Io, invece sono andato a sentirlo, Andras Schiff. Dopo essere entrato, ho occupato un posto in prima fila sperando che non arrivasse un abbonato a farmi alzare... Alle 21, 10 entra Shiff sorridendo. Niente in lui delle nevrosi che attanagliano la maggior parte dei pianisti. Le luci restano accese. Fa sfavillare per un attimo gli occhi azzurrissimi e saluta con un inchino la sala strapiena. Pochi secondi per sistemarsi e attacca. Le note si srotolano con grande facilità. Il suo modo di interpretare Beethoven è certo interessante. L'aderenza e la riflessione sulle partiture risultano evidenti. Il suono è bello. Infastidisce forse un poco la gestualità esagerata con cui termina i pezzi, quasi a richiedere un applauso fragoroso. Ma la sua interpretazione non ha nulla di retorico. Allora? Sono uscito senza un opinione precisa sul valore del pianista. Encomiabile l'operazione, certo, anche a livello culturale. Una cosa è sentire le sonate di Beethoven cronologicamente, un'altra ascoltarle incastrate tra un pezzo di Bach e uno di Chopin come spesso accade. Perché allora tutto questo mi lascia freddino? Ammirato ma freddino? Forse che il suo Beethoven suoni un po' prevedibile? Manchi del coraggio di chi suona fortissimo anche quando l'autore ha indicato mezzoforte (o meglio, di chi riesce a intendere un fortissimo nel mezzoforte indicato in partitura?)???