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Giacomo Puccini (1858-1924)


Guest Norbe

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secondo me è uno dei più grandi operisti di sempre. Aveva forse più di ogni altro il dono della melodia: alcuni suoi temi hanno il potere di incantare chiunque, in ogni angolo del pianeta. Subì fortemente l'influsso di wagner, tuttavia non ne fu uno sterile seguace ma riuscì a farlo rientrare nella tradizione italiana. Le sue opere sono l'estremo tentativo(quasi sempre riuscito) di far coesistere in un' unica opera la forma aperta con l'aria solistica. La sua produzione è basata sulla qualità piuttosto che sulla quantità: le sue opere sono quasi tutte delle macchine perfette, "funzionano" come dei film ben montati, e la musica, spesso plasmata sulla base di due o tre temi portanti, è sempre al servizio del dramma e mai protagonista esuberante. Proprio l'economia del materiale musicale fa storcere il naso a qualche wagneriano, ma io credo che l'arte wagneriana esuli un pò troppo dal concetto di melodramma puro per essere paragonato a puccini: il tedesco ci offre delle opere straordinarie, meravigliose, trabbocanti di musica, ma oggettivamente non proprio scorrevoli(non era il suo proposito la velocità drammatica).

Per criticare Puccini §( e gli operisti in generale) bisogna prima rendersi conto del mondo in cui operavano, delle esigenze del publblico e dei fattori sociali, dico questo perchè troppo spesso gente abituata a sentire solo beerthoven, mozart schubrt,bach etc all'ascolto dei vari verdi,donizzetti,bellini, puccini crede di ascoltare musicaccia superficiale e quasi si compiace di criticarli: l'opera non è la sinfonia o il concerto, ed ha altri canoni ed altre regole, e non ha niente da invidiare alla "musica pura", anzi artisticamente si puiò dire che sia più completa.

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secondo me è uno dei più grandi operisti di sempre. Aveva forse più di ogni altro il dono della melodia: alcuni suoi temi hanno il potere di incantare chiunque, in ogni angolo del pianeta. Subì fortemente l'influsso di wagner, tuttavia non ne fu uno sterile seguace ma riuscì a farlo rientrare nella tradizione italiana. Le sue opere sono l'estremo tentativo(quasi sempre riuscito) di far coesistere in un' unica opera la forma aperta con l'aria solistica. La sua produzione è basata sulla qualità piuttosto che sulla quantità: le sue opere sono quasi tutte delle macchine perfette, "funzionano" come dei film ben montati, e la musica, spesso plasmata sulla base di due o tre temi portanti, è sempre al servizio del dramma e mai protagonista esuberante. Proprio l'economia del materiale musicale fa storcere il naso a qualche wagneriano, ma io credo che l'arte wagneriana esuli un pò troppo dal concetto di melodramma puro per essere paragonato a puccini: il tedesco ci offre delle opere straordinarie, meravigliose, trabbocanti di musica, ma oggettivamente non proprio scorrevoli(non era il suo proposito la velocità drammatica).

Per criticare Puccini §( e gli operisti in generale) bisogna prima rendersi conto del mondo in cui operavano, delle esigenze del publblico e dei fattori sociali, dico questo perchè troppo spesso gente abituata a sentire solo beerthoven, mozart schubrt,bach etc all'ascolto dei vari verdi,donizzetti,bellini, puccini crede di ascoltare musicaccia superficiale e quasi si compiace di criticarli: l'opera non è la sinfonia o il concerto, ed ha altri canoni ed altre regole, e non ha niente da invidiare alla "musica pura", anzi artisticamente si puiò dire che sia più completa.

:give_rose:Ti voglio beneeeee!!!!! :clapping:

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Puccini era maestro nel creare atmosfere psicologiche. Per far ciò sfoggiava una raffinatissima capacità di orchestrare

ma il suo nucleo, il suo filo conduttore era sempre la melodia. In essa si annidava il sentimento o meglio la sua enfasi.

E' stato detto che la sua musica gira a vuoto: é vero, Puccini non scrive musica per far buona o ottima musica ma solo per avere un codice espressivo , un volano amplificatore, un lievito delle sensazioni interiori.Prese da Wagner tutto quanto gli occorreva ma la grandiosità, la monumentalità e anche certo gigionismo di fondo del tedesco gli erano estranei. La musica di Puccini è subentrante, reiterativa, allusiva e illusoria nella sua irrisolutezza: la sua forza sta in un arioso fortemente melodico che contiene il senso. Qualcuno ha detto languore,sentimentalità , autocompiacimento

fino al cattivo gusto. Questione di prospettive.

Ebbe certo un grande istinto teatrale e i suoi lavori corrono bene ,coinvolgono e strappano l'applauso e la lacrima.

Ma ripeto ,per me la sua grandezza sta nella capacità di rappresentazione, di descrizione introspettiva.

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Puccini è l'operista italiano che più apprezzo (dopo l'ultimo Verdi). Fin dal primo ascolto (la Tosca di Karajan a 15 anni) ho ammirato nelle sue opere, il suo straordinario "fiuto drammatico" che sapeva usare con rara maestria; la sua anima latina, sensuale, appassionata; il denso tessuto orchestrale carico di cromatismi e melanconia; l'uso sapiente della voce, utilizzata in tutte le sue articolazioni (dal recitativo, all'urlo, al singhiozzo...);il suo perfetto senso dell'esposizione e dello svolgimento degli eventi. L'opera che più mi piace di Puccini è Tosca, anche perchè ambientata in luoghi di Roma a me molto cari (Castel Sant'Angelo, Sant'Andrea della Valle, Palazzo Farnese). Poi Madame Butterfly, Boheme e Manon. Non ho mai ascoltato le opere giovanili come Edgar o Le Villi o le ultime come il Trittico e la Rondine.

Un pò di discografia pucciniana:

TOSCA

306277_CD_L_F.jpg

Segnalo anche le edizioni storiche di De Sabata (Emi con Callas/Di Stefano), Leinsdorf (RCA con Milanov/Bjoerling) e quelle anni 70 di Colin Davis (Philips con Carreras/Caballè) e Mehta (RCA con Price/Domingo). La diresse anche Sinopoli nel 1990 (DG con Freni/Domingo).

MADAME BUTTERLY

63448.jpg

Ottime edizioni sono anche quelle dirette da Barbirolli (Emi con Scotto/Bergonzi) e Sinopoli (DG con Freni/Carreras)

BOHEME

Boheme.jpg

Ottima anche quella di Beecham (Emi con Bjoerling/de Los Angeles). Molto interessanti due edizioni di direttori poco pucciniani come Solti (RCA con Domingo/Caballè) e Bernstein (DG con Reaux/Hadley).

MANON LESCAUT

4776354.jpg

TURANDOT

Puccini_Turandot_82876826242.jpg

Edizioni valide anche quelle di Molinari-Pradelli (Emi con Nilsson/Corelli) e Mehta (Decca con Caballè/Pavarotti)

LA FANCIULLA DEL WEST

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Per altre opere che non ho ascoltato (come il Trittico), è gradito qualche consiglio discografico... :D

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Un'integrazione ai consigli discografici:

TRITTICO: Decca 1991 (Freni,Pons,Giacomini) dir. Bartoletti

TURANDOT: Decca 1973 ( Pavarotti,Sutherland,Caballé,Ghiaurov) dir. Metha

Ma sopratutto la leggendaria edizione live di Fanciulla del West del Maggio Musicale Fiorentino del 1953, con Mario del Monaco, Eleanor Steber e G.Giacomo Guelfi in cui Dimitri Mitropoulos ricavò dalla difficile partitura effetti di straordinaria suggestione:

un suono orchestrale morbido e intensissimo, una dinamica prorompente ma sfumata , un abbandono totale, sanguigno

al flusso melodico.

Tutto ciò avendo a disposizione tre interpreti generosi e ispirati, colti al meglio della loro parabola vocale.

Io posseggo la prima edizione in vinile ( Cetra 1977) ma so che la Myto qualche anno fa ne ha pubblicato un'edizione in CD.

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L'altra settimana ho sentito la Manon trasmessa a Radiotre dal ''Carlo Felice'' di Genova e mi ha suscitato impressioni più che positive, pur essendo stato il mio un ascolto discontinuo (anzi diciamo pure distratto!)

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Premetto che la musica di Puccini è in genere abbastante distante dalla mia sensibilità (sempre che ne possegga una). L'aspetto che normalmente meno mi interessa in Puccini è proprio la dimensione psicologica dei personaggi (con eccezioni, ovvio), o almeno la trovo una componente importante nel definire l'arte del compositore ma non l' aspetto più rilevante della sua opera, in confronto, ad esempio, con i personaggi verdiani (tanto per rispolverare un trito luogo comune :-) ).

Le eroine pucciniane sono personaggi perduti quanto basta per essere puniti dal fato ma anche personalità in genere affette da una marcata forma di infantilismo: basti pensare al linguaggio che gli viene messo in bocca. Parimenti, gli eroi maschili (che molto spesso in Puccini fanno una assai grama figura) esibiscono un maschile debole e represso.

Le eccezioni, come detto, ovviamente ci sono: Scarpia e Tosca, ad esempio, sono personaggi dal profilo netto e potente, va detto però che "Tosca" si può considerare un'opera anomala nella drammaturgia pucciniana e si potrebbe parlare a lungo anche solo di queste due "maschere".

Dove trovo enorme Puccini è nella capacità di portare sul palcoscenico l'orchestra. Il suono orchestrale non ha quasi mai la funzione di commento, riflessione o rinforzo di quello che succede sul palcoscenico (come mirabilmente succede, ad esempio, nel gigantesco "Falstaff", ove non c'è una parola che non trovi il baluginio di un riflesso in buca) ma è spesso IL personaggio principale del dramma pucciniano, nel senso che la sua "presenza" ha il potere di aggiungere il "non detto" che dispiega il significato autentico della scena. Per fare qualche banale esempio si pensi all'inizio della "Madama Butterfly", col drammatico fugato che introduce e contrappunta il dramma celato dalla futile chiacchera di Goro e Pinkerton, o l'inizio astrattamente drammatico del secondo atto di "Manon Lescaut" (sopra citata) che palesa la "paranoia" della protagonista, impegnata in una signorile quanto frivola toeletta. I personaggi pucciniani sono funzionali a questa rappresentazione drammatica del suono orchestrale: Puccini ha bisogno di figure semplici ed immediate che da un lato facilitino la coesione e il mimetismo emotivo della massa del pubblico borghese, dall'altro lascino spazio alla teatralità del suono. L'implacabile macchina da pianto costituita dall'ultima scena di "Boheme" non potrebbe funzionare senza la presenza spettrale e disperante dei tempi felici evocati dai "temi" scarificati del primo atto echeggianti in buca, e "Boheme" non è neanche l'opera dove questo meccanismo sia più raffinato: ma *funziona*, eccome se funziona, nonostante e in ragione della "banalità" delle parole degli eroi protagonisti.

In definitiva è proprio questa implacabilità dei meccanismi emotivi, attivati dai mezzi musicali almeno quanto teatrali impiegati da Puccini, che costituisce il motivo del senso di fastidio che spesso mi prende all'ascolto delle sue opere: questa chimica inesorabile che assale quasi suo malgrado l'ascoltatore.

In fondo......., mi sento "usato" :-) .

besugo

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In definitiva è proprio questa implacabilità dei meccanismi emotivi, attivati dai mezzi musicali almeno quanto teatrali impiegati da Puccini, che costituisce il motivo del senso di fastidio che spesso mi prende all'ascolto delle sue opere: questa chimica inesorabile che assale quasi suo malgrado l'ascoltatore.

In fondo......., mi sento "usato" :-)

quoto, straquoto, hai proprio ragione. Anche io ho avuto sempre questa sensazione "spiacevole". Motivo per cui con Puccini ho uno strano rapporto di rispetto senza alcun amore.

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Ho sentito un paio di volte la Bohème e non mi è piaciuta: bellissima orchestrazione, ma mi pare che la musica giri a vuoto, senza portare a nulla. Degli estratti di Tosca che ho sentito una volta mi son piaciuti di più.

:thumbsdown_anim:

de gustibus...

Però secondo me Bohème è l'opera più bella in assoluto...

(almeno in questo momento della mia breve esistenza -_-)

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Premetto che la musica di Puccini è in genere abbastante distante dalla mia sensibilità (sempre che ne possegga una). L'aspetto che normalmente meno mi interessa in Puccini è proprio la dimensione psicologica dei personaggi (con eccezioni, ovvio), o almeno la trovo una componente importante nel definire l'arte del compositore ma non l' aspetto più rilevante della sua opera, in confronto, ad esempio, con i personaggi verdiani (tanto per rispolverare un trito luogo comune :-) ).

Le eroine pucciniane sono personaggi perduti quanto basta per essere puniti dal fato ma anche personalità in genere affette da una marcata forma di infantilismo: basti pensare al linguaggio che gli viene messo in bocca. Parimenti, gli eroi maschili (che molto spesso in Puccini fanno una assai grama figura) esibiscono un maschile debole e represso.

Le eccezioni, come detto, ovviamente ci sono: Scarpia e Tosca, ad esempio, sono personaggi dal profilo netto e potente, va detto però che "Tosca" si può considerare un'opera anomala nella drammaturgia pucciniana e si potrebbe parlare a lungo anche solo di queste due "maschere".

Dove trovo enorme Puccini è nella capacità di portare sul palcoscenico l'orchestra. Il suono orchestrale non ha quasi mai la funzione di commento, riflessione o rinforzo di quello che succede sul palcoscenico (come mirabilmente succede, ad esempio, nel gigantesco "Falstaff", ove non c'è una parola che non trovi il baluginio di un riflesso in buca) ma è spesso IL personaggio principale del dramma pucciniano, nel senso che la sua "presenza" ha il potere di aggiungere il "non detto" che dispiega il significato autentico della scena. Per fare qualche banale esempio si pensi all'inizio della "Madama Butterfly", col drammatico fugato che introduce e contrappunta il dramma celato dalla futile chiacchera di Goro e Pinkerton, o l'inizio astrattamente drammatico del secondo atto di "Manon Lescaut" (sopra citata) che palesa la "paranoia" della protagonista, impegnata in una signorile quanto frivola toeletta. I personaggi pucciniani sono funzionali a questa rappresentazione drammatica del suono orchestrale: Puccini ha bisogno di figure semplici ed immediate che da un lato facilitino la coesione e il mimetismo emotivo della massa del pubblico borghese, dall'altro lascino spazio alla teatralità del suono. L'implacabile macchina da pianto costituita dall'ultima scena di "Boheme" non potrebbe funzionare senza la presenza spettrale e disperante dei tempi felici evocati dai "temi" scarificati del primo atto echeggianti in buca, e "Boheme" non è neanche l'opera dove questo meccanismo sia più raffinato: ma *funziona*, eccome se funziona, nonostante e in ragione della "banalità" delle parole degli eroi protagonisti.

In definitiva è proprio questa implacabilità dei meccanismi emotivi, attivati dai mezzi musicali almeno quanto teatrali impiegati da Puccini, che costituisce il motivo del senso di fastidio che spesso mi prende all'ascolto delle sue opere: questa chimica inesorabile che assale quasi suo malgrado l'ascoltatore.

In fondo......., mi sento "usato" :-) .

besugo

Quando io parlavo di "atmosfere psicologiche" in Puccini non intendevo riferirmi alla psicologia dei personaggi nè tantomeno alla loro personalità o consistenza : i personaggi, la trama, l'impianto teatral-narrativo, le trappole emotivo-sentimentali, riusciti che siano e di quale grana siano, sono comunque aspetti secondari o tuttalpiù strumentali. Quello che batte nella musica del maestro lucchese è un cuore in disagio che trova nella sensualità il suo rifugio e la sua ossessione. Cerchiamo di capirci: la musica di Puccini,che sembra fatta apposta per captare i consensi del pubblico,

in realtà è una questione intima, privata fra il compositore stesso e le sue nevrosi. Un'orchestrazione costellata di timbri ed echi inquetanti e una vocalità estroversa e sensuale intridono i suoi lavori e li animano. Tutto il resto è ottimo mestiere per fare cassetta, ma in realtà, come è stato osservato, talora è evanescente,tal'altra banale o poco attendibile ( Chi mangerebbe all'aperto a Parigi, la vigilia di Natale?) L'unica opera pucciniana

credibile,pur nella frammentareità del suo impianto,è proprio Manon Lescaut dove la tragedia precipita inesorabile senza fare sconti nè a roventi passioni nè a languidi sentimentalismi. E' lo scontro tra la giovinezza e il destino,senza mediazioni. Un capolavoro assoluto.

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Quando io parlavo di "atmosfere psicologiche" in Puccini non intendevo riferirmi alla psicologia dei personaggi nè tantomeno alla loro personalità o consistenza : i personaggi, la trama, l'impianto teatral-narrativo, le trappole emotivo-sentimentali, riusciti che siano e di quale grana siano, sono comunque aspetti secondari o tuttalpiù strumentali. Quello che batte nella musica del maestro lucchese è un cuore in disagio che trova nella sensualità il suo rifugio e la sua ossessione. Cerchiamo di capirci: la musica di Puccini,che sembra fatta apposta per captare i consensi del pubblico,

in realtà è una questione intima, privata fra il compositore stesso e le sue nevrosi. Un'orchestrazione costellata di timbri ed echi inquetanti e una vocalità estroversa e sensuale intridono i suoi lavori e li animano. Tutto il resto è ottimo mestiere per fare cassetta, ma in realtà, come è stato osservato, talora è evanescente,tal'altra banale o poco attendibile ( Chi mangerebbe all'aperto a Parigi, la vigilia di Natale?) L'unica opera pucciniana

credibile,pur nella frammentareità del suo impianto,è proprio Manon Lescaut dove la tragedia precipita inesorabile senza fare sconti nè a roventi passioni nè a languidi sentimentalismi. E' lo scontro tra la giovinezza e il destino,senza mediazioni. Un capolavoro assoluto.

Credo non si possa nell'arte in Puccini, così come in quella di altri grandi operisti, distinguere tra una parte secondaria (di mestiere) ed una principale, autentica. La consapevolezza che il Nostro aveva della potenza dei suoi mezzi drammatici sulla sensibilità del pubblico non esclude, o non si distingue, dalle motivazioni interiori che lo animavano. Per conto mio ritengo, come ho già detto, che la drammaturgia teatrale pucciniana sia assolutamente funzionale alla sua sensibilità musicale (non parliamo della "verosimiglianza" teatrale, categoria che se presa in seria considerazione invaliderebbe le trame della maggior parte delle vicende narrate sotto forma di opera lirica e che, secondo me, costituisce un elemento assolutamente secondario rispetto ai pregi che un buon libretto deve avere).

I personaggi pucciniani vivono una sensualità il più delle volte repressa, dalle proprie personali nevrosi quanto dagli eventi che nell'opera impediscono sempre il godimento delle proprie pulsioni. La passione dei personaggi maschili (che sotto le "abili" mani di molti direttori si tramuta in foia) si infrange spesso contro la minorità passionale delle eroine, sempre bambine (di età, ma più spesso di temperamento), incapaci di corrispondere con egual passione gli amanti. La sensualità pervade il dramma pucciniano come un fantasma evocato dai suoni. Appare in virtù e attraverso l'incapacità dei personaggi di vivere le proprie passioni e in questo senso si rende in qualche modo indipendente da loro. Certo, le convenzioni sociali dell'epoca sono state, probabilmente, estremamente condizionanti, ma un grande artista non subisce ma integra il mondo e la socità che lo circonda nella propria arte: dire che Puccini rispettasse l'immagine dell'eroina che la società dell'epoca prediligeva non banalizza e impoverisce la sua capacità di integrarla nel proprio vissuto emotivo.

Le eccezioni ci sono, ovviamente, più d'una e potenti: Tosca, ad esempio (mi scuso se torno sempre qui, ma "Tosca" è decisamente l'opera pucciniana mia preferita). Floria Tosca è un esempio di personaggio femminile "adulto": il legame con Mario Cavaradossi è autenticamente sensuale e l'appuntamento serale che i due amanti attendono è dichiaratamente passionale. Pure, in quest'opera, il personagio femminile è sottoposto ad una sorta di edulcorazione morale: ad esempio, Floria è "donna" nel senso più completo ma è soprattutto "così pia", come ricorda Mario, è cantante (categoria comunque eccepibile sotto il profilo etico) ma se canta sulla scena è per eseguire musica sacra. Inoltre in "Tosca" giganteggia il personaggio negativo, Scarpia, che assume il fato nelle sue mani e diventa oggetto sacrificale al posto dell'eroina (la morte di Mario è sacrificio in seconda) e la musica (stupenda) per una volta si fa meno evocativa e più contingente, meno "fantasmatica", insomma (se si eccettua la celebre scena dei candelieri). Su Manon non sono molto d'accordo. In "Manon Lescaut" trovo che l'eroina corrisponda in pieno ai canoni pucciniani, almeno come appare sulla scena del Maestro. La narrazione dell'abate Prévost viene impietosamente concentrata in quattro quadri assai slegati, che depurano accuratamente il racconto dalle vicende più "crude", a costo di rendere la vicenda lacunosa e poco comprensibile (la marcia sulla "strada polverosa" dell'ultimo atto sarebbe comprensibile solo alla luce dell'ultimo tradimento di Manon, ma la carriera libertina dell'eroina deve finire col "sarò fedele e buona" del secondo atto). Quando De Grieux la trova in casa di Geronte esplode in una passione palese e incontenibile dinnanzi alla quale Manon non riesce che a bamboleggiare infantilmente (non mi ami più? non sono più bella come una volta?, eppure De Grieux ha il testosterone che gli esce dalle unghie dei piedi :rolleyes_anim: ). Ma la Musica, in "Manon Lescaut", è quanto di più sensuale si possa immaginare, l'amore che Manon non riesce quasi a declinare è sempre presente grazie alla potenza del "fantasma" orchestrale pucciniano e in virtù delle repressioni dei personaggi, che evocandolo lo rendono possibile.

scuate la lungaggine

besugo

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Personalmente trovo molto interessanti i due dettagliati interventi di "besugo" da Genova. C'è forse un po' troppa psicanalisi (vedi M. Carner) ma anche la dimostrazione di intendere e di "sentire" Puccini ben oltre il luogo comune del melodista cinico e opportunista( vedi F.Torrefranca e altri)

Riguardo alle sue "eroine" mi viene in mente una frase di Renata Tebaldi in un'intervista radiofonica degli anni ottanta. La grande soprano disse di preferire Puccini perchè " nessuno come lui ha dimostrato di capire a fondo l'animo e la psicologia delle donne". Io,essendo un uomo, ho capito e non capito il senso delle sue parole ma sicuramente qualcosa lei, essendo donna (e che donna!), avrà voluto dire....

Riguardo a Manon ,è vero che in scena i due giovani amanti non fanno mai l'amore( allora non si usava,sul palcoscenico) e che nel secondo atto lei è un po' ritrosetta ma teniamo conto che: nel primo atto eravamo al corteggiamento; nel secondo viene colta di sorpresa in una situazione indifendibile (ma Des Grieuxnon si formalizzerà); nel terzo ha ben altro da pensare perchè la stanno deportando con le manette ai polsi; nel quarto infine sta morendo e le resta il fiato per dire " ma l'amor mio non muor". Siccome il libretto pucciniano ( figlio di molti padri) è frammentario, nulla ci vieta di ipotizzare una rovente passione fra i due innamorati negli atti mancanti e non mi pare che Puccini voglia suggerirci il contrario. Ma se proprio vogliamo citare io ricorderei la bellissima frase tenorile del primo atto : " Nelle pupille fulgide e profonde sfavilla il desiderio dell'amor ! Amor ora vi parla..." Ascoltiamo la musica con cui il Maestro esprime quel verso: là c'è più che sensualità. C'è desiderio. C'è erotismo.

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Era in tinta dai... Il problema è che non era una cuffietta -_-

Ragazzi,un po' di ordine. ERA UNA CUFFIETTA,ma ROSA e non grigia ( " una cuffietta a pizzi tutta rosa e ricamata, coi miei capelli bruni ben si fonde"

atto II; e poi " La mia cuffietta, la mia cuffietta!" atto IV). Il MANICOTTO arriva alla fine e costa la zimarra a Colline (piaciuta la rima?).

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  • 1 month later...

Un aneddoto ricorda un periodo di tensione in cui Puccini inviò un panettone per Natale al direttore e subito dopo, ricordatosi che era un periodo in cui non si parlavano, inviò un telegramma

"Panettone mandato per errore. Puccini"

cui Toscanini rispose

"Panettone mangiato per errore. Toscanini".

Forse qualcuno l'aveva già scritto... :laughingsmiley:

Comunque ho ascoltato il Trittico:

:girl_hospital:

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Ragazzi,un po' di ordine. ERA UNA CUFFIETTA,ma ROSA e non grigia ( " una cuffietta a pizzi tutta rosa e ricamata, coi miei capelli bruni ben si fonde"

atto II; e poi " La mia cuffietta, la mia cuffietta!" atto IV). Il MANICOTTO arriva alla fine e costa la zimarra a Colline (piaciuta la rima?).

"da tanto tempo tal cuffietta è cosa desiata, ed egli ha letto quel che il cuore asconde"

Sì sì conosco l'opera.

Parlavamo dell'allestimento di Stefanutti in cui la cuffietta rosa è un CAPPELLINO GRIGIO.

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