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Cosa state ascoltando ? Anno 2022


Madiel

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Aggiungo che oggi, forse, passa in secondo piano ed è un po' trascurata la componente giocosa e allegramente popolaresca di Bartok, a beneficio di una lettura monocorde esclusivamente seriosa e intellettualistica, che impone una sorta di burqa persino alle partiture volutamente ed esplicitamente più scanzonate (e non per questo prive di sostanza musicale). Come se la storia della musica non fosse piena di geni capaci, al tempo stesso, di scavare in modo implacabile nelle profondità dell'essere e di divertirsi (e divertire) creando spassosi e poco filosofici scherzi musicali. 

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On 5/1/2022 at 22:02, zippie dice:

RAI Radio3 Suite - Il cartellone
Mercoledì 5 gennaio 2022
20:30
in diretta dall'Auditorium "Arturo Toscanini” di Torino
Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI
Daniele Gatti, direttore

Richard Wagner
da "Parsifal"
- Ouverture all’Atto III
- Incantesimo del Venerdì Santo

Anton Bruckner
Sinfonia n. 9 in re minore
- Feierlich (Solenne), Misterioso
- Scherzo. Bewegt, Lebhaft – Trio. Schnell
- Adagio. Sehr langsam, feierlich 

-

Una direzione direi capace di rendere una serata importante. Almeno di questo io non posso che ringraziare, come di regalo prezioso, seppure anche solo a delle membrane altoparlanti, per me qui. Entrambe le forme di romanzo ottocentesco teso a esplorare proprio il non raccontabile verbalmente e proprio in un gioco di assertività per il medium musicale, così ben portate questa sera nel contrasto presenze presentimenti idee (motiviche) e tessuti e ambientazioni spaziali (coloristici), gli strumenti come tenuti a bada in questo senso, e la personalità ...quella dell'ascoltatore, portato sulle lunghe pagine, in suspence dall'inizio alla fine! Complimenti OSN RAI TO in pugno a Wagner Bruckner e Daniele Gatti e perché no al mistero dell'Epifania possibile in un certo momento 🙂

Ottima esperienza. Gatti va d'accordo con musiche di quel genere, ha una larghezza di fraseggio e una pensosità che ci vanno a nozze.

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On 5/1/2022 at 13:49, giobar dice:

E a questo punto dicci la tua da professionista! Che fai, getti il sasso e nascondi la mano? :lol:  Del resto, sono sempre curioso di scoprire come vivono, gli strumentisti, i pezzi che eseguono.  

veramente era un modo per anzitutto sapere la vostra :D

la mia, che è comune a molti musicisti professionisti, è che si tratta di musica spesso poco ispirata, piena di progressioni armoniche completamente senza una direzione, e, contrariamente alla narrazione comune, pure orchestrata male, spesso densissima, piena di squilibri di tessitura. Sarà stato sicuramente innovativo e avanguardistico, ma per me manca proprio la "ciccia". 

On 5/1/2022 at 23:41, Madiel dice:

Non è che mi piace di più, direi che è qualcosa di (quasi) diverso. L'ascolto come se fosse un lavoro autonomo, non penso proprio all'originale, a dirla tutta. Neanche capisco l'ostilità che circonda un po' questo povero concerto qua in forum.

Io trovo che la presenza dell'orchestra tolga molta della percussività e della trasparenza timbrica che rende così godibile il lavoro originale. Specie gli archi usati in quel modo non sono né protagonisti né coloristici ma rendono il tutto solo più sciabordato. A me questo pezzo fa l'effetto un po' di un vino annacquato. 

Ma soprattutto, il vero motivo per cui a me non piace questo pezzo, è che, per motivi evidenti, non c'è nessun tipo di interazione tra parti solistiche e orchestra, che è il concetto fondamentale della forma concertistica. La sonata per due pianoforti e percussioni nasce già come dialogo tra le parti in questione, tutto il resto, per definizione, è solo in più. Se avesse riarrangiato il brano completamente cambiando le parti solistiche e dando del materiale tematico all'orchestra avrebbe avuto qualche senso, ma così è come mettere un'orchestra sotto a una sonata per violino e pianoforte di Brahms e chiamarlo Doppio Concerto. 

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1 ora fa, Keikobad dice:

veramente era un modo per anzitutto sapere la vostra :D

la mia, che è comune a molti musicisti professionisti, è che si tratta di musica spesso poco ispirata, piena di progressioni armoniche completamente senza una direzione, e, contrariamente alla narrazione comune, pure orchestrata male, spesso densissima, piena di squilibri di tessitura. Sarà stato sicuramente innovativo e avanguardistico, ma per me manca proprio la "ciccia".

giphy.gif

...sto per avere un infarto...:o:o

In quanto genuino ammiratore dell'opera berlioziana, ammetto che le mie impressioni sono totalmente differenti. Da spettatore di concerti e da ascoltatore di dischi, a me l'orchestrazione del Francese, pur nella sua spudorata novità - ma comunque esuberante figlia della produzione di Gluck, Gossec, Salieri e Lesueur (per citarne alcuni) - è sempre parsa un modello di chiarezza e precisione, lontana dalla timbrica glutinosa di alcuni nomi altrettanto illustri. Ma si sa, la percezione di un orchestrale è sovente assai diversa rispetto a quella di chi ascolta solamente (parlo molto modestamente da ex musicista semiamatoriale). Per quel che riguarda il resto, io trovo Berlioz un compositore quasi sempre ispiratissimo, e capace di sostenere pezzi di durata smisurata in maniera eccellente, con pochissimi momenti di stanca (vedi Les Troyens p.e.). Per me un vero genio senza se e senza ma.

 

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Martinů

Jazz-Inspired Compositions

Members of the Prague Symphony Orchestra

Zbyněk Vostřák

@Majaniello Forse quei musicisti interpellati da @Keikobad (si possono trovare giudizi analoghi su molti altri grandi autori, tra gli addetti ai lavori) si aspettano da Berlioz una scrittura accademica alla Bizet o alla Debussy nell'arte della concatenazione armonica, che però lui non poteva avere, un pò per studi musicali sommari, un pò perchè non gli interessava quel tipo di scrittura. Quando armonizza un tema c'è una certa ruvidezza, bilanciata però di contro dalla scrittura timbrica che è elevatissima, e dal contrappunto che è pure sapientissimo. L'orchestrazione a me pare avanzatissima (penso al Romeo o alla Damnation) rispetto al tempo e non a caso tutta la scuola francese e russa (fino al primo Stravinsky ma pure il primo Strauss) non avrebbe potuto essere la stessa senza l'esempio di Berlioz. Scindere questi elementi equivarrebbe a scomporre le tinte di un quadro nei colori fondamentali ed eliminarne a volontà l'uno o l'altro, per poi giudicare che cosa diventi cosi il quadro stesso.

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4 ore fa, Snorlax dice:

giphy.gif

...sto per avere un infarto...:o:o

Io già ce l'ho avuto a suo tempo, ma comunque ti capisco...

 

Ah, e grazie per Giulini. Oltretutto in copertina appare spesso con quel magnifico doppiopetto in flanella cardata.

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6 ore fa, Keikobad dice:

veramente era un modo per anzitutto sapere la vostra :D

 

Che dire di più e meglio di ciò che hanno detto @Snorlaxe @Ives? Sono da sempre un hooligan berlioziano e le rare volte che mi sono sognato di essere in orchestra o di rimpiangere di non aver imparato a suonare uno strumento l'orizzonte di riferimento è sempre stato la possibilità di sguazzare in un'opera di Berlioz :wub:

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2 ore fa, Ives dice:

L'orchestrazione a me pare avanzatissima (penso al Romeo o alla Damnation) rispetto al tempo e non a caso tutta la scuola francese e russa (fino al primo Stravinsky ma pure il primo Strauss) non avrebbe potuto essere la stessa senza l'esempio di Berlioz.

Infatti, oltretutto la stima di Strauss è attestata anche dalla sua revisione del Traité berlioziano...

38 minuti fa, giobar dice:

Che dire di più e meglio di ciò che hanno detto @Snorlaxe @Ives? Sono da sempre un hooligan berlioziano e le rare volte che mi sono sognato di essere in orchestra o di rimpiangere di non aver imparato a suonare uno strumento l'orizzonte di riferimento è sempre stato la possibilità di sguazzare in un'opera di Berlioz :wub:

Non so voi, ma io ogni qualvolta ascolto la Fantastica ho i brividi quando penso che un pezzo del genere risale al 1830. Molte intuizioni berlioziane sono a tutt'oggi sconvolgenti, non oso immaginare quale effetto ebbero per il pubblico del XIX secolo. Ad alcuni Berlioz sarà parso un uomo venuto da un altro pianeta.:o;)

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Però ragazzi io trovo innegabile che questi di metà '800 fossero meno preparati tecnicamente di quelli di prima e di quelli di dopo, se poi vogliamo far finta che non sia così e parlare solo di "originalità" e "modernità"... In quel momento gli accademici erano compositori pedanti, mentre coloro che lanciavano il cuore oltre l'ostacolo (Berlioz, Schumann, Liszt, Chopin - quest'ultimo con meno ambizioni e più consapevolezza dei propri limiti) lo lanciavano così lontano da non saper neanche tradurre adeguatamente in musica quel che avevano in testa, andavano per tentativi senza una base solida, cercavano di creare linguaggi nuovi senza lavorare su una nuova sintassi (non so, si dice che per piegare le regole le devi padroneggiare meglio degli altri, credo). Certo che in questo voler osare "a sentimento" e senza rete hanno contribuito all'avanzamento del linguaggio della loro epoca, chi lo nega, ma è un discorso che non esclude le critiche sul prezzo che hanno pagato.

Tra l'altro questa dicotomia esclusiva accademici/talenti sopra le righe non vale in nessun altro periodo, perchè poco prima abbiamo Mozart e Beethoven, due geni che avevano una padronanza assoluta dei ferri del mestiere, dopo abbiamo Strauss e Mahler che erano, prima che degli eccentrici, dei musicisti della madonna, proprio in senso tecnico, direi pure vertiginosi nella loro abilità (ma pure di Brahms e Bruckner si potrebbe dire la stessa cosa). Nel '900 storico non ne parliamo, i grandi erano tutti tecnicamente dei mostri. Non capisco che male c'è ad ammettere che c'è stata un'intera generazione di visionari tecnicamente discutibili (toh escludo Mendelssohn, che con la sua fissa per il '700 sembrava più un biedermeier con un piede nel romanticismo); era una generazione a cui interessava la ricerca in sè (io dico la ricerca interiore, come espressione di una personalità individuale), più che la soluzione. Doveva andar così.

PS: io tra l'altro di Berlioz l'ultima cosa che criticherei è l'orchestrazione, l'unico livello che mi pare abbia approfondito "scientificamente"... diciamo che ci sono altri aspetti che avrebbe dovuto affinare, non per diventare un accademico ma per esprimere in modo più potente ed efficace quel che voleva esprimere, un po' come farà Wagner per capirci e come ha fatto lui stesso per ciò che concerne l'aspetto timbrico.

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24 minuti fa, Majaniello dice:

Però ragazzi io trovo innegabile che questi di metà '800 fossero meno preparati tecnicamente di quelli di prima e di quelli di dopo, se poi vogliamo far finta che non sia così e parlare solo di "originalità" e "modernità"... In quel momento gli accademici erano compositori pedanti, mentre coloro che lanciavano il cuore oltre l'ostacolo (Berlioz, Schumann, Liszt, Chopin - quest'ultimo con meno ambizioni e più consapevolezza dei propri limiti) lo lanciavano così lontano da non saper neanche tradurre adeguatamente in musica quel che avevano in testa, andavano per tentativi senza una base solida, cercavano di creare linguaggi nuovi senza lavorare su una nuova sintassi (non so, si dice che per piegare le regole le devi padroneggiare meglio degli altri, credo). Certo che in questo voler osare "a sentimento" e senza rete hanno contribuito all'avanzamento del linguaggio della loro epoca, chi lo nega, ma è un discorso che non esclude le critiche sul prezzo che hanno pagato.

Tra l'altro questa dicotomia esclusiva accademici/talenti sopra le righe non vale in nessun altro periodo, perchè poco prima abbiamo Mozart e Beethoven, due geni che avevano una padronanza assoluta dei ferri del mestiere, dopo abbiamo Strauss e Mahler che erano, prima che degli eccentrici, dei musicisti della madonna, proprio in senso tecnico, direi pure vertiginosi nella loro abilità (ma pure di Brahms e Bruckner si potrebbe dire la stessa cosa). Nel '900 storico non ne parliamo, i grandi erano tutti tecnicamente dei mostri. Non capisco che male c'è ad ammettere che c'è stata un'intera generazione di visionari tecnicamente discutibili (toh escludo Mendelssohn, che con la sua fissa per il '700 sembrava più un biedermeier con un piede nel romanticismo); era una generazione a cui interessava la ricerca in sè (io dico la ricerca interiore, come espressione di una personalità individuale), più che la soluzione. Doveva andar così.

PS: io tra l'altro di Berlioz l'ultima cosa che criticherei è l'orchestrazione, l'unico livello che mi pare abbia approfondito "scientificamente"... diciamo che ci sono altri aspetti che avrebbe dovuto affinare, non per diventare un accademico ma per esprimere in modo più potente ed efficace quel che voleva esprimere, un po' come farà Wagner per capirci e come ha fatto lui stesso per ciò che concerne l'aspetto timbrico.

Scusa Maja, ma credo che in questo caso volesse porre nuovamente la solita dicotomia a cui fai rifermento, ci si limitava solamente ad evidenziare degli elementi eccezionali - nel senso stretto del termine - dell'opera berlioziana, che, per conto mio, che non possono essere trascurati per una valutazione globale della produzione di questo compositore. Rispetto al quale è risaputo che in taluni casi avesse poca padronanza della regola, tant'è che a questo punto sarebbe giusto chiedersi: non sono proprio questi limiti - saputi o non saputi dallo stesso Berlioz - ad aver contribuito all'eccezionalità della sua opera? Se certi ostacoli non fossero stati presenti, se non fosse stato possibile aggirarli creando così qualcosa di totalmente nuovo e mai sentito, la produzione di Berlioz recherebbe in sé quei caratteri di eccezionalità che sono il grande marchio di fabbrica di questo compositore?

In ogni caso - ma qui forse, è il solito affare di gusto - io trovo il Francese un autore altamente efficace e persuasivo in quello che scrive, persino nei pezzi più d'occasione, quando usa i mezzi più plateali per cercare un immediato stupore del pubblico. E il fatto che lo facesse consapevolmente e senza troppi intellettualismi me lo rende ancor più simpatico.

 

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24 minuti fa, Snorlax dice:

è risaputo che in taluni casi avesse poca padronanza della regola, tant'è che a questo punto sarebbe giusto chiedersi: non sono proprio questi limiti - saputi o non saputi dallo stesso Berlioz - ad aver contribuito all'eccezionalità della sua opera? Se certi ostacoli non fossero stati presenti, se non fosse stato possibile aggirarli creando così qualcosa di totalmente nuovo e mai sentito, la produzione di Berlioz recherebbe in sé quei caratteri di eccezionalità che sono il grande marchio di fabbrica di questo compositore?

Credo di aver già anticipato nel precedente intervento questa obiezione, che posso sintetizzare in: perchè forse Beethoven o Strauss non sono andati oltre i limiti creando qualcosa di "totalmente" (tra virgolette, perchè in musica non lo è mai) nuovo? eppure io trovo avessero molta più padronanza del linguaggio musicale. Da come la poni tu sembra che per essere eccezionali bisogna essere scarsi... diciamo che Berlioz (come Gluck prima di lui) ha saputo fare dei propri limiti una cifra stilistica, addirittura enfatizzandoli, ma è solo una soluzione possibile. 

 

31 minuti fa, Snorlax dice:

In ogni caso - ma qui forse, è il solito affare di gusto - io trovo il Francese un autore altamente efficace e persuasivo in quello che scrive, persino nei pezzi più d'occasione, quando usa i mezzi più plateali per cercare un immediato stupore del pubblico. E il fatto che lo facesse consapevolmente e senza troppi intellettualismi me lo rende ancor più simpatico.

 

Berlioz lavora SOLO sull'effetto. Anche nei pezzi più intimi del Requiem, è la suggestione che cerca, una forma diversa di stupore. E infatti Berlioz o lo odi o lo ami, nel senso che o ti fa rimanere così 😮 oppure se cominci a ragionarci sopra è finita. 

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1 ora fa, Majaniello dice:

Credo di aver già anticipato nel precedente intervento questa obiezione, che posso sintetizzare in: perchè forse Beethoven o Strauss non sono andati oltre i limiti creando qualcosa di "totalmente" (tra virgolette, perchè in musica non lo è mai) nuovo? eppure io trovo avessero molta più padronanza del linguaggio musicale. Da come la poni tu sembra che per essere eccezionali bisogna essere scarsi... diciamo che Berlioz (come Gluck prima di lui) ha saputo fare dei propri limiti una cifra stilistica, addirittura enfatizzandoli, ma è solo una soluzione possibile. 

Berlioz lavora SOLO sull'effetto. Anche nei pezzi più intimi del Requiem, è la suggestione che cerca, una forma diversa di stupore. E infatti Berlioz o lo odi o lo ami, nel senso che o ti fa rimanere così 😮 oppure se cominci a ragionarci sopra è finita. 

Però ribadisco che il termine eccezionale lo intendo nel suo significato originario, ossia come "ciò che costituisce un’eccezione, quindi straordinario, singolare, insolito". Nessuna connotazione migliorativa (o peggiorativa) del termine. E dunque per arrivare a questa eccezionalità, Berlioz ha aggirato i suoi limiti - non dico che li abbia superati, anzi - creando una novità "assoluta" (anch'io qui uso le virgolette nel tuo senso) nel panorama musicale del tempo.

Sul fatto che Berlioz un compositore effettistico - anche qui, per me nessuna negatività in questa aggettivazione - non ci piove, come sul fatto che sapesse plasmare l'effetto in una miriadi di modi possibili, dal sussurro al fracasso, scuotendo pancia e testa dell'ascoltatore. Un compositore tutto esteriore? Secondo alcune categorie, può pure essere, ma ti ricordo che stai parlando con uno che a Schumann quasi preferisce Meyerbeer...:rolleyes:;)

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16 ore fa, Wittelsbach dice:

Ah, e grazie per Giulini. Oltretutto in copertina appare spesso con quel magnifico doppiopetto in flanella cardata.

Io ce l'ho con la copertina del 1988 ! 

Benjamin Britten, Carlo Maria Giulini, Lorin Maazel, Chicago Symphony,  Philharmonia Orchestra, Orchestra National Paris, Robert Tear - Britten:  Serenade; Les Illuminations; Young Person's Guide to the Orchestra -  Amazon.com Music

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13 ore fa, Snorlax dice:

Sul fatto che Berlioz un compositore effettistico - anche qui, per me nessuna negatività in questa aggettivazione - non ci piove, come sul fatto che sapesse plasmare l'effetto in una miriadi di modi possibili, dal sussurro al fracasso, scuotendo pancia e testa dell'ascoltatore. Un compositore tutto esteriore? Secondo alcune categorie, può pure essere, ma ti ricordo che stai parlando con uno che a Schumann quasi preferisce Meyerbeer...:rolleyes:;)

Intendiamoci, non è che Couperin o Mahler non cercassero l'effetto (ne potrei dire altri mille), raggiungevano semmai quell'obiettivo in maniera diversa. A me pare che Berlioz si preoccupi di accumulare note lavorandole, come dire, in post-produzione: c'è grande attenzione a sfruttare dinamica e timbro come risorse sostanziali più che ornamentali, i temi sono plasmati rispetto al tipo di immagine che devono evocare e non in funzione della loro compiutezza melodica o delle loro potenzialità costruttive, anche armonia e contrappunto sono usati in senso "scenico" più che per creare dei veri sviluppi. Se ci fosse stato il cinema sarebbe stato un grande autore di colonne sonore (e già così è stato un grande operista, per me il genere dove riesce meglio). Niente di male eh, solo che capisco chi parla di modulazioni a capocchia, orchestrazione accicciata, tendenza all'ipertrofia ecc, è un modo di comporre pericoloso che può generare in alcuni un effetto wow ma che per altri può essere molto sgradevole. 

Meyerbeer era un'altra capra, ma - pure lui - era un grande uomo di teatro, e sapeva quel che faceva e le reazioni che avrebbe generato nel pubblico. Questi sono autori dove la filologia è importantissima, in Meyerbeer è il contorno che fa sostanza, le scene interminabili, i cori, la scrittura vocale stucchevolmente virtuosistica... se piace piace perchè è così, se cominci a fare tagli e adattamenti perde ogni peculiarità e ogni motivo di interesse.

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16 ore fa, Majaniello dice:

 (Berlioz, Schumann, Liszt, Chopin - quest'ultimo con meno ambizioni e più consapevolezza dei propri limiti)

E Verdi? 🙃 Potremmo discutere per mesi di molte sue opere, soprattutto giovanili, scritte in fretta ma con effetto teatrale impeccabile. Molti grandi dell'800 hanno dei limiti oggettivi. Nessuno è l'autore perfetto alla Stravinsky, diciamo, che si beava anche della sua indiscussa bravura di cesellatore. Però, vanno presi cosi, nel loro insieme. Ci sono cento modi di comporre musica, come ci sono cento modi scolpire. C'è il modo di Prassitele e quello delle statue-colonne delle nostre chiese romaniche.

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1 ora fa, Ives dice:

E Verdi? 🙃 Potremmo discutere per mesi di molte sue opere, soprattutto giovanili, scritte in fretta ma con effetto teatrale impeccabile. Molti grandi dell'800 hanno dei limiti oggettivi. Nessuno è l'autore perfetto alla Stravinsky, diciamo, che si beava anche della sua indiscussa bravura di cesellatore. Però, vanno presi cosi, nel loro insieme. Ci sono cento modi di comporre musica, come ci sono cento modi scolpire. C'è il modo di Prassitele e quello delle statue-colonne delle nostre chiese romaniche.

Ma Verdi è proprio l'opposto! a Verdi si può rimproverare che in alcune opere "di galera" ci abbia messo solo mestiere (che è quello che lo salva in ogni caso). In Verdi c'è sempre una costruzione della melodia formalmente impeccabile e autonoma, che è funzionale alla scena ma sopravvive a prescindere dalla scena. Piuttosto dovremmo dire che a metà '800 in Italia, a parte lui, erano tutti mediocri, questo è il vero dramma :D 

Nessun autore è perfetto nel senso che nessun autore è onnipotente, ma io parlavo di confidenza nella scrittura... Strauss non è meno esagitato e pirotecnico di Berlioz, ma lì lo stupore viene prima di tutto dalla composizione delle linee e dagli sviluppi intricatissimi, boh persino nei pezzi che non mi piacciono sento che è un "tecnico" della madonna, che sa maneggiare le note in modo ardito e disinvolto, con pieno controllo e senza sprechi di risorse. Rilevo solo che la prima generazione di romantici, contrariamente ai classici e ai moderni, si limita a spaccare la gabbia delle regole classiche andando un po' a tentoni, e questo andare oltre le vecchie regole senza darsene di nuove genera squilibri, eccitanti quando va bene, respingenti quando va male. Poi se questo modo di comporre sia un valore o un disvalore dipende sempre dalla sensibilità dell'ascoltatore.

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Devo confessare che anch'io non sono un grande estimatore di Berlioz. A parte la Fantastica, mi dà spesso l'idea di avere più fumo che arrosto. Un po' di tempo fa ho riascoltato l'Aroldo più volte, dato che ne avevo un buon ricordo, ed invece mi ha deluso anche lì.

Comunque adesso sto giusto ascoltando la Fantastica diretta da Markevitch (dedica a Snorlax, Ives e giobar):

A proposito di Markevitch, sono fortemente indeciso tra quale cofanetto prendere tra i due Philips e DG e quello Icon. Purtroppo non ce n'è uno che abbia tutto quello che mi interessa (i russi - anche se Ciaicovskij sarebbe solo per completezza "enciclopedica", dato che non è un autore che mi entusiasma -, Beethoven, Berlioz appunto, Honegger e Milhaud) e non mi va di spendere 200 e passa €...

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6 ore fa, Madiel dice:

Io ce l'ho con la copertina del 1988 ! 

Benjamin Britten, Carlo Maria Giulini, Lorin Maazel, Chicago Symphony,  Philharmonia Orchestra, Orchestra National Paris, Robert Tear - Britten:  Serenade; Les Illuminations; Young Person's Guide to the Orchestra -  Amazon.com Music

Mai coperta! 😮

Comunque grazie a Snorlax e Maiacoschi, una discussione sapida e ricca, davvero interessante! Mi spiace solo di non sapere cosa dire.

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5 ore fa, Majaniello dice:

A me pare che Berlioz si preoccupi di accumulare note lavorandole, come dire, in post-produzione: c'è grande attenzione a sfruttare dinamica e timbro come risorse sostanziali più che ornamentali, i temi sono plasmati rispetto al tipo di immagine che devono evocare e non in funzione della loro compiutezza melodica o delle loro potenzialità costruttive, anche armonia e contrappunto sono usati in senso "scenico" più che per creare dei veri sviluppi.

...e ti pare una rivoluzione da poco?! Per questo continuo a ribadire che ci troviamo davanti ad un artista ECCEZIONALE! ;):P

Una nota personalissima: Berlioz è uno di quei compositori che amo ascoltare con la partitura davanti agli occhi - fortunatamente posseggo il pdf di gran parte delle sue opere in edizione critica - poiché amo godere nel comprendere cosa ci sia sotto ai suoi vari artifici. In ogni caso, raramente ho visto partiture redatte con un'acribia e una cura così maniacale: le annotazioni riguardo alle agogiche e allo strumentale sono a dir poco fitte, lasciando poco spazio a fraintendimenti (Spesso vi sono anche Prefazioni esplicative). Come dire che l'uomo aveva le idee assai chiare non solo riguardo al cosa voleva ottenere, ma anche al come...

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7 ore fa, Majaniello dice:

Intendiamoci, non è che Couperin o Mahler non cercassero l'effetto (ne potrei dire altri mille), raggiungevano semmai quell'obiettivo in maniera diversa. A me pare che Berlioz si preoccupi di accumulare note lavorandole, come dire, in post-produzione: c'è grande attenzione a sfruttare dinamica e timbro come risorse sostanziali più che ornamentali, i temi sono plasmati rispetto al tipo di immagine che devono evocare e non in funzione della loro compiutezza melodica o delle loro potenzialità costruttive, anche armonia e contrappunto sono usati in senso "scenico" più che per creare dei veri sviluppi. Se ci fosse stato il cinema sarebbe stato un grande autore di colonne sonore (e già così è stato un grande operista, per me il genere dove riesce meglio). Niente di male eh, solo che capisco chi parla di modulazioni a capocchia, orchestrazione accicciata, tendenza all'ipertrofia ecc, è un modo di comporre pericoloso che può generare in alcuni un effetto wow ma che per altri può essere molto sgradevole. 

Meyerbeer era un'altra capra, ma - pure lui - era un grande uomo di teatro, e sapeva quel che faceva e le reazioni che avrebbe generato nel pubblico. Questi sono autori dove la filologia è importantissima, in Meyerbeer è il contorno che fa sostanza, le scene interminabili, i cori, la scrittura vocale stucchevolmente virtuosistica... se piace piace perchè è così, se cominci a fare tagli e adattamenti perde ogni peculiarità e ogni motivo di interesse.

Sinceramente, nonostante le molte precisazioni, non riesco a capire secondo quali paradigmi distingui i buoni e i cattivi. O meglio, mi pare di capire che sia un paradigma tutto tuo, una sorta di letto di Procuste impermeabile alla valorizzazione delle peculiarità dei singoli autori (o di certi periodi storici, in specie il romanticismo musicale) che, del tutto legittimamente, non ti aggradano. Traendo esempi da altri ambiti artistici, ci vedo qualche analogia con l'accusa a Giorgio Morandi di non essere un grande pittore perché ritraeva soltanto caraffe e scodelle e qualche paesaggio ma non si cimentò col ritratto, col nudo e con scene animate o con quella a Hemingway o a Fenoglio di non essere scrittori epocali, malgrado la loro maestria nel racconto breve e nel romanzo di ambientazione contemporanea, perché non avevano dimestichezza col sonetto e con l'endecasillabo. Ci vedo anche qualche retaggio (inconscio?) di certa fiorente critica musicale italiana del 900 che trattava immancabilmente come di serie B molti musicisti delle scuole nazionali fra 800 e 900 che non applicavano con il dovuto rigore i canoni formali e stilistici della "grande musica" austrotedesca e preferivano svariare in modo appassionato in ardimentosi "fuori pista".

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RAI Radio3 Suite - Il cartellone 10 gennaio 2022 20:30
 Registrazione Euroradio del 1° novembre 2020  
 Auditorium Rainier III Montecarlo
Orchestre Philharmonique de Monte-Carlo
Jukka-Pekka Saraste, direttore

Anton Bruckner Sinfonia n. 3 in re minore WAB 103 "Wagner-Symphonie" (versione del 1877)

-

Non indugia J-P Saraste ma sonorizza, con una nitidezza orchestrale salda bella, e capacità di cambi marcia (espressività) proprio gustosi (massì esagerati bello bello) nell'incrociarsi di figure come piovesse: la voglia è di stupire ma poi fermare a dire una cosa, Bruckner era così (finanche post-)moderno, con quell'innocenza "come bambini", Bruckner vuole affatto porgere il fiore come fa l'idiota, Bruckner è dostoevskijano ma senza l'ansia, solo la fede, l'ha mai detto nessuno 🙂

Emmanuel Andrieu su Classiquenews :

"En septembre 1873, le compositeur rendit visite à Wagner qui accepta la dédicace de ce nouvel opus brucknérien, en le priant cependant d’y enlever les nombreuses citations de ses opéras, incluses dans la partition. En 1877, Bruckner fera une révision complète de sa symphonie, la raccourcissant de dix minutes environ. [...]
La première qualité en est la beauté et la rondeur de la sonorité du somptueux Orchestre Philharmonique de Monte-Carlo, qui est en fait une des caractéristiques du style de ce chef. Il sait par ailleurs toujours trouver le bon tempo pour chaque mouvement, et il réussit à offrir ce fameux « souffle » si inhérent et essentiel à la musique de Bruckner."

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1 ora fa, giobar dice:

Sinceramente, nonostante le molte precisazioni, non riesco a capire secondo quali paradigmi distingui i buoni e i cattivi. O meglio, mi pare di capire che sia un paradigma tutto tuo, una sorta di letto di Procuste impermeabile alla valorizzazione delle peculiarità dei singoli autori (o di certi periodi storici, in specie il romanticismo musicale) che, del tutto legittimamente, non ti aggradano.

Se è per questo neanche Strauss e Mahler mi aggradano del tutto (anzi spesso mi infastidiscono ben più di Berlioz, personaggio che mi ispira quantomeno simpatia), e Wagner, Bruckner, Debussy e Webern non mi aggradano per niente (beh dopo tutti questi anni dovresti saperlo), eppure non ho buttato tutti nel calderone dei "cattivi" come dici tu, ho fatto dei distinguo precisi... provavo a fare un discorso di carattere storico-musicale, magari semplicistico, non so, ma ho cercato di parlare di musica con le conoscenze a mia disposizione, riconoscendo delle qualità, sottolineando dei limiti, facendo dei confronti... mi pare che al solito discutiamo su due piani diversi, io parlo di diversa gestione dei parametri musicali, voi mi tirate fuori Prassitele e Morandi, che nell'arte va tutto bene, è tutto relativo e tutti i gusti sono gusti, evvabbè...

Comunque... secondo te davvero perdevo tempo a cercare di giustificare musicologicamente i miei gusti? ma sai quanto mi frega... che noia sta tiritera che ogni tanto viene fuori quando qualcuno prova ad argomentare in modo diverso da come c'hanno insegnato i libretti DG, ultimamente non ho neanche voglia di partecipare al teatrino del "cosa stai ascoltando", mi sembrava solo interessante sottolineare come l'intervento di Keikobad fosse un punto di vista non per forza condivisibile ma comunque fondato (io stesso non sarei così definitivo come lui). Ho erroneamente intravisto lo spunto di una discussione, non lo faccio più 🤣 

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15 minuti fa, Majaniello dice:

 

Comunque... secondo te davvero perdevo tempo a cercare di giustificare musicologicamente i miei gusti? ma sai quanto mi frega... che noia sta tiritera che ogni tanto viene fuori quando qualcuno prova ad argomentare in modo diverso da come c'hanno insegnato i libretti DG, ultimamente non ho neanche voglia di partecipare al teatrino del "cosa stai ascoltando", mi sembrava solo interessante sottolineare come l'intervento di Keikobad fosse un punto di vista non per forza condivisibile ma comunque fondato (io stesso non sarei così definitivo come lui). Ho erroneamente intravisto lo spunto di una discussione, non lo faccio più 🤣 

E invece lo spunto di @Keikobadera, secondo me, davvero molto interessante, e l'ho anche già detto. L'angolo visuale del professionista è assai peculiare e mi incuriosisce molto. Altre volte è capitato di accennare alle "strane" preferenze o idiosincrasie di grandi interpreti per certe musiche, ma raramente il discorso è stato approfondito. E che c'entrano i libretti DG?  A mia memoria, sono anni che non ne leggo uno.

Quanto poi ai parametri musicali, perché dovrebbero essere "buoni" soltanto quelli della forma rigorosa, degli sviluppi dei temi e altre cose simili e non quelli diversi messi in luce da Berlioz, Schumann, Dvorak e dai restanti che, secondo una certa impostazione, sarebbero dei semi-incapaci ?

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