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Cosa state ascoltando ? Anno 2022


Madiel
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On 26/9/2022 at 19:07, Wittelsbach dice:

Una cosa a cui ho pensato con ascolti attenti. Era veramente angosciato!

Su Spotify ci sono altri cd con musiche che credo tu non avrai mai sentito! Ve li racconterò appena ci arriverò!

Non ha avuto una vita facile e il suo carattere era senza mezze misure, almeno a giudicare dalla concezione artistica assai rigorosa (come fosse nel privato non mi è dato sapere). Se noti, l'afflato ottimista dei suoi primi pezzi viene meno a partire dalla fine degli anni trenta, con l'inizio delle difficoltà lavorative e familiari. Dopo il 1940 è un continuo guardarsi dentro o tentare di evadere contemplando la natura, oppure esaltandosi per la letteratura mitologica vichinga. Consapevolezza della caducità delle cose e concezione eroica della vita, però alla fine manca la rivelazione religiosa. Consolation, il suo ultimo pezzo scritto nel 1966 un autentico requiem per sé stesso, in questo senso, è indicativo: si sprofonda nell'elegia, in assenza della redenzione o della speranza ultraterrena, le lotte sono concluse e rimane solo l'eroica rassegnazione alla dolorosa fine. Se ascolti la niciana Trilogia Piccola (1919) e poi arrivi a Réminiscence du Nord (1952), senza andare oltre, sembra essere passata una vita. Si sente tutta la pesantezza dell'esistenza.

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On 24/9/2022 at 19:57, Majaniello dice:

Eh, questo è troppo franckiano per i miei gusti... bei temi però.

 

No te gusta Franck? Chausson, avesse avuto più tempo, penso avrebbe imboccato vie diverse

On 25/9/2022 at 10:20, giobar dice:

Condivido ogni parola, anche il giudizio entusiastico sul trio.

👍 è un dispiacere sia scomparso prematuramente (vedi sopra)

On 25/9/2022 at 10:59, Ives dice:

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Passati 60 anni questo disco sorprende ancora oggi per la bellezza del suono, la fluidità della concertazione, la purezza e la grazia delle voci che non sconfina mai nell'immagine convenzionale dello stile corale, ma è sempre rivolta a un'idea di fasto e concentrata spiritualità tipico della tradizione inglese. Tra i solisti si segnalano la Baker, Elizabeth Vaughan e Tom Krause. @il viandante del sud @Wittelsbach @Snorlax

Grazie!

Se gradite, vi dedico:

Moeran si muove nelle coordinate dei pastoralisti (si può usare questo termine?) inglesi che hanno in Vaughan Williams un punto di riferimento

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5 ore fa, il viandante del sud dice:

No te gusta Franck? Chausson, avesse avuto più tempo, penso avrebbe imboccato vie diverse

Aveva già imboccato vie diverse, prima di morire, vedi il quartetto di cui parlavo qualche post fa. Di Franck non ho mai trovato una composizione che mi piaccia sul serio, se ci aggiungi l'atteggiamento ultraromantico figlio di Liszt e Wagner... Diverso è il più giovane Faurè, che trovo un autore più ricercato e dalle influenze più composite. 

Tempo fa leggevo un giudizio di Claudio Casini, il quale sostiene che per i compositori italiani l’aggettivo di «romantico» non ha nulla a che fare con l’autentico movimento del Romanticismo che, in Italia, fu un pallido riflesso di quanto avveniva nella letteratura europea e, nel teatro musicale, si ridusse ad una semplice riverniciatura sovrapposta al formalismo imposto da Rossini e scaduto molto spesso ad una specie di formulario esteriore. Giudizio un po' estremo e generico (e dal suo punto di vista velatamente sprezzante) ma non privo di fondamento, che mi ha fatto capire il perchè l'800 italiano sia quello che apprezzo di più.

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2 ore fa, Majaniello dice:

Aveva già imboccato vie diverse, prima di morire, vedi il quartetto di cui parlavo qualche post fa. Di Franck non ho mai trovato una composizione che mi piaccia sul serio, se ci aggiungi l'atteggiamento ultraromantico figlio di Liszt e Wagner... Diverso è il più giovane Faurè, che trovo un autore più ricercato e dalle influenze più composite. 

Tempo fa leggevo un giudizio di Claudio Casini, il quale sostiene che per i compositori italiani l’aggettivo di «romantico» non ha nulla a che fare con l’autentico movimento del Romanticismo che, in Italia, fu un pallido riflesso di quanto avveniva nella letteratura europea e, nel teatro musicale, si ridusse ad una semplice riverniciatura sovrapposta al formalismo imposto da Rossini e scaduto molto spesso ad una specie di formulario esteriore. Giudizio un po' estremo e generico (e dal suo punto di vista velatamente sprezzante) ma non privo di fondamento, che mi ha fatto capire il perchè l'800 italiano sia quello che apprezzo di più.

Condivido il giudizio negativo su Franck, che era un protegé di Liszt e un buon organista ma un compositore secondo me di importanza secondaria, e quello positivo su Fauré che è per me forse il musicista più interessante della sua generazione assieme a Musorgskij (Brahms e Bruckner erano più anziani, Mahler più giovane; Dvorak e Cajkovskij invece erano quasi coetanei ma il loro linguaggio armonico era più tradizionale, come anche quello di Grieg e Rimskij-Korsakov - tutti musicisti piuttosto bravi...).

Quanto al giudizio di Claudio Casini, sconta i giudizi sprezzanti sul Romanticismo italiano espressi da Giuseppe Antonio Borgese (non a caso un germanista) e tanti critici che sulle sue orme soprattutto nel primo Novecento paragonavano le manifestazioni artistiche dell'Ottocento italiano a quelle prevalentemente di area germanica e inglese. Comunque è proprio in ambito musicale che questo discorso regge ancor meno: non direi che Verdi si sia limitato a riverniciare Rossini, se una sua opera (il Requiem) fu apprezzata da Brahms, non certo prodigo di elogi ai suoi colleghi, e se per difenderla il Maestro di Amburgo arrivò persino a dare del "cretino" a un suo sincero amico da sempre detrattore di Verdi, Hans von Bulow; e si può ricordare, ancor prima, il caso di Bellini, la cui musica com'è noto fu molto amata da Chopin.

A proposito di compositori coetanei di Fauré e del dilemma tutto italiano che così riassumo, "mejo noi de li crucchi anche se li crucchi quanno ce se mettono nun ce n'è pe nessuno", sto ascoltando questa curiosità la cui dedica, ça va sans dire, va di diritto a @Majaniello

 

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41 minuti fa, Florestan dice:

Quanto al giudizio di Claudio Casini, sconta i giudizi sprezzanti sul Romanticismo italiano espressi da Giuseppe Antonio Borgese (non a caso un germanista) e tanti critici che sulle sue orme soprattutto nel primo Novecento paragonavano le manifestazioni artistiche dell'Ottocento italiano a quelle prevalentemente di area germanica e inglese. Comunque è proprio in ambito musicale che questo discorso regge ancor meno: non direi che Verdi si sia limitato a riverniciare Rossini, se una sua opera (il Requiem) fu apprezzata da Brahms, non certo prodigo di elogi ai suoi colleghi, e se per difenderla il Maestro di Amburgo arrivò persino a dare del "cretino" a un suo sincero amico da sempre detrattore di Verdi, Hans von Bulow; e si può ricordare, ancor prima, il caso di Bellini, la cui musica com'è noto fu molto amata da Chopin.

Massì è chiaro questo, per decenni c'è stata questa sudditanza della critica... però è indubbio che l'800 italiano, almeno nella prima metà (a questi autori si riferiva Casini), presenta solide radici nel classicismo, prima di tutto culturali. Da un punto di vista puramente intellettuale erano tutti piuttosto nostalgici, Bellini era spiritualmente un neoclassicista, Donizetti utilizzava le passioni violente come mero motore drammaturgico, e persino Mercadante (per inciso il compositore più avanzato della sua epoca, anche se oggi ce lo siamo dimenticato) pagava lo scotto di una formazione che guardava a Cimarosa e che si traduceva in fondo con un semplice restyling delle forme (tanto che a fine carriera ebbe una palese involuzione). Tutto il primo Verdi, benchè intriso di umori risorgimentali, rimaneva di fatto con un piede nell'estetica pre-romantica, almeno fino a Luisa Miller (il Macbeth che conosciamo non conta, essendo un mezzo rifacimento del Verdi maturo). E' chiaro che Casini fa quest'osservazione con sprezzo, come a dire "beh non è Schumann", io osservavo che la si può leggere anche con "menomale che non è Schumann" :D  Il discorso Verdi maturo è più complesso, ed è noto che in quel periodo Verdi guardasse a Parigi (come sempre i compositori d'opera).

Chopin prese da Bellini l'idea di "sviluppo della melodia" che tutto sommato era una cosa nuova (o molto antica), ossia l'idea di intervenire in maniera complessa sulla dimensione orizzontale della scrittura, ma l'approccio estetico e poetico di Chopin mi è sempre parso molto diverso, banalizzo più "drammatico" ed esistenzialista di quello di Bellini. Io poi, come sai, la vedo in controtendenza, quelli che per l'ascoltatore tedescofilo appaiono come limiti a me suonano come pregi, e credo che molto spesso siano stati gli italiani ad aprire le strade che poi hanno percorso altri... semmai mi rimproverano di essere troppo italiofilo (solo in Italia ti possono accusare di una cosa del genere 😅 ).

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Con questo ennesimo cd, Tjeknavorian rende omaggio alla musica del suo Paese, contemplando innanzitutto... se stesso!
Il suo Concerto per piano è una garbata maniera alla Khachaturian, come sempre.
Quanto a Babadjanian, lo abbiamo già incontrato.
@Madiel ha ascoltato di sua sponte la Ballata Eroica per pianoforte e orchestra, un confuso ma evocativo andamento rapsodico e inorganico di episodi a "grande gesto".
Ma il Nocturne...

Chiedo per un amico: è musica classica?

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20 minuti fa, Wittelsbach dice:


@Madiel ha ascoltato di sua sponte la Ballata Eroica per pianoforte e orchestra, un confuso ma evocativo andamento rapsodico e inorganico di episodi a "grande gesto".
Ma il Nocturne...

Chiedo per un amico: è musica classica?

Santo cielo, ma che ascolti !!!! :lol::lol: :wacko: Non è musica classica, ma potrebbe essere stata scritta per qualche film. Mi ricorda certe pellicole anni settanta, con la solita coppia scoppiata con problemi a letto e pure fuori dalle lenzuola :cat_lol:

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10 ore fa, Majaniello dice:

Massì è chiaro questo, per decenni c'è stata questa sudditanza della critica... però è indubbio che l'800 italiano, almeno nella prima metà (a questi autori si riferiva Casini), presenta solide radici nel classicismo, prima di tutto culturali. Da un punto di vista puramente intellettuale erano tutti piuttosto nostalgici, Bellini era spiritualmente un neoclassicista, Donizetti utilizzava le passioni violente come mero motore drammaturgico, e persino Mercadante (per inciso il compositore più avanzato della sua epoca, anche se oggi ce lo siamo dimenticato) pagava lo scotto di una formazione che guardava a Cimarosa e che si traduceva in fondo con un semplice restyling delle forme (tanto che a fine carriera ebbe una palese involuzione). Tutto il primo Verdi, benchè intriso di umori risorgimentali, rimaneva di fatto con un piede nell'estetica pre-romantica, almeno fino a Luisa Miller (il Macbeth che conosciamo non conta, essendo un mezzo rifacimento del Verdi maturo). E' chiaro che Casini fa quest'osservazione con sprezzo, come a dire "beh non è Schumann", io osservavo che la si può leggere anche con "menomale che non è Schumann" :D  Il discorso Verdi maturo è più complesso, ed è noto che in quel periodo Verdi guardasse a Parigi (come sempre i compositori d'opera).

Chopin prese da Bellini l'idea di "sviluppo della melodia" che tutto sommato era una cosa nuova (o molto antica), ossia l'idea di intervenire in maniera complessa sulla dimensione orizzontale della scrittura, ma l'approccio estetico e poetico di Chopin mi è sempre parso molto diverso, banalizzo più "drammatico" ed esistenzialista di quello di Bellini. Io poi, come sai, la vedo in controtendenza, quelli che per l'ascoltatore tedescofilo appaiono come limiti a me suonano come pregi, e credo che molto spesso siano stati gli italiani ad aprire le strade che poi hanno percorso altri... semmai mi rimproverano di essere troppo italiofilo (solo in Italia ti possono accusare di una cosa del genere 😅 ).

Sono sostanzialmente d'accordo con tutto quello che hai scritto.

Poi ci sarebbero cose da precisare, per esempio che neanche Mendelssohn è Schumann, ma lì si va nel discorso su cosa si intende per Romanticismo anche limitatamente al mondo germanico.

A proposito:

 

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9 ore fa, Madiel dice:

Santo cielo, ma che ascolti !!!! :lol::lol: :wacko: Non è musica classica, ma potrebbe essere stata scritta per qualche film. Mi ricorda certe pellicole anni settanta, con la solita coppia scoppiata con problemi a letto e pure fuori dalle lenzuola :cat_lol:

Tipo questa?

😂

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Franz LISZT
Années de pèlerinage: Deuxième année: Italie

Francesco Libetta, pianoforte

Secondo disco dell'integrale delle Années di recentissima pubblicazione. Esito interpretativo ancor più sorprendente di quello, già stupendo, riguardante il quaderno svizzero. Una compenetrazione col testo fortissima, un'attenzione altrettanto forte, nel contempo, al più piccolo dettaglio, alla struttura complessiva di ogni pezzo e al contesto generale, una cura spasmodica del colore e dell'espressione. Resa strumentale favolosa, con dominio assoluto della tastiera senza nessuna smargiassata virtuosistica e anzi con una sottolineatura costante degli infiniti momenti in cui Liszt, in questi pezzi, lungi dall'assumere accenti tribunizi, si rifugia nell'interiorizzazione, nella riflessione e nel pudore espressivo. La sorpresa forse maggiore nella Gondoliera (sorta di fantasia sul tema della "Biondina in gondoleta"), che anche i più grandi interpreti di Liszt spesso tirano via come un banale pezzo di carattere e che sotto le dita di Libetta diventa una sorta di evocazione nostalgica e dolcissima. Disco formidabile.

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9 ore fa, Florestan dice:

Poi ci sarebbero cose da precisare, per esempio che neanche Mendelssohn è Schumann, ma lì si va nel discorso su cosa si intende per Romanticismo anche limitatamente al mondo germanico.

Sì ho capito cosa vuoi dire, Mendelssohn formalmente è un neoclassico (per natura, non come provò ad esserlo Schumann ad un certo punto della sua carriera), però di base è inequivocabilmente un romantico tedesco, a livello anche di immagini evocate... esempio la Grotta di Fingal che hai postato sopra è emblematica, racconta un paesaggio/un effetto ai limiti del fantastico (già un comune denominatore con Schumann), io nell'Italia di quel periodo non trovo niente di simile, sì ok qualche squarcio strumentale, che Muti ogni tanto si diverte a raffrontare più per sostenere che il romanticismo italiano non era nè provinciale nè da meno rispetto a quello tedesco, ma sono più similitudini linguistiche, chiamiamole così. Le radici filosofico-culturali sono proprio diverse. In Bellini per esempio l'anelito metafisico quando emerge è sempre declinato attraverso una purezza classica che non è solo formale ma è sostanziale, ma pure potremmo dire che quest'afflato è tutto interiore, è il discendente degli "affetti" scarlattiani, niente a che vedere con le immagini di Kreisleriana. Non so se mi sono spiegato, e soprattutto non so se ho detto una cosa sensata :D 

5 ore fa, Ives dice:

Porpora

Il martirio di San Giovanni Nepomuceno: "Agitato da più venti"

Sergio Foresti · baritone

Abchordis Ensemble · Andrea Buccarella

@Majaniello

Grande Ives, cos'è un cd di arie? 

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Continuo con l'ascolto di TUTTO LEIFS SU SPOTY, con questo disco che prende il titolo dalla composizione più evocativa, il Dettifoss, una sorta di poema sinfonico dedicato all'omonima cascata, che sta in dialogo con un artista (un po' quello che si vede all'inizio del "Johnny spielt auf!" di Krenek). Nell'organico compare il coro e un baritono. E' un brano che suscita emozioni personalissime coi grandi mezzi impiegati: devo dire di essere sensibile al gigantismo orchestrale, specie se usato per ottenere effetti tanto unici.

Merita un cenno anche il curioso Concerto per organo e orchestra, che comincia con un movimento pazzoide per poi traslare in una cupa passacaglia, e concludersi con un finale quasi parodistico.

Dovrei ascoltare meglio il breve Fine II, mentre le Variazioni Pastorale ci mostrano un Leifs apparentemente più disteso, ma è solo un'impressione.

@Madiel @Majaniello

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22 minuti fa, Wittelsbach dice:

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Continuo con l'ascolto di TUTTO LEIFS SU SPOTY, con questo disco che prende il titolo dalla composizione più evocativa, il Dettifoss, una sorta di poema sinfonico dedicato all'omonima cascata, che sta in dialogo con un artista (un po' quello che si vede all'inizio del "Johnny spielt auf!" di Krenek). Nell'organico compare il coro e un baritono. E' un brano che suscita emozioni personalissime coi grandi mezzi impiegati: devo dire di essere sensibile al gigantismo orchestrale, specie se usato per ottenere effetti tanto unici.

Merita un cenno anche il curioso Concerto per organo e orchestra, che comincia con un movimento pazzoide per poi traslare in una cupa passacaglia, e concludersi con un finale quasi parodistico.

Dovrei ascoltare meglio il breve Fine II, mentre le Variazioni Pastorale ci mostrano un Leifs apparentemente più disteso, ma è solo un'impressione.

@Madiel @Majaniello

Leifs mi incuriosi' qualche anno fa (indubbiamente era uno fuori dagli schemi, non poteva non incuriosirmi) però conclusi in fretta che non era musica per me. Di solito apprezzo i gusti di Madiel e negli anni ho spesso tratto ispirazione dai suoi ascolti, ma su certi autori non riesco a seguirlo, e oltre a Webern, Scelsi, Sorabij, c'è anche lui. Ultimamente ha preso a parlare bene pure di Sibelius, mi piaceva di più quando era cattivo :cat_lol:

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9 ore fa, Ives dice:

Fermo là. Piero Umiliani colonna portante della musica da film di genere italiano anni '70. 😏

Anche Anni Sessanta e non solo di genere: la colonna sonora de I soliti ignoti è sua, con il contributo alla tromba del grande Chet Baker.

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3 ore fa, Majaniello dice:

Sì ho capito cosa vuoi dire, Mendelssohn formalmente è un neoclassico (per natura, non come provò ad esserlo Schumann ad un certo punto della sua carriera), però di base è inequivocabilmente un romantico tedesco, a livello anche di immagini evocate... esempio la Grotta di Fingal che hai postato sopra è emblematica, racconta un paesaggio/un effetto ai limiti del fantastico (già un comune denominatore con Schumann), io nell'Italia di quel periodo non trovo niente di simile, sì ok qualche squarcio strumentale, che Muti ogni tanto si diverte a raffrontare più per sostenere che il romanticismo italiano non era nè provinciale nè da meno rispetto a quello tedesco, ma sono più similitudini linguistiche, chiamiamole così. Le radici filosofico-culturali sono proprio diverse.

 

Certo che sono diverse. Nella Confederazione germanica, che il Congresso di Vienna lasciò politicamente intatta sostituendo l'imperatore austriaco a Napoleone, c'era stato il circolo di Jena con una forte connotazione antiborghese di cui il successivo idealismo hegeliano non era riuscito ad essere il momento sintetico; la critica all' "intelletto tabellare" che in Francia aveva portato la borghesia al potere e che poi nei 39 stati tedeschi avrebbe trovato declinazioni politiche sia reazionarie che rivoluzionarie, in Italia era semplicemente impossibile perché di fatto allora la borghesia non esisteva come classe dominante ed era scarsamente rappresentata anche numericamente. La rivoluzione industriale arrivò in Italia con trent'anni di ritardo rispetto agli stati tedeschi e la portarono i nobili nei loro latifondi che trasformarono in aziende agricole; la base della ricchezza in Italia era ancora essenzialmente la rendita terriera. Il romanticismo in Italia fu una questione di patrioti: non tutti i "liberali" (cioè chi voleva un'identità politica per l'Italia indipendente dall'Austria, per la maggior parte nobili o soldati) erano romantici, ma tutti i romantici furono "liberali" almeno fino al 1848. Di più: a rigor di termini di romanticismo italiano neppure si può parlare fino al 1816, vale a dire fino alla pubblicazione dell'articolo della Stael sulla "Biblioteca italiana" e alle reazioni che suscitò.

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2 ore fa, Wittelsbach dice:

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Continuo con l'ascolto di TUTTO LEIFS SU SPOTY, con questo disco che prende il titolo dalla composizione più evocativa, il Dettifoss, una sorta di poema sinfonico dedicato all'omonima cascata, che sta in dialogo con un artista (un po' quello che si vede all'inizio del "Johnny spielt auf!" di Krenek). Nell'organico compare il coro e un baritono. E' un brano che suscita emozioni personalissime coi grandi mezzi impiegati: devo dire di essere sensibile al gigantismo orchestrale, specie se usato per ottenere effetti tanto unici.

Merita un cenno anche il curioso Concerto per organo e orchestra, che comincia con un movimento pazzoide per poi traslare in una cupa passacaglia, e concludersi con un finale quasi parodistico.

Dovrei ascoltare meglio il breve Fine II, mentre le Variazioni Pastorale ci mostrano un Leifs apparentemente più disteso, ma è solo un'impressione.

@Madiel @Majaniello

Dettifoss, tra i lavori più affascinanti e poetici di Leifs. L'impiego delle voci per glorificare la cascata e la sua forza ha un qualcosa di romantico, prettamente nordico. Ottima citazione quella di Krenek, in effetti anche il protagonista di Johnny è chiaramente un personaggio che deriva dall'artista romantico, impegnato e tormentato. 

Il Concerto per organo è una pagina esagerata, in tutti i sensi: grandi architetture, sonorità smodate, dimostrazione di potenza in ogni sua nota. Quando venne eseguito per la prima volta a Berlino, fine anni trenta, suscitò non poche perplessità nella critica nazista che lo trovò troppo dissonante. Però, chiusero un occhio su questi "difetti", almeno per i canonico estetici del regime, perché opera di un artista ariano che si ispirava al passato vichingo. In effetti, è un pezzo selvatico, che ricorda antiche rune, misteriosi riti pagani e un passato remoto barbarico, violento. Inizia a intravedersi quel processo di impoverimento lessicale che sarà tipico della musica di Leifs matura, ispirata sempre più da vicino dal folklore islandese. Quest'ultimo era formato da pochi ritmi e armonie semplici, per forza di cose se si voleva essere autentici bisognava eliminare tutto il superfluo derivato dall'accademia. Superpluo che, invece, è presente nelle Variazioni pastorali su un tema di Beethoven, forse la sensazione di distensione è anche dovuta al fatto che ci sente a casa. Fine II è tipico lavoro della tarda maturità costruito su poche note, una miniatura che però guarda all'ultraterreno. Il genio di Leifs stava proprio nella capacità di sottomettersi totalmente al suo ideale artistico derivato dal folklore più povero, e trovare in questa prigione la piena libertà espressiva. 

1 ora fa, Majaniello dice:

Leifs mi incuriosi' qualche anno fa (indubbiamente era uno fuori dagli schemi, non poteva non incuriosirmi) però conclusi in fretta che non era musica per me. Di solito apprezzo i gusti di Madiel e negli anni ho spesso tratto ispirazione dai suoi ascolti, ma su certi autori non riesco a seguirlo, e oltre a Webern, Scelsi, Sorabij, c'è anche lui. Ultimamente ha preso a parlare bene pure di Sibelius, mi piaceva di più quando era cattivo :cat_lol:

Appena trovi essenzialità e scrittura aforistica entri in crisi, la verità è che sei un trombone dentro! :cat_lol: Di Sibelius, però, non ho mai parlato veramente male, al più dico che a volte in alcune sinfonie è noioso. Mica è un Racchio qualsiasi -_-

---

Stasera il tubo mi consiglia il video in questione, della sconosciuta Minna Keal

Questa tizia, inglese, morta a novant'anni esatti nel 1999, scrisse solo cinque opere! Dopo i primi lavori, a causa del matrimonio e di altre attività lasciò la composizione, ma venne riscoperta da anziana e riprese a scrivere verso gli anni ottanta (un Concerto per violoncello, la presente Sinfonia e un altro lavoro da camera che ora non ricordo). Quest'opera risale al 1989, commissionata da Knussen e la BBC Symphony. Pezzo serialista assai aggressivo e di marca espressionista (noto che non ha proprio nulla di britannico!), con una solida costruzione e sonorità apocalittiche. Bell'ascolto, ma alla fine mi ha un po' annoiato. Mi hanno stremato i quasi trenta minuti di sconvolgimenti sonori senza tregua, di muscoli ben oliati, gonfiati ed esibiti senza inibizione (si calma solo negli ultimi cinque minuti in una coda posticcia lenta e tonaleggiante). Una donna con una interiorità tenebrosa, tragica direi, e ben poco femminile. Confesso, però, che mi ha incuriosito e che indagherò altri suoi pezzi.

 

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9 ore fa, Florestan dice:

Certo che sono diverse. Nella Confederazione germanica, che il Congresso di Vienna lasciò politicamente intatta sostituendo l'imperatore austriaco a Napoleone, c'era stato il circolo di Jena con una forte connotazione antiborghese di cui il successivo idealismo hegeliano non era riuscito ad essere il momento sintetico; la critica all' "intelletto tabellare" che in Francia aveva portato la borghesia al potere e che poi nei 39 stati tedeschi avrebbe trovato declinazioni politiche sia reazionarie che rivoluzionarie, in Italia era semplicemente impossibile perché di fatto allora la borghesia non esisteva come classe dominante ed era scarsamente rappresentata anche numericamente. La rivoluzione industriale arrivò in Italia con trent'anni di ritardo rispetto agli stati tedeschi e la portarono i nobili nei loro latifondi che trasformarono in aziende agricole; la base della ricchezza in Italia era ancora essenzialmente la rendita terriera. Il romanticismo in Italia fu una questione di patrioti: non tutti i "liberali" (cioè chi voleva un'identità politica per l'Italia indipendente dall'Austria, per la maggior parte nobili o soldati) erano romantici, ma tutti i romantici furono "liberali" almeno fino al 1848. Di più: a rigor di termini di romanticismo italiano neppure si può parlare fino al 1816, vale a dire fino alla pubblicazione dell'articolo della Stael sulla "Biblioteca italiana" e alle reazioni che suscitò.

Florestan dovevi dirlo prima che eri prof di storia! :D Grazie per l'intervento, molto interessante.

9 ore fa, Madiel dice:

Appena trovi essenzialità e scrittura aforistica entri in crisi, la verità è che sei un trombone dentro! :cat_lol:

Ci sono i tromboni de capa e quelli de panza, io sono nella prima categoria :cat_lol: 

Che poi, non è mica sempre vero quello che dici:

a me questo piace moltissimo anche se è aforistico e weberniano, spiegamelo tu perchè! (non è un pregiudizio positivo su Stravinsky eh).

1 ora fa, Ives dice:

Si.

Sono un po' contrario ai dischi di arie, del resto nessuno ascolterebbe delle compilation con movimenti singoli delle sinfonie di Mahler (per dire), ma nel caso di autori poco frequentati è un modo economico per riportare alla luce musica che viceversa rimarrebbe sepolta. La Challenge poi è un'ottima label, molto ivesiana (ormai fai scuola!).  

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1 ora fa, Majaniello dice:

Ci sono i tromboni de capa e quelli de panza, io sono nella prima categoria :cat_lol: 

Che poi, non è mica sempre vero quello che dici:

a me questo piace moltissimo anche se è aforistico e weberniano, spiegamelo tu perchè! (non è un pregiudizio positivo su Stravinsky eh).

Perché c'è la melodia, per quanto rudimentale, invece nel modello originario di questo genere di musica è assente. 

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