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Cosa state ascoltando ? Anno 2022


Madiel

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2 ore fa, Madiel dice:

Vero, il cognome è "nordico" ! :o 

 

1 ora fa, Majaniello dice:

Ma mi sa che la mamma era napoletana, o una cosa del genere.

 

Questo non lo so, ma avevo letto che il papà si trovava a Barletta per conto dell'azienda di legnami per cui lavorava.

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32 minuti fa, Wittelsbach dice:

 

 

Questo non lo so, ma avevo letto che il papà si trovava a Barletta per conto dell'azienda di legnami per cui lavorava.

Il cognome credo sia valtellinese, o comunque di quella parte della Lombardia. Comunque non è di certo meridionale.

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Giulini è un cognome lombardo, con ramificazioni nel centro Italia, non certo meridionale. Lui (la famiglia) mi pare fosse di Bolzano e dintorni dove infatti è sepolto, quindi non lontano dal milieu culturale-religioso bruckneriano (e neanche da Sankt Florian!). La nascita pugliese fu solo casuale. Credo che la Puglia non l'abbia vista neanche col binocolo :cat_lol: I pugliesi si possono sempre ascoltare questa:

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3 ore fa, Ives dice:

Giulini è un cognome lombardo, con ramificazioni nel centro Italia, non certo meridionale. Lui (la famiglia) mi pare fosse di Bolzano e dintorni dove infatti è sepolto, quindi non lontano dal milieu culturale-religioso bruckneriano (e neanche da Sankt Florian!). La nascita pugliese fu solo casuale. Credo che la Puglia non l'abbia vista neanche col binocolo :cat_lol: I pugliesi si possono sempre ascoltare questa:

Beh ci doveva essere qualcosa che non andava... io sono sempre stato convinto che avesse passato l'infanzia da noi, sob :(, da un bruckneriano dovevo aspettarmelo. 

Però parliamone di Giulini. In realtà non ascolto più Giulini da molti anni. Da ragazzo avevo tante sue registrazioni del periodo italiano (Abenceraggi di Cherubini, Don Sebastiano di Donizetti, e un pionieristico Orazi e Curiazi di Cimarosa - con la Simionato! - tra i titoli più bizzarri, e poi ovviamente Rossini, Verdi ecc), e in fondo quando mettevo ancora le camicie mi piaceva anche nel sinfonico, oggi lo salverei solo in Bruckner (che peraltro è autore che non frequento, quindi ciccia), e in poco altro, tipo qualcosa che si presta alla trombonizzazione (quinta e nona di Beeth, prima di Brahms, qualche messa ecc), ma un po' mi scoccia che si ricordino solo gli ultimi vent'anni di carriera - che c'è da dire sono quelli meglio documentati a livello sonoro.

Gli riconosco una grande capacità di distinguere i piani sonori, le linee, e di far emergere dettagli inediti, sapeva inoltre come tenere la tensione anche su tempi molto larghi, ma la verità è che cominciò a fottersene dello stile dei compositori e a partorire il genere di robe che piacciono molto al mio amico Snorlax. Persino il suo Verdi, un tempo brillante, diventò solenne e ampolloso, benchè tecnicamente impeccabile. C'è da dire che ci metteva il cuore, e si sente. Questa sua comunicatività piace a pelle a chi lo ascolta, e tuttavia fino a che punto?

Oggi, nonostante i millemila box celebrativi, mi pare che sia un direttore di fatto dimenticato, compreso qui... quando se ne parla tutti ne parlano benissimo, lacrime e applausi a scena aperta, ma pochi lo ascoltano con regolarità (toh proprio Snorlino è tra questi). Non infiamma gli animi come Furtone o certi direttori tedeschi, non divide come Abbado, Muti o Sinopoli, insomma non stimola querelles nè moti fideistici. In pochi lo inseriscono nelle references: ogni tanto viene fuori in Bruckner e ancor meno di frequente in Brahms (Madiel lo cita spesso in entrambi), ma la verità è che quando pensi a questi autori vedi un direttore tedesco sul podio (Jochum e i soliti). Il repertorio che nel tempo si è sempre più adagiato sui classici non aiuta, la sua discografia ufficiale italiana è povera e incostante, e - siamo onesti - quando uno pensa a Dvorak o Ravel non è Giulini il primo nome che ti viene in testa. Sarebbe interessante capire perchè.

PS: lasciamo stare Muti che sta invecchiando malissimo come la peggiore bassotuba (il trombone non è più sufficiente)... la sua discografia EMI però è eccellente almeno per tre quarti, e per me molto più attuale di quella di Giulini. 

PPS: un vero italiano dimenticato è Cantelli, riscopriamolo!

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1 ora fa, Majaniello dice:

Però parliamone di Giulini. In realtà non ascolto più Giulini da molti anni.

Lo stesso per me. Lo rispetto massimamente come interprete, soprattutto nel periodo americano, ma raramente lo ascolto. L'altra mattina hanno dato alla FD5 l'unico brano di Berlioz che ha inciso (e forse diretto) in vita sua, i pezzi sinfonici dal Romeo (che son sempre 50 minuti di musica!), indubbiamente bellissima lettura, forse troppo "aulica" e composta in alcuni punti, ma di ampio rilievo intepretativo e tecnicamente ineccepibile. Musicalità e analiticità da vendere. Fisicamente, ho solo il CD con la Nona di Mahler, non brutta ma troppo irrisolta. Va benissimo in Bruckner, nelle ultime sinfonie, ma anche Brahms è profondo e passionale. Sul classicismo austro-tedesco vado sugli hip, quindi viene tagliato un pò fuori, però il suo Schubert è meraviglioso anche se l'ottica è quella tardoromantica e un pò troppo gravida per me. Su Ravel e Debussy c'è ampia concorrenza. Verdi? Preferisco il suo Requiem tardo e imperfetto a quello EMI. Falstaff è tra i riferimenti ma non ha la verve di Bernstein o il ritmo di Toscanini. Sul primissimo periodo, quando faceva più repertorio inusuale, lo ignoro.

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2 ore fa, Majaniello dice:

Oggi, nonostante i millemila box celebrativi, mi pare che sia un direttore di fatto dimenticato, compreso qui... quando se ne parla tutti ne parlano benissimo, lacrime e applausi a scena aperta, ma pochi lo ascoltano con regolarità (toh proprio Snorlino è tra questi). Non infiamma gli animi come Furtone o certi direttori tedeschi, non divide come Abbado, Muti o Sinopoli, insomma non stimola querelles nè moti fideistici. In pochi lo inseriscono nelle references: ogni tanto viene fuori in Bruckner e ancor meno di frequente in Brahms (Madiel lo cita spesso in entrambi), ma la verità è che quando pensi a questi autori vedi un direttore tedesco sul podio (Jochum e i soliti). Il repertorio che nel tempo si è sempre più adagiato sui classici non aiuta, la sua discografia ufficiale italiana è povera e incostante, e - siamo onesti - quando uno pensa a Dvorak o Ravel non è Giulini il primo nome che ti viene in testa. Sarebbe interessante capire perchè.

In effetti, alla fine lo ascolto sempre in quegli autori. Con Bruckner è, forse, il mio riferimento nelle poche sinfonie che ha lasciato. Il problema, almeno per me, è il suo repertorio: c'è poco riguardante il XX secolo! Però non mi dispiace neanche il suo Beethoven americano o in Verdi. Anche la sua 9a di Mahler non è poi così terribile, anche se si percepisce un evidente disagio a dirigerla. Ad un certo punto si è cristallizzato riducendo moltissimo il suo repertorio, che comprende quasi tutti autori che non seguo. Aveva un pregio mica da poco: si teneva lontano da Wagner! :cat_lol:

 

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Cavoli ragazzi, mi spiace avere così poco tempo in questi giorni per intervenire a dovere. Però mi sto godendo parecchio questa parentesi giuliniana. Ascolto molto spesso questo gigante del podio e sempre con un certo diletto. Mi preme mettere l'accento riguardo ad un aspetto evidenziato dall'amico @Majaniello, il quale giustamente si è riferito alla "grande capacità di distinguere i piani sonori, le linee, e di far emergere dettagli inediti", capacità che si manifesta senza che il suo celebre apporto umanista e il suo calore interpretativo vengano meno (La sua Nona mahleriana è emblematica a tal proposito). Credo che questa sua particolare attenzione sia dovuta anche alla sua grande esperienza da orchestrale, e dal fatto di aver lavorato - sempre da orchestrale - con i nomi più grandi del passato: Giulini andava molto orgoglioso della sua carriera da ultima viola all'Augusteo.

Tra l'altro, proprio qualche giorno fa ho rimesso per l'ennesima volta sul piatto questo:

R-4277433-1394208132-1647.jpeg.jpg

...ecco, credo che in questo caso ci troviamo di fronte ad una registrazione che definirei leggendaria. Coadiuvato da un tecnico del suono come Wilkinson e da un'orchestra di virtuosi come la Philharmonia  - compagine tra le più frequentate dal Nostro - Giulini plasma un Mozart affettuosamente pudico, in cui il lavoro di cesello e la trasparenza dell'ordito non impediscono una concertazione ariosa, a tratti persino entusiastica. Dovrei fare un ascolto comparato e in tempi stretti con le coeve incisioni di Klemperer con la medesima orchestra, sono convinto che il paragone farebbe emergere dei dettagli più che interessanti.

 

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Dalla lettura di forum, riviste on line, siti specializzati, mi son fatto l'idea che l'eredità musicale di Giulini sia più attuale e apprezzata all'estero che in Italia. La sua memoria è vivissima negli USA, a Londra, a Vienna, in Germania. A Chicago e a Los Angeles ricordano i periodi in cui resse le grandi orchestre locali come vere e proprie vette nella loro storia gloriosa.  Il suo nome salta sempre fuori non solo quando si parla dei pochi autori e delle poche opere cui aveva ristretto l'attenzione nella sua ultima fase "ieratica", ma anche quando è in gioco l'approccio a Mozart (specie il Don Giovanni), a Verdi, ai Quadri di Mussorgsky-Ravel, a Britten, a Franck, a Ma mère l'oye (una vera fissazione per lui), persino a certo Webern letto - o meglio vissuto - col suo taglio umanistico e caldo. Poi, evidentemente, tutti noi abbiamo le nostre preferenze, ma, almeno all'estero, Giulini non è mai ricordato come un semplice outsider.

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51 minuti fa, giobar dice:

A Chicago e a Los Angeles ricordano i periodi in cui resse le grandi orchestre locali come vere e proprie vette nella loro storia gloriosa.  Il suo nome salta sempre fuori non solo quando si parla dei pochi autori e delle poche opere cui aveva ristretto l'attenzione nella sua ultima fase "ieratica", ma anche quando è in gioco l'approccio a Mozart (specie il Don Giovanni), a Verdi, ai Quadri di Mussorgsky-Ravel, a Britten, a Franck, a Ma mère l'oye (una vera fissazione per lui), persino a certo Webern letto - o meglio vissuto - col suo taglio umanistico e caldo.

Sante parole. Anche i Quadri furono una fissazione fin dalla giovine età, in un intervista raccontò che quand'era ancora studente tentò un'orchestrazione dell'originale pianistico. Poi, dopo aver scoperto e sentito Ravel, stracciò il tutto, ritenendo inarrivabile il risultato del francese. In ogni caso tutte eccezionali le molteplici incisioni di questo capolavoro, tra le quali spicca quella dell'aureo periodo a Chicago:

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L'ho ascoltata proprio stasera, spinto da voi.
Gesti estremamente ampi e lenti nelle Promenade, ma non in brani già non proprio leggeri tipo Bydlo. Ci ho visto molta serena contemplazione, in quei Quadri.

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8 ore fa, Wittelsbach dice:

L'ho ascoltata proprio stasera, spinto da voi.
Gesti estremamente ampi e lenti nelle Promenade, ma non in brani già non proprio leggeri tipo Bydlo. Ci ho visto molta serena contemplazione, in quei Quadri.

Bravo, hai colto proprio uno degli aspetti principali che mi colpiscono in quell'esecuzione di Giulini con l'orchestra di Chicago. Il direttore non si sovrappone alla musica e la lascia fluire con grande rispetto, quasi con riverenza. Qualcuno potrà vederci un'assenza di pathos, di furia, di esaltazione degli aspetti selvaggi, rustici della partitura. Ma, a parte che non stiamo parlando della versione pianistica, che certamente si muove in una propettiva ben diversa dalla trascrizione "normalizzante" di Ravel, incentrata sulla evidenziazione di altri aspetti, Giulini sembra dire che non è necessario dare di matto per proporre una lettura credibile dei Quadri. Lascia intendere che è sufficiente far parlare la musica senza esagerazioni e mantenendo un controllo ferreo dell'orchestra, del fraseggio, dei timbri orchestrali. In ciò, evidentemente, trova una spalla formidabile nel virtuosismo pazzesco e nella sapienza coloristica di quella sorta di supereroi della CSO con cui poté collaborare. Come sempre, davanti ai capolavori, molte letture, anche tra loro assai contrastanti, sono possibili. Tuttavia quella di Giulini è una che, da sempre, mi affascina.

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Intanto, qualcosa di completamente diverso: i Quadri di Kegel.
Non so dove volesse realmente andare a parare Kegel, ma il risultato è bellissimo, ancorché all'incirca opposto a Giulini.
Laddove Giulini guarda alla vista d'insieme, come fosse l'atteggiamento tranquillo e pensoso del visitatore della mostra del pittore, Kegel si occupa dei singoli quadri, stagliando poi le Promenade che divergono anche per l'animo dello spettatore.
Cito il novecentismo radicale dello Gnomo, dai tempi rapidi, lo strumentale tagliente, l'atteggiamento analitico; il passo marziale e risoluto delle Promenade I e III; la relativa calma delle Tuileries, impreziosita da una ricercata liquidità timbrica e da gustosissimi rubatini; l'articolazione implacabile del Bydlo; la cattiveria terrena di Goldenberg e la petulanza di Schmuyle; la vividezza da Petrushka del Mercato di Limoges; l'atmosfera delle Catacombe, non buie e ovattate come in Giulini, ma pervase di lampi luminosi raggelanti; per finire, una Porta di Kiev spogliata di retorica.

@giobar @Majaniello @Snorlax

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2 ore fa, Wittelsbach dice:

Intanto, qualcosa di completamente diverso: i Quadri di Kegel.
Non so dove volesse realmente andare a parare Kegel, ma il risultato è bellissimo, ancorché all'incirca opposto a Giulini.
Laddove Giulini guarda alla vista d'insieme, come fosse l'atteggiamento tranquillo e pensoso del visitatore della mostra del pittore, Kegel si occupa dei singoli quadri, stagliando poi le Promenade che divergono anche per l'animo dello spettatore.
Cito il novecentismo radicale dello Gnomo, dai tempi rapidi, lo strumentale tagliente, l'atteggiamento analitico; il passo marziale e risoluto delle Promenade I e III; la relativa calma delle Tuileries, impreziosita da una ricercata liquidità timbrica e da gustosissimi rubatini; l'articolazione implacabile del Bydlo; la cattiveria terrena di Goldenberg e la petulanza di Schmuyle; la vividezza da Petrushka del Mercato di Limoges; l'atmosfera delle Catacombe, non buie e ovattate come in Giulini, ma pervase di lampi luminosi raggelanti; per finire, una Porta di Kiev spogliata di retorica.

@giobar @Majaniello @Snorlax

Bellissima descrizione come al solito! l'ascolterò presto...

°°°°

Ottimo ragazzi, una discussione in cui interveniamo tutti ^_^

Domanda: qual'era il rapporto di Giulini con la fede, o con la spiritualità in generale? istintivamente lo associo alla musica sacra, con una quantità di titoli considerevole rispetto al suo repertorio tutto sommato ristretto, alludo a Bach, Mozart, Beethoven, Cherubini, Rossini, Verdi, Schubert, Brahms, Faurè, Britten e forse qualcuno che non so.. anzi mi meraviglio che non ci sia la sacra di Bruckner in mezzo, ma qualcuno mi direbbe che tra le sinfonie e le messe non c'è molta differenza.  

Suggerisco anche io un disco, secondo me migliore dell'omologo in studio:

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era il Don Carlo che amavo di più assieme a quello (sempre live) di Bartoletti con Tucker.

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38 minuti fa, Majaniello dice:

Bellissima descrizione come al solito! l'ascolterò presto...

°°°°

Ottimo ragazzi, una discussione in cui interveniamo tutti ^_^

Domanda: qual'era il rapporto di Giulini con la fede, o con la spiritualità in generale?

Giulini era notoriamente un cattolico praticante.
Civiltà Cattolica, la rivista dei Gesuiti, ha approfondito l'argomento con un articolo che purtroppo non ho mai letto.
Si può leggere un'intervista oltremodo illuminante uscita su Jesus, che credo sia ampiamente esaustiva.

Da uno stralcio di quest'ultima, le parole del maestro, che mi colpiscono in quanto profondamente vicine alla mia stessa sensibilità:

Cita

Amo ogni parola di Gesù, ma il passo che prediligo è il secondo comandamento, quello dell’amore per il prossimo. È bello desiderare il bene vero dell’altro, agire e pregare affinché ogni uomo sia pienamente se stesso e scopra l’amore di Dio che permette di affrontare anche i momenti difficili. A volte penso alle persone che non hanno fede... Qual è il senso che danno all’esistenza? La fede permette di rispondere ai grandi interrogativi: chi sono, da dove vengo, dove vado. Ma chi non accoglie il dono di Dio che risposte dà? Può riempire le giornate con tante attività, ma quando viene la notte, con il suo carico di domande decisive... Soffro quando penso a queste persone. E mi consola sapere che molti uomini e donne di fede pregano per quanti non hanno questo dono.

 

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Nel genere sacro, o sinfonico-corale, nonostante il suo fervido cattolicesimo identitario trentino, Giulini ha lasciato uno dei suoi dischi più brutti: nonostante un coro meraviglioso, l'approccio è pesantissimo, estremamente rigido e privo di vitalità e intensità emotiva. E pure la presa di suono è pessima.

Missa Solemnis: Giulini,Carlo Maria, Beethoven,Ludwig Van: Amazon.it: CD e  Vinili}

Anche il suo Tchaikovsky mai piaciuto, in odore di stanca routine. M anche quello "americano" mi convince pochissimo.

Tchaikovsky: Symphonies Nos. 2 & 6 / Romeo and Juliet / Francesca da Rimini

E anche questo, nel genere operistico, mi ha sempre lasciato interdetto se non proprio in catalessi. Vuoi per la direzione estremamente gravida e densa (ma non densa alla Klemperer, ma proprio soporifera), anche se rispettosissima del testo, vuoi per i cantanti un pò cosi. Non un grande addio alle incisioni liriche:

Verdi: Il Trovatore / Giulini, Domingo, Plowright, Et Al - CD | eBay

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11 ore fa, Wittelsbach dice:

Giulini era notoriamente un cattolico praticante.

L'aspetto interessante è che nel suo modo di dirigere emerge molto quest'aspetto, e non era scontato (per altri non si può dire la stessa cosa). Quel suo passo solenne, aulico, teso verso l'alto ma molto nitido (grazie Ives) che cerco sempre di descrivere con parole tipo "dignità", "integrità", "alta statura morale" è qualcosa di molto diverso dalla grandeur wagneriana. Oggi mi infastidiscono, ma un tempo mi colpivano certe letture imponenti: l'Eroica, la Grande, la Renana... sembravano davvero tutte antenate delle sinfonie di Bruckner, la sua discografia DG è piena di questo tipo di interpretazioni. 

1 ora fa, Ives dice:

E anche questo, nel genere operistico, mi ha sempre lasciato interdetto se non proprio in catalessi

Se devo dire, trovo Giulini proprio inadatto a Verdi. In gioventù l'ha fatto e anche bene, perchè ha trovato il modo di adattare la sua cifra al passo verdiano e ad un certo spirito presente in alcuni titoli (penso alla Traviata con la Callas o al Don Carlo che citavo prima), non sono per niente suo fan del Verdi in studio, conosco tutto ciò che ha inciso e non mi convince come impostazione. Diverso è il discorso Requiem, suo cavallo di battaglia, che preferisco in questo live:

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Credo di non averlo mai ascoltato nè in Dvorak nè in Tchaiko. In Brahms è una questione diversa ancora. Conoscevo quello DG che era troppo anche per il me di 25 anni fa, in anni recenti ho scoperto quello Emi, molto bello, però ho proprio un'idea di Brahms diversa dalla sua, per me Brahms è un neoclassico con delle pose sentimentali, in fondo è musica cinica con un abito romantico (non a caso cavallo di battaglia di Abbado), questa versione "nobile" di Brahms (oltrechè ingigantita) si apprezza di per sè ma mi suona proprio lontana dalla verità. 

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5 ore fa, Ives dice:

il suo fervido cattolicesimo identitario trentino [...]

 

4 ore fa, Majaniello dice:

L'aspetto interessante è che nel suo modo di dirigere emerge molto quest'aspetto, e non era scontato (per altri non si può dire la stessa cosa). Quel suo passo solenne, aulico, teso verso l'alto ma molto nitido (grazie Ives) che cerco sempre di descrivere con parole tipo "dignità", "integrità", "alta statura morale" è qualcosa di molto diverso dalla grandeur wagneriana.

Da questo aspetto deriva una sorta identificazione di Giulini con Bruckner, non soltanto col Bruckner compositore, ma anche con l'uomo. Il cattolicesimo di provincia - non a caso le terre di origine, per estensione, sono le stesse - ha costituito un trait d'union fortissimo per queste due personalità artistiche.

Riflessione personalissima: a volte è strano come si amino compositori e interpreti assai lontani, perlomeno ideologicamente, dal proprio essere. Per dire, l'unico compositore con cui mi sembra di avere una più completa affinità è Shostakovich. Tra gli interpreti, forse Sinopoli (che però con Shosta non c'azzeccava). Con Furtone debbo comunque fare una dolorosa cernita, in quanto tengo il lato più progressista della sua visione interpretativa, a cui, non a caso, si aggancia il direttore siculo-veneziano.

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46 minuti fa, Snorlax dice:

Per dire, l'unico compositore con cui mi sembra di avere una più completa affinità è Shostakovich.

Prepara una lista di interpreti, sinfonia per sinfonia, perchè quest'aria pesante di guerra impone un ripasso. Il Shosta sinfonico non mi ha mai fatto impazzire, tolti singoli movimenti, per questo ho sempre cercato interpretazioni molto internazionali e poco sovietiche. Penso sia il momento di provare qualcosa di filologico (conosco bene solo Kondrashin e qualcosa di Mravinsky), accetto anche registrazioni radiofoniche con audio precario, purchè vi si respiri un'autentica tensione stalinista. Richiesta estesa a tutti ovviamente.

°°°

Nel tempo che mi resta prima di andare voglio suggerire io qualcosa:

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A parte l'orrida copertina, è un bel cd all'insegna dell'equilibrio e della spensieratezza, che raccoglie i concerti per flauto op. 10. E' una pubblicazione freschissima che cade a fagiolo dopo l'ascolto appagante dei concerti op. 11 e 12. Alcuni di questi concerti mi erano noti (quelli con i titoli sono celeberrimi), ma è la prima volta che ascolto questa raccolta interamente. Vero che hanno una discografia corposissima, ma forse mancava un'incisione davvero aggiornata. Pubblicata all'epoca dell'op 11 e 12, non mi pare che la raccolta abbia il pathos e la varietà delle successive, sembrano più concerti vecchi messi assieme, benchè si voli comunque altissimo, anche solo come fantasia tematica. Grazie a Ipata, che ne ha inciso alcuni concerti grossi, sono arrivato poi a questi cd:

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Prima volta che sentivo nominare Barsanti, altro compositore della scuola di Corelli. A livello formale non ci sono molte differenze rispetto ai tanti della sua epoca, se non che il nostro ha lavorato in Gran Bretagna nei luoghi di Handel, ragion per cui i suoi concerti grossi presentano una bizzarria per un autore italiano, ossia il concertino composto da oboi, corni, trombe e timpani. I due dischi della Linn in pratica ne propongono i 10 concerti dell'op. 3 inframmezzati da qualche breve ascolto handeliano. E niente, non si finisce mai di scoprire musica nuova.

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17 ore fa, Majaniello dice:

Domanda: qual'era il rapporto di Giulini con la fede, o con la spiritualità in generale? istintivamente lo associo alla musica sacra, con una quantità di titoli considerevole rispetto al suo repertorio tutto sommato ristretto, alludo a Bach, Mozart, Beethoven, Cherubini, Rossini, Verdi, Schubert, Brahms, Faurè, Britten e forse qualcuno che non so.. anzi mi meraviglio che non ci sia la sacra di Bruckner in mezzo, ma qualcuno mi direbbe che tra le sinfonie e le messe non c'è molta differenza.  

 

Sul rapporto con la fede ti ha già risposto @Wittelsbach. Quanto alle messe di Bruckner, è una domanda che mi sono posto diverse volte anche io. Eppure sembra che non ne abbia mai diretto una nemmeno in concerto. L'opera sacra che lo accompagnò davvero per tutta la carriera (a parte di requiem di Verdi) è la stupenda Messa in mi bemolle D.950 di Schubert, che diresse moltissime volte, in pratica senza interruzione, dal 1951 fino agli ultimi anni di vita. Ne esistono due splendide registrazioni, una del 1968 al festival di Edimburgo, piena di fervore e passione, e l'altra del 1995 coi complessi della radio bavarese, molto bruckneriana e contemplativa. 

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