Jump to content

Confronti


Pinkerton

Recommended Posts

Inizio questa sera una nuova discussione che proporrà dei confronti fra esecuzioni di celebri brani del repertorio operistico.

Iniziamo col duetto tenore-mezzosoprano dal I° Atto di Norma.

La prima versione vede alla prova Fiorenza Cossotto e Placido Domingo.

La Cossotto grazie anche alla tempra vocale assistita da un'ottima tecnica, dà vita a un'Adalgisa volitiva mentre Domingo, facendo leva sulle calde bruniture del timbro, su un'emissione sorvegliata e su una linea a un tempo composta e incisiva, delinea un Pollione particolarmente lirico anche se vocalmente adeguato alla tessitura centralizzante e declamatoria del ruolo:

https://www.youtube.com/watch?v=G88QW3tN4QQ&feature=youtube_gdata

Per confronto il duetto nell'edizione RAI del '55 con un Del Monaco batitonaleggiante, impetuoso e marziale, dal fraseggio imperioso e dalla bronzea vocalità e una Stignani, sebbene declinante, ancora in grado di esibire la sua lucente "voce-strumento":

https://www.youtube.com/watch?v=e8j4kk6FdqE&feature=youtube_gdata

Un epigono di Del Monaco è stato Nicola Martinucci che qui duetta nel '93 con Caterina Antonacci.

Il livello dell'esecuzione è inferiore ai due precedenti sia per il timbro un po' intubato, da raffreddore, del tenore pugliese che per talune incertezze di emissione della mezzosoprano.

La Antonacci e Martinucci tuttavia esibiscono un apprezzabile slancio e un certo mordente:

https://www.youtube.com/watch?v=xVcbjsUJa8E

Le tre esecuzioni precedenti, sebbene su piani qualitativi diversi, rientrano tutte e tre nell'agone del canto professionistico.

Non lo stesso si può dire di questa ripresa video americana del 2011 dove due povere anime ( i cui nominativi è meglio tacere) non tralasciano nulla per massacrare la fiera e altisonante pagina belliniana:

https://www.youtube.com/watch?v=MnFk_i4GK4U

La cosa che più stupisce di questa esecuzione non è tanto che i due ineffabili cantori abbiano avuto il coraggio di cantarla in questo modo ma bensì che qualcuno abbia avuto la singolare idea di metterla in rete.

Link to comment
Share on other sites

  • Replies 254
  • Created
  • Last Reply

Top Posters In This Topic

Quando hai tempo mi regaleresti un confronto fra queste due meraviglie?

[media]https://www.youtube.com/watch?v=dxWqfoc4iu8

[media]https://www.youtube.com/watch?v=Zzk5YLH4oxo

Grazie in anticipo! :happystrange:

E' evidente, cara noone, che tutti e due cantano bene. Specie il recitativo in entrambe le versioni è scandito e vigoroso.

Pavarotti esibisce poi una dizione splendida per chiarezza, mentre Caruso paga un poco lo scotto della sua emissione baritonaleggianrte, turgida e piuttosto congestionata.

Il tenore napoletano tuttavia, pur avendo voce più scura e corposa, è più morbido di Pavarotti, lega meglio e modula meglio le note.

A entrambi però manca qualcosa in termini di leggerezza e di coesione ritmica quando attaccano e sviluppano l'Adagio cantabile "Parmi veder le lagrime", pagina del resto fra le più ostiche di tutto il repertorio tenorile, anche per l'alta tessitura.

Un solo tenore che io sappia esegue questo cantabile alla perfezione, con levità e facilità di emissione:

è Tito Schipa, a 2:05 dell'incisione che segue.

Schipa è di assoluto riferimento nel cantabile mentre nel recitativo "Ella mi fu rapita" risulta troppo esile ed esangue,

povero di mordente, e quindi inferiore sia a Caruso che a Pavarotti:

https://www.youtube.com/watch?v=mJNAgErjazs

Molto bene,ma veramente bene, con voce a un tempo morbida e timbratissima e giusta incisività di accento e varietà di fraseggio, canta questo brano il tenore spagnolo Antonio Cortis:

https://www.youtube.com/watch?v=OnQq3KNLf-s

Link to comment
Share on other sites

Quando Pink ha tempo, gli chiederei un confronto su "Non piangere Liù", edizioni a sua scelta.

Grazie.

La vera difficoltà dell'"Andante lento sostenuto" "Non piangere Liù", Giordano, non sta negli acuti alla fine dell'aria ma nel legare e nel dare espressione alle prime frasi, centralizzanti, apparentemente facili.

Il tenore, pur senza perdere la sua impronta eroica, deve a un tempo essere dolente e dolce,affettuoso e afflitto, deve legare le frasi una all'altra ma non strascicarle lamentosamente né tantomeno buttarle lì una dietro all'altra.

Mario del Monaco riesce abbastanza bene a ottenere queste caratteristiche e sa abbandonarsi all'onda musicale anche se la dinamica è limitata, la voce è un po' troppo dura e monocorde e manca di vera morbidezza:

https://www.youtube.com/watch?v=jfZ-1u3zuKI

Meglio di Del Monaco è Corelli, altrettanto eroico e possente ma molto più morbido nell'emissione, più abile nelle legature, più vario nella dinamica, più ampio nel fraseggio:

https://www.youtube.com/watch?v=w0UyLhRjjPc

Interessante perchè ben cantata e particolarmente sommessa e "lirica" è la versione, in tedesco, di Fritz Wunderlich:

https://www.youtube.com/watch?v=I9DS06ZHl4o&list=RDI9DS06ZHl4o#t=0

Link to comment
Share on other sites

Quando Pink ha tempo, gli chiederei un confronto su "Non piangere Liù", edizioni a sua scelta.

Grazie.

Proseguendo negli ascolti del dolente adagio pucciniano ti faccio ascoltare, Giordano, la bella esecuzione di Flaviano Labò, tenore piacentino degli anni '60 e '70 ( che io ebbi modo di ascolare dal vivo), di voce robusta,, buona tecnica e spiccata musicalità. Labò esibisce una bella linea e un'ammirevole uguaglianza di registro. Il settore acuto è solido e ben immascherato. Nota poi come sa rallentare e legare le estenuate frasi patetiche di cui prima parlavamo:

http://www.youtube.com/watch?v=A7XzVvLm4GE

Anche se meno "centrato" nell'emissione (gli acuti sono un po' "stirati") rispetto a Corelli e Labò, appare valido anche Placido Domingo, specie per le calde vibrazioni del timbro, in questa incisione DG diretta da Karajan:

Luciano Pavarotti non aveva il "peso vocale" idoneo a cantare Calaf, ruolo gravoso da lirico spinto. Tuttavia nell'incisione DECCA in studio del '71, diretta da Metha, appare alquanto espressivo oltre che vocalmente splendido :

Link to comment
Share on other sites

Corelli è un Pollione davvero irresistibile... la Ludwig invece qui mi sembra anonima, incolore, totalmente a disagio..

Maddalena sono d'accordo. La Ludwig sa cantare, ma non è a suo agio ed è spaesata.

Link to comment
Share on other sites

Peccato però! Va bene che non era il suo repertorio, ma la parte di Adalgisa è così unica, speciale.. e quando si è dotati di una voce talmente bella... e quando si ha l' occasione di cantare con la Callas e Corelli... insomma, poteva crederci un po' di più :yes: !

[media]https://www.youtube.com/watch?v=cDWj3mOdoEk

Corelli è un Pollione davvero irresistibile... la Ludwig invece qui mi sembra anonima, incolore, totalmente a disagio..

Tu, cara noone, ti allinei con la sostanziale stroncatura di Elvio Giudici il quale però, come è noto, tendeva a stilare giudizi netti, unilaterali. La tua valutazione peraltro è avallata anche dall'amico Wittel.

Io, Maddalena, sull'Adalgisa della Ludwig, sarei più cauto.

E' vero che la grande mezzosoprano tedesca non aveva dimestichezza con questo ruolo ( e specificamente con Bellini) e che quindi patisca qualche incertezza nel confezionare la linea vocale del personaggio.

Ma è pur vero che fra tutte le Adalgise di un certo nome è quella che più si impegna ad approfondire e sfaccettare la psicologia della giovane vestale.

Guardiamo un momento la situazione drammatica del personaggio: Adalgisa è in uno stato psicologico particolarmente conflittuale, turbato e vulnerabile: da un lato è innamorata e attratta dal baldo e fascinoso Proconsole; dall'altro è travagliata dal rimorso per aver tradito il suo voto ed inoltre è impaurita per le possibili conseguenze. Insomma si sente minacciata e vive un complesso di colpa.

La Ludwig, oltre a cantar bene, invece di presentarsi volitiva e determinata ( ma anche un po' incosciente e "oca"), si sforza di variare il fraseggio, di rendere animata, articolata e contrastante l'accentazione, di comunicarci il suo conflitto interiore e lo sgomento che ne deriva. La sua interpretazione quindi è tutt'altro che da liquidare.

Per esemplificare, la Ludwig canta tutta la prima parte del duetto con un tono dolente e allarmato: a 4:17 ( "Parti? Forse?") e a 4:36 ( " Ah non dirlo, ah non dirlo!") è alquanto espressiva.

Nelle ultime battute del duetto invece, e in particolare a 8.53 all'unisono col tenore, questa Adalgisa fa la sua scelta, rompe gli indugi e il suo accento diviene incisivo e perentorio.

Non ti pare Maddalena?

Link to comment
Share on other sites

Solo due righe per ringraziare Pink per l'esauriente panoramica su "Non piangere Liù".


Dirò che mi hanno colpito soprattutto Corelli per la profondità introspettiva, oltre alla pura vocalità, e la versione in tedesco di Wunderlich, di eleganza e pulizia senza pari.


Molto interessante anche Flaviano Labò, che non conoscevo, col suo fraseggio molto originale, commosso ma senza eccedere.

Link to comment
Share on other sites

Sentite che massacro ragazzi...
>https://www.youtube.com/watch?v=D_Ka81sPK5Q

Questo baritono, Wittel, per trovare dei punti di risonanza che gli permettano di farsi udire ( ma era meglio di no...) paga uno scotto altissimo: timbro sbiadito, rigido e fesso, appoggio diaframmatico assai precario con oscillazione sistematica delle note "lunghe", emissione costantemente aperta,enormi difficoltà a modulare le intensità e a trovare i coloriti vocali. Così attrezzato canta malissimo il recitativo ma riesce nella a quel punto non facile impresa di fare ancor peggio il cantabile. Non siamo ai risultati abissali della coppia americana che cantava il "Va' crudele" dalla Norma anche perchè Zanchetti una parvenza di pronuncia ce l'ha, ma siamo su quella strada lì.

Il brano di Ponchielli non è un capolavoro ma qualche pregio ce l'ha.

Il grande Mario Basiola ( che, tecnicamente, è grosso modo l'opposto di Zanchetti) ce dimostra come questo brano andrebbe cantato:


>https://www.youtube.com/watch?v=HF6EXJQxCqw

Link to comment
Share on other sites

Questo baritono, Wittel, per trovare dei punti di risonanza che gli permettano di farsi udire ( ma era meglio di no...) paga uno scotto altissimo: timbro sbiadito, rigido e fesso, appoggio diaframmatico assai precario con oscillazione sistematica delle note "lunghe", emissione costantemente aperta,enormi difficoltà a modulare le intensità e a trovare i coloriti vocali. Così attrezzato canta malissimo il recitativo ma riesce nella a quel punto non facile impresa di cantare ancor peggio il cantabile. Non siamo ai risultati abissali della coppia americana che cantava il "Va' crudele" dalla Norma anche perchè Zanchetti una parvenza di pronuncia ce l'ha, ma siamo su quella strada lì.

Il brano di Ponchielli non è un capolavoro ma qualche pregio ce l'ha.

Il grande Mario Basiola ( che, tecnicamente, è grosso modo l'opposto di Zanchetti) ce lo dimostra assai bene:


>https://www.youtube.com/watch?v=HF6EXJQxCqw

Per la gioia di Wittel, che ne è un convinto ammiratore, lo stesso brano cantato dal grande Carlo Tagliabue:

>http://www.youtube.com/watch?v=-ihWXRk1azU

Basiola, Wittel, è più nitido mentre Tagliabue ha maggior rotondità e morbidezza ( a 2:27, l'acuto in mezzoforte di " non ha terror" , sospeso, sognante, di timbro paradisiaco, è una delle più belle note mai registrate da un baritono).

Entrambi sono forniti di voci cospicue e di basi tecniche di prim'ordine.

Non te digo altro.

Link to comment
Share on other sites

51L7xxfh8WL.jpg

alla fine mi rimangono impresse solo le straordinarie interpretazioni vocali della Callas e di Corelli, mentre la Ludwig mi lascia un po' indifferente, non mi convince appieno, nonostante, mi sembra banale dirlo, la sua splendente vocalità..

La sua è un' Adalgisa troppo timorosa, troppo paurosa... è vero che è giovane ed inesperta, ma è anche una creatura così piena d' amore! "Passionale" se vogliamo :). Ama le sue divintà, ama Pollione, ama Norma, per tutti sarebbe pronta a tutto! Tutta questa vulnerabilità, questo pot-pourri di emozioni non è abbastanza presente nel canto della Ludwig.. Qui per esempio, nel duetto "Oh, Rimembranza! Ah si, fa core, abbracciami" :

[media]https://www.youtube.com/watch?v=AqDHdAbAGKc

0:58-1:33, "Sola, furtiva, al tempio/ Io l' aspettai sovente/Ed ogni dì più fervida/Crebbe la fiamma ardente." ....intanto "aspettai" con due "t", e poi "fiamma ardente" lo butta proprio via! Insomma, sei una sacerdotessa e stai raccontando ad un' altra sacerdotessa che ti sei innamorata di un uomo! Questo duetto secondo me è fondamentale, è il centro, il cuore di quella meravigliosa creatura che è Adalgisa... la dolcezza non basta, ci vuole più turbamento.. più.. pulsazioni.

Ripeto, chi sono io per giudicare una semidea come Christa Ludwig, ma da un' artista come lei non si può non aspettarsi la perfezione ;)!

Le tue osservazioni, Maddalena, sulla figura di Adalgisa io trovo che siano pertinenti e dimostrano da parte tua capacità di introspezione, sia psicologica che drammatica, del personaggio.

Anche l'individuazione dell'errore di pronuncia ( che è poi anche errore di prosodia...) su "l'aspettai"

la trovo esatta.

Il punto è un altro: tu vorresti Adalgisa con più carattere e anche con più cuore, insomma tu vorresti che la Ludwig la interpretasse "come tu" senti il personaggio.

La Ludwig invece, secondo me, ne sottolinea la condizione emotiva contraddittoria, turbata e confusa, lo stato psicologico arrendevole e impaurito.

Certo, questa prospettiva è meno attraente, in un certo senso "deludente", ma a me sembra, tutto sommato, più realistica.

Link to comment
Share on other sites

Spesso mi dimentico che l' unica cosa che veramente conta nell' Opera è cantare divinamente. E su questo sono certa possiamo essere tutti d' accordo nel dire che Christa Ludwig aveva ben poche rivali!

A riprova di quanto dici, Maddalena, ti propongo l'ascolto della scena della seduzione dal Tannhauser diretto da Karajan nel '63 con una Ludwig in forma smagliante.

Forse nel suo fraseggio non c'è tutta la misteriosa e proterva sensualità che si addicono a Venus, ma la perfezione del canto e le calde vibrazioni del timbro sono , di per sè, affascinanti:

https://www.youtube.com/watch?v=XZb8fU8713s

Per confronto la Venus della Meier, più incisiva della Ludwig come interprete ma inferiore in sede di puro canto:

https://www.youtube.com/watch?v=ufcw8jS3U00

Link to comment
Share on other sites

Il timbro rotondo, caldo e sensuale e la fonazione perfetta di Christa Ludwig, Maddalena, trovano un corrispettivo egregio, ideale, nelle analoghe qualità vocali di Mirella Freni.


Qui nel duetto dei fiori dalla meravigliosa Butterfly DECCA diretta da Karajan nel '74, le due cantanti, colte all'apice della loro parabola,ci lasciano una pagina memorabile di quello chè uno dei più delicati momenti del lirismo pucciniano. L'unisono "a due", a 6:59 ( "Gettiamo a mani piene") è carico di pura suggestione timbrica:




>https://www.youtube.com/watch?v=nrfnUEUa_C4




Notevoli sono anche la Peice e la Horne in questo concerto diretto da Levine. Tuttavia, se le due cantanti americane rivaleggiano in sede tecnica con la Freni e la Ludwig restano loro inferiori per qualità tinbrica:




>https://www.youtube.com/watch?v=ZCXP4jZKUKk




Per finire meritano di essere ascoltate anche la Tebaldi e la Cossotto, magnifiche anch'esse per colore:




>https://www.youtube.com/watch?v=mo3VIBHhZis


Link to comment
Share on other sites

Per mia cultura non sarebbe possibile sfruttare il discorso appunto dei confronti per erudirmi su come il gusto sia cambiato nel corso degli anni. Tipo la medesima aria cantata da Caruso o Gigli e dall' altra parte da Pavarotti o Domingo, e allo stesso modo fare per soprani-baritoni etc. Come forse avete già capito non m' interessa però un confronto che stabilisca chi la esegue meglio ma un confronto che mi spieghi come il gusto dell' epoca possa avere influenzato la esecuzione del pezzo per cui ad esempio con Gigli troveremo leiosità oggi dimenticate ma anche mezze voci oggi dimenticate e così via. Cioè, intendo dire, come la musica leggera anche il modo con cui si canta l' opera è mutato perchè già subito dopo la seconda guerra mondiale non si cantava più come negli anni 20 e 30 anche per una semplice questione di ammodernamento dello stile


Link to comment
Share on other sites

Per mia cultura non sarebbe possibile sfruttare il discorso appunto dei confronti per erudirmi su come il gusto sia cambiato nel corso degli anni. Tipo la medesima aria cantata da Caruso o Gigli e dall' altra parte da Pavarotti o Domingo, e allo stesso modo fare per soprani-baritoni etc. Come forse avete già capito non m' interessa però un confronto che stabilisca chi la esegue meglio ma un confronto che mi spieghi come il gusto dell' epoca possa avere influenzato la esecuzione del pezzo per cui ad esempio con Gigli troveremo leiosità oggi dimenticate ma anche mezze voci oggi dimenticate e così via. Cioè, intendo dire, come la musica leggera anche il modo con cui si canta l' opera è mutato perchè già subito dopo la seconda guerra mondiale non si cantava più come negli anni 20 e 30 anche per una semplice questione di ammodernamento dello stile

Hai mai pensato, Alfio, che le peculiari caratteristiche di "modernità", di "attualità", delle interpretazioni artistiche (non solo nel canto) di ciascuna epoca sono quelle più transitorie ed effimere e sono poi le stesse caratteristiche che verranno criticate e "peseranno" di più nelle epoche successive?

Nella modernità c'è sempre in agguato il rischio della maniera.

Per questo occorre avere dei parametri di giudizio assoluto, indipendenti dal gusto dell'epoca.

Ai loro tempi certe inflessioni o certe marcature d'accento di cantanti famosi come Caruso o Battistini o la Del Monte, solo per fare qualche esempio, erano molto apprezzate, "facevano tendenza". Oggi si sopportano a fatica. Lo stesso discorso vale per Gigli e Schipa

Nel dopoguerra la scansione nervosa e perentoria e le bruniture molto sottolineate di Del Monaco, il canto ruvido anche se immaginoso di Gobbi, così come il metodo spalancato e insinuante di Di Stefano, ma anche il canto spigoloso e disuguale della Callas mandavano in visibilio le tifoserie e generavano una sterminata schiera di epigoni destinati a naufragare nella mediocrità di un'imitazione epidermica.

Più recentemente lo stesso accadde per certo ostentato fraseggio confidenziale e gioviale di Pavarotti o per quello caldo ma generico di Domingo.

Oggi viviamo un'epoca assai modesta oltre che confusa in campo strettamente vocalistico e i cantanti veramente capaci sono pochi, anche perchè nel mondo attuale dell'Opera si tendono a previlegiare doti extracanore come le attitudini sceniche.

Link to comment
Share on other sites

Lascio a te Pinkerton di scegliere con quali altri artisti confrontare il duetto del 1 atto della Manon pucciniana ma se chiaramente nel 1951 Gigli non poteve che essere declinante, ebbene scrivo che aveva ancora buone frecce nel suo arco. Ho scelto volutamente un Gigli a fine carriera.



https://www.youtube.com/watch?v=L0u4v5r4tw8


Link to comment
Share on other sites

Lascio a te Pinkerton di scegliere con quali altri artisti confrontare il duetto del 1 atto della Manon pucciniana ma se chiaramente nel 1951 Gigli non poteve che essere declinante, ebbene scrivo che aveva ancora buone frecce nel suo arco. Ho scelto volutamente un Gigli a fine carriera.

https://www.youtube.com/watch?v=L0u4v5r4tw8

Ottima la tua scelta, Alfio, per dimostrare la differenza fra i valori assoluti di una voce lirica e le sovrapposizioni contingenti del gusto di un'epoca.

Hai scelto benissimo, caro amico! Gigli infatti sarà anche stato vecchio e a fine carriera ma, se si escludono un paio di singhiozzi, qualche puntellatura abusiva e quel brutto colpo di glottide alla fine del "Donna non vidi mai" ( tutti, bada bene, atteggiamenti gratuiti e manierati, evitabilissimi, dipendenti da un gusto di moda negli anni anteguerra che Gigli si tirava dietro), se si escludono questi dettagli dicevo, qui abbiamo ancora uno dei migliori Des Grieux mai registrati: la voce è sempre facile e limpida, insieme intensa e duttile, non c'è una nota che non sia ben dosata e tirata a lucido e certi ripiegamenti lirici, vocalmente, sono una meraviglia.

Nel prossimo post, spero nel pomeriggio, farò qualche confronto.

Link to comment
Share on other sites

Ottima la tua scelta, Alfio, per dimostrare la differenza fra i valori assoluti di una voce lirica e le sovrapposizioni contingenti del gusto di un'epoca.

Hai scelto benissimo, caro amico! Gigli infatti sarà anche stato vecchio e a fine carriera ma, se si escludono un paio di singhiozzi, qualche puntellatura abusiva e quel brutto colpo di glottide alla fine del "Donna non vidi mai" ( tutti, bada bene, atteggiamenti gratuiti e manierati, evitabilissimi, dipendenti da un gusto di moda negli anni anteguerra che Gigli si tirava dietro), se si escludono questi dettagli dicevo, qui abbiamo ancora uno dei migliori Des Grieux mai registrati: la voce è sempre facile e limpida, insieme intensa e duttile, non c'è una nota che non sia ben dosata e tirata a lucido e certi ripiegamenti lirici, vocalmente, sono una meraviglia.

Nel prossimo post, spero nel pomeriggio, farò qualche confronto.

Malgrado l'accento appassionato e la rigogliosa vocalità, in questo live , proprio del '51, il giovane Mario del Monaco risulta inferiore al vecchio Gigli. Il tenore fiorentino è in evidente disagio nel cercare di ammorbidire e modulare la poderosa colonna vocale :

https://www.youtube.com/watch?v=08bLSUd2xPU

Se Del Monaco fatica a ottenere le mezzevoci ma risulta comunque squillante a voce piena, Giuseppe di Stefano è ancor più in difficoltà: risolve le mezzevoci con dei mezzoforte aperti e, a tratti, anche sguaiati e cola a picco

negli acuti ( v. per tutti il forzatissimo La 3 a 2:47 ) che sono ingolatissimi, fibrosi e congestionati:

https://www.youtube.com/watch?v=340DN37SpKk

Tutto sommato, Alfio, meglio dei celeberrimi Del Monaco e Di Stefano, risulta Giacinto Prandelli, apprezzabile per la dizione chiara e la misura del fraseggio:

https://www.youtube.com/watch?v=7_bvC-7vp0U

Link to comment
Share on other sites

La bravura di Gigli nei ripiegamenti lirici m'ha stupito perchè a sessant' anni poteva anche starci che non fosse più in grado di dare certe sfumature al suo canto. Poi, come nel caso di Pavarotti, il bel timbro è ancora sostanzialmente tutto lì, poco intaccato dallo scorrere del tempo e non posso scrivere la stessa cosa del mio beniamino Di Stefano il cui bel timbro, già a cinquant' anni era belle che compromesso e che concordo anche io essere più o meno pessimo nella Manon. Personalmente trovo anche la Callas in scarsa forma vocale in quella registrazione. Trattandosi della Callas ci sono passaggi geniali ma in alcuni momenti traballa molto


Link to comment
Share on other sites

La bravura di Gigli nei ripiegamenti lirici m'ha stupito perchè a sessant' anni poteva anche starci che non fosse più in grado di dare certe sfumature al suo canto. Poi, come nel caso di Pavarotti, il bel timbro è ancora sostanzialmente tutto lì, poco intaccato dallo scorrere del tempo e non posso scrivere la stessa cosa del mio beniamino Di Stefano il cui bel timbro, già a cinquant' anni era belle che compromesso e che concordo anche io essere più o meno pessimo nella Manon. Personalmente trovo anche la Callas in scarsa forma vocale in quella registrazione. Trattandosi della Callas ci sono passaggi geniali ma in alcuni momenti traballa molto

Sono tutte esatte, Alfio, le tue osservazioni. I buoni risultati anche in tarda età, di Gigli derivano tutti dalla corretta impostazione tecnica della voce esattamente come per Di Stefano la tecnica lacunosa( ma non solo) fu la causa determinante del suo precoce declino.

Per la Callas il discorso è più complesso: la Divina infatti aveva elaborato una tecnica di canto di alto livello ma la scelta iniziale di ampliare l'estensione ben oltre i confini naturali della sua voce (quattro ottave di estensione per una soprano per natura "corta" sono decisamente troppe) e anche la riproposta di un modulo di canto ibrido e gravoso come il "soprano drammatico di agilità", furono i fattori principali che ne causarono il precoce e inevitabile declino.

Tutti i discorsi, Alfio, relativi alle sue vicende personali come causa principale della sua breve carriera sono solo sciocche e ignobili chiacchere fatte da gente grossolana e ignorante di vocalità.

Link to comment
Share on other sites

Roberto, Dimitri e la bionda Inva, o Principe, provano Otello con residue e modestissime attitudini vocal-interpretative e risultati dopolavoristici.

Ai tre rinomati cantatori rivolgo questo quesito: che vi ha fatto di male Pepìn Verdi da Busseto buonanima per trattarlo in questo modo?

Link to comment
Share on other sites

Roberto, Dimitri e la bionda Inva, o Principe, provano Otello con residue e modestissime attitudini vocal-interpretative e risultati dopolavoristici.

Ai tre rinomati cantatori rivolgo questo quesito: che vi ha fatto di male Pepìn Verdi da Busseto buonanima per trattarlo in questo modo?

Esattamente sessant'anni fa l'Otello si cantava così. Il trio dei dopolavoristi dovrebbe ascoltare attentamente questo video RAI in bianco e nero.

>https://www.youtube.com/watch?v=cKXdiCHyFII

Link to comment
Share on other sites

Join the conversation

You can post now and register later. If you have an account, sign in now to post with your account.

Guest
Reply to this topic...

×   Pasted as rich text.   Paste as plain text instead

  Only 75 emoji are allowed.

×   Your link has been automatically embedded.   Display as a link instead

×   Your previous content has been restored.   Clear editor

×   You cannot paste images directly. Upload or insert images from URL.

  • Recently Browsing   0 members

    • No registered users viewing this page.

×
×
  • Create New...

Important Information

Questo sito o gli strumenti di terzi, usano cookie necessari al funzionamento. Accettando acconsenti al loro utilizzo - Privacy Policy