmann sono assolutamente un operazione di senso.

E H. Lachenmann secondo me è un caposaldo, per dire molto importante, e credo come pilastro a sé, o forse dovrò dire che io non ho mai avuto voglia di preoccuparmi di correlarlo, ai tanti altri ricercatori i più seri sul far musica, come a dire si può partire da H. Lachenmann per una novità di ascolto musicale, cioè anzitutto come premessa a un ascolto musicale, salvo che poi anche le sue sono opere come per tutti ciascuna di passaggio, di elaborazione di una propria azione e dei messaggi possibili conseguenti, da parte del compositore, e personalmente da parte del pubblico cui anche si offre.

Temo però che più ancora che per una pagina, magari una risma intera, per grande orchestra (che pure è una tremenda sofferenza nostalgica futura ogni volta che capita di sentirne una dal vivo, per quanto strabiliante possa essere l'Hi-Fi di casa), per l'opera di H. Lachenmann faccia una maledetta secca differenza avere la possibilità di esser presenti a una esecuzione di un suo lavoro: la concentrazione sulla complessa musicalità possibile degli strumenti è certamente esasperata, un tutt'uno con l'azione attentiva, la evidenziazione dell'operazione mentale cui sono coinvolti, o se vogliamo costretti, gli interpreti.

Premesso questo, mo' mi cerco dove ho messo i CD del Gran Torso, se riesco voglio (ri)confrontare il JACK (che ricordo potente e vernicioso) con non ricordo chi altri ho (che ricordo più livido e asciutto).

 

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On 29/10/2022 at 17:11, Majaniello dice:

Nel frattempo che ti risponde giobar dico la mia. Di base è un Mendelssohn francese, che ogni tanto guarda anche più indietro (Mozart, Schubert) e in generale, come tutti gli accademici francesi, al mondo tedesco. Ho letto riferimenti a Schumann, che io però non sento, non era così visionario, i suoi accenti tormentati suonano molto più di maniera. Ascoltai una volta un cd con un paio di sinfonie, ma non mi sembrarono granchè (chissà le altre, ne ha scritte diverse), più piacevole la musica da camera. Aveva la fissa per i soggetti della tragedia classica (non era l'unico all'epoca), ha scritto oratori con protagonisti Edipo, Elettra, Ifigenia ecc. Se lo vuoi approfondire sei fortunato, dato che la sua discografia è incredibilmente ricca, almeno rispetto alla sua scarsa rilevanza storica. 

Grazie d'avermi inquadrato questo compositore, uhm, non so, penso che per il momento lo lascio al suo posto.

C'è stato un momento nella mia vita in cui mi sarebbe piaciuto ascoltare quanti più compositori fosse possibile, ma naturalmente questa è una vanità ed ora cerco di approfondire i (già tanti) compositori che conosco.

Ora sono alle prese con Santa Ildegarda:

 

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Ma oggi tutti in festa? Tutti santi, oggi? :cat_lol:

Vabbè, per colpa di @Vigione e di @zippie sto cercando di ascoltare Lachenmann. Da qui:

12 ore fa, Wittelsbach dice:

@Vigione e @il viandante del sud, visto che siete in vena, ecco un Lachenmann dal mio canale youtube!

La prima mondiale assoluta di Air, per orchestra e percussioni!

 

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On 30/10/2022 at 17:10, Vigione dice:

Una mia interpretazione

Si sonda la soglia tra musica e rumore fino a dove si può spingere. mette in discussione l'estetica stessa della musica nella sua forma, distruggendola, apparentemente, quando invece la si dilata fino a non riconoscerla. gli strumenti non vengono più suonati, alla maniera classica e consueta, ma spesso vengono come molestati, come un sadico fa sui corpi, creando un rumore che sa di lamento, di delirio, di disperazione. il silenzio non è mai stato così rilassante, ma subito viene interrotto, ed ogni momento di pausa diventa allora intollerabile, quanto il rumore che lo precede o lo segue. è un continuo stimolo all'udito che si fa molesto. Prima lo si asseconda come il delirio di un matto. E' simpatico, insolito, curioso, ma dopo diventa fastidioso, un rumore ridondante, infine musica quando la si riconosce come familiare nella sua forma che come un corpo solido ha lasciato l'impronta sbattendo su una superficie molle, ora un liquido occupa il nuovo spazio interstiziale creatosi successivamente al trauma.

La mancanza di rumore, per più di 10 minuti, fa sentire la  sua mancanza, che si aspetta, sapendo che il brano ha una durata precisa voluta dall'artefice. Si può rifiutare tutto questo o pretendere delle risposte.


Ed ecco che ricomincia la musica tanto attesa.

 

21 ore fa, zippie dice:

Ha senso, i lavori di H. Lachenmann sono assolutamente un operazione di senso.

E H. Lachenmann secondo me è un caposaldo, per dire molto importante, e credo come pilastro a sé, o forse dovrò dire che io non ho mai avuto voglia di preoccuparmi di correlarlo, ai tanti altri ricercatori i più seri sul far musica, come a dire si può partire da H. Lachenmann per una novità di ascolto musicale, cioè anzitutto come premessa a un ascolto musicale, salvo che poi anche le sue sono opere come per tutti ciascuna di passaggio, di elaborazione di una propria azione e dei messaggi possibili conseguenti, da parte del compositore, e personalmente da parte del pubblico cui anche si offre.

Temo però che più ancora che per una pagina, magari una risma intera, per grande orchestra (che pure è una tremenda sofferenza nostalgica futura ogni volta che capita di sentirne una dal vivo, per quanto strabiliante possa essere l'Hi-Fi di casa), per l'opera di H. Lachenmann faccia una maledetta secca differenza avere la possibilità di esser presenti a una esecuzione di un suo lavoro: la concentrazione sulla complessa musicalità possibile degli strumenti è certamente esasperata, un tutt'uno con l'azione attentiva, la evidenziazione dell'operazione mentale cui sono coinvolti, o se vogliamo costretti, gli interpreti.

Premesso questo, mo' mi cerco dove ho messo i CD del Gran Torso, se riesco voglio (ri)confrontare il JACK (che ricordo potente e vernicioso) con non ricordo chi altri ho (che ricordo più livido e asciutto).

 

Helmut Lachenmann : Gran Torso, 1972 rev. 1978, "Italo Gomez und der Società Cameristica Italiana gewidmet"

Non smentisco del tutto quanto ricordavo, ma fresco di riascolto comparativo direi ora, certo ancora solo sommariamente (che belle storie, a potersele vivere più distesamente), così: 

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Rec. 21-22 Nov 2006, Beethovenhaus, Bonn
CD 2007 Kairos 9120010281228

il Quartetto Arditti lo rende anche più sonoro, ma anche, sì, quel tanto asciuttamente, com'è negli intenti asettici impersonali documentali che io infine mi son detto siano anche propri a tale ultramerito ensemble (e infatti da qui - questi Duemila - in avanti, un gran gusto - professionale, anche nel senso di mercato - è dato dalla reinterpretazione più personalistica di lavori altrimenti noti solo nella première ardittiana)

ma attenzione: anche quel tanto più descrittivo, naturalistico, "a programma": suoni oggettistici (lima, treno, clacson, suoni organici, rimbalzi inerziali ecc) ed ecco anche è più intrisa di respiro per l'Arditti la resa del, buttiamo là, suono cosmico "portata la conchiglia all'orecchio", la "auscultazione" della cassa toracica degli archi classici, a quel cuore del pezzo (ehm non c'è un solo istante di silenzio in partitura) da cui più riconoscibilmente il titolo di Gran Torso 
(in tedesco è più decisamente immediato il riferimento all'accezione d'arte del termine; laddove per tronco in senso più anatomico si usa piuttosto Rumpf)

e sì, in tale performazione l'effetto potrebbe anche essere inteso come cinematografia sonora d'uno di quei viaggi con sondino interno a un corpo in carne e ossa e così via.

A questo punto, e suona splendidamente per me, l'interpretazione, cioè direi fondamentalmente successiva "dato l'Arditti" (dell'anno dopo, ancora a novembre, e bella storia per me ascoltarli giusto a Ognissanti in un primo giorno quel tanto bigietto dalle mie parti) da parte del JACK Quartet 

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Rec. 7 Nov 2008, Funkhaus Saal 2, Köln
CD 2014 Mode 76459302672

che invece privilegia da un lato l'insistenza ricercante al contatto sonoro-e-quindi-musicale (psichicamente e spiritualmente elaborabile) con gli strumenti, dall'altro, e a me ne è venuta una rilettura o meglio una riconferma della sentimentalità perfino affettuosa oltreché naturalistica, e insomma l'eleganza, dei quadri narrativi in cui si produce la ricerca lachenmanniana, il JACK costruisce più morbidamente una figura di accoglienza esterna: il torso è un petto grembo alveo su cui posare, per quanto riflessivamente, e la cura del suono è cura esistenziale: la ricercatezza è sì ricerca ma filosoficamente da-sein partecipativo, persino romantica, ma tanto in una consapevolezza d'oggettività (musique concrète instrumentale) dell'estasi quanto post-prometeica, dove la sfida è un tutt'uno di compenetrazione con l'unica Natura universale. Nella pratica mettendo in relazione il proprio nascere con il prodursi del suono e del suo aspetto musicale.

Tecnicamente viene sviluppato ...un po' di tutto, più particolare forse quello studio, caratteristico in H. L., del grado come a dire melodico, conseguente, nel senso della interconnessione ed emergente e successiva, all'introduzione già da anni avviata da precursori di nuove pratiche, del portato del gioco di pressione (sfregare anziché battere e via sperimentando, con i meravigliosi termini italiani, pizzicato glissato trillato flautato... che non bastan più) proprio del tocco necessario a questo suonare strumenti tradizionali.


E resta inteso che tali nuovi modi progressivi di come suonare un certo strumento classico incoraggiano poi anche sviluppi interni a ogni nuova esecuzione, ma questa direi è un'attenzione piuttosto stabilita da ...sempre, dagli aedi 🙂 ma in particolare il titolo Torso va certamente, originariamente mi dicono, inteso anzitutto come quanto consistentemente intanto affiora qui, d'un ancora molto inesplorato, di quanto si potrebbe suonare, con anche solo quegli antichi mezzi.

 

Boh, poi rileggo 🙂

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1 ora fa, zippie dice:


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Rec. 21-22 Nov 2006, Beethovenhaus, Bonn
CD 2007 Kairos 9120010281228

Inizialmente stavo cercando questa versione come feticcio da custodire nella mia collezione, ma mi risulta più difficile da reperire rispetto alla versione del Jack Quartet, che alla fine ho scelto come alternativa più facile.

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1 ora fa, Wittelsbach dice:

Georges Lentz, Birrung

Compositore lussemburghese trapiantato in Australia. E a suo tempo presi persino il cd fisico! Mah…

@Madiel @Glenn Gould

Boh, mai sentito nominare... Anche tu, però, che compri roba sconosciuta così ad caz***....  :lol:

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Di Lachenmann conosco abbastanza bene l'opera per piano, peraltro incisa mirabilmente da un bravissimo pianista italiano, Marino Formenti (4CD Col Legno). In sintesi, mi piacciono i brani degli anni '60 (per esempio, Wiegenmusik o Echo Andante) che dimostrano tutte le qualità di "compositore sopraffino" di Lachenmann, prima che abbracciasse materie eteroclite, testure, macchie e filamenti. Il Lachenmann della maturità è troppo insistito nella ricerca delle risonanze, di una poetica irrisolta, spasmodicamente cerebrale, persino fastidiosa nel suo incedere monotono. Detto questo, tra i brani ascoltati, soprattutto Allegro sostenuto credo che si possa ritenere tra i lavori più importanti degli anni ottanta, ancora magnificamente eseguito da un pianista italiano (Massimiliano Damerini, sempre su CD Col Legno, ormai credo quasi introvabili). @Vigione Etichetta peraltro fondamentale per la diffusione della musica del Maestro.

Helmut Lachenmann - Marino Formenti – Piano Music (2003, CD) - Discogs

Allegro Sostenuto. Pression: Lachenmann: Amazon.it: CD e Vinili}

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