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Majaniello

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I successi di Majaniello

Lunare

Lunare (11/21)

  1. Il problema è che Albinoni, come altri, è ancora molto sottovalutato a livello discografico. Io sono fermo al ciclo, pure parziale, delle opere orchestrali del Collegium Musicum 90 su Chandos (anni '90 appunto), apprezzabile perchè hip ma non ideale. Le alternative su Naxos o Brilliant non sono migliori. Pochi grandi ensamble dell'era informata si sono dedicati alla sua musica. Se dovessi scegliere un disco/selezione ideale (quindi esecuzione al top) direi questo: PS: Il Nascimento dell'Aurora è un lavoro importante e davvero molto bello, da conoscere. Nell'edizione Scimone canta la Anderson.
  2. Quanta vita qui, ultimamente... anyway: Franco Mannino, Sinfonia n.7 op.319, per archi e percussioni. (Andante moderato - Adagio - Allegro brillante - Allegro misurato) Orchestra Sinfonica della Rai di Roma - Franco Mannino, direttore. (registrazione degli anni '90) segue un video: Martha Argerich performs Chopin: Piano Concerto No. 1 in E minor, with Franco Mannino and the ORTF Philharmonic Orchestra. Paris, 01/02/1970.
  3. Cavolo non conosco neanche questa sarà perchè la Manon è un'opera di Puccini che mi piace meno di altre, conosco solo Serafin, Sinopoli e un paio di video. Ti credo sulla fiducia, anche perchè sulla carta è un'edizione di gran lusso, Bartoletti è stato un grande pucciniano (credo anche per merito della sua familiarità col '900 storico europeo, anche se io lo conosco solo nel repertorio italiano) e la Caballé aveva quel fare spontaneamente svenevole ed edonista che nei primi atti può ben funzionare.
  4. Sergei Prokofiev – Piano Concerto No.4 Opus 53 "for the left hand" (22') From the Mariinsky Concert Hall, Saint Petersburg, on 26 April 2012 Alexei Volodin - piano Symphony Orchestra of the Mariinsky Theatre, St Petersburg Valery Gergiev - musical director Il 4 concerto di Prokofiev è davvero un gioiello che meriterebbe la stessa, per non dire maggiore, visibilità del 2 o del 3. Mentre in questi ultimi ruffianate e retaggi tardoromantici, seppur inseriti in un contesto modernista, si fanno ancora ben sentire (e, diciamo la verità, sono in repertorio proprio perchè la "racchiata" è appena dietro l'angolo), qui la scrittura si fa davvero tersa in senso neoclassico, la durata si accorcia ma la sostanza, in termini di idee, aumenta. Pare di ascoltare un concerto mozartiano rivissuto attraverso Stravinsky, da un lato piuttosto difficile nella sua evoluzione (e quindi, credo, nella sua esecuzione), dall'altro poco incline al fuoco d'artificio, con concessioni davvero minime al virtuosismo fine a sè stesso. Anche il solito trucco della mano sinistra che simula le due mani - da cui una parte dello sbalordimento - è messo da parte: qui Prokofiev è come se scrivesse per uno strumento a fiato, tante linee, zero risonanze. Unica concessione vagamente sentimentalistica, l'accorato secondo movimento, il cui slancio lirico degli archi pieni è comunque ben controbilanciato dalle continue contorsioni dell'armonia.
  5. L'Arlesiana mi è proprio ignota! sarà che Adriana l'hanno cantata molte grandi dive, quindi si conosce per forza. La musica da camera di Cilea è notevole, c'è qualche assaggio su Wellesz.
  6. Nel video ad un certo punto mostrano l'esecuzione di un grande lavoro corale di Egk, non ricordo se diretto dall'autore. Sicuramente diretto dall'autore il bel frammento video di Pavel Haas a capo di un'orchestra d'archi, tratto da un filmato della propaganda nazista che cercava di convincere l'opinione pubblica di quanto fossero ben trattati gli ebrei nel "ghetto". Di sfuggita, appare anche Strauss in un paio di circostanze, in una dirige un pezzo celebrativo a beneficio dei nazisti. Il documentario tuttavia si concentra su due racconti, quello del controverso rapporto tra Furtwaengler e il Reich, e quello di una violoncellista deportata. Da un lato si racconta della surreale "vita musicale" nei campi di concentramento, dall'altra dell'altrettanto surreale rapporto tra Furt e Goebbels. Per quanto l'accostamento tra le due figure porti lo spettatore a stare dalla parte dei deportati, la storia di Furt è trattata con un certo equilibrio. Vengono ascoltati infatti entrambi i punti di vista, di chi sostiene che si sia piegato volontariamente e per personale convenienza a diventare non un direttore di regime ma IL direttore di regime (preferito dai gerarchi e dallo stesso Hitler), e chi invece ne rivendica la libertà artistica e gli esiti altissimi (a difesa di Furtone ci sono Barenboim e un Thielemann con gli occhi a cuoricino). Anche il noto aneddoto della difesa di Hindemith è correttamente riportato, benchè si osserva che fu il primo e ultimo atto di Furt contro il nazismo, dal quale non sarà più capace di dissociarsi (arriverà ad accettare, sotto minaccia presumo, di dirigere la Nona di Beethoven nel giorno del compleanno di Hitler, che si andrà a congratulare con lui dietro le quinte). Le immagini di repertorio, ben restaurate e "colorizzate" a dovere, fanno rivivere in maniera vivida il racconto. Un certo spazio è dedicato alla figura di Wagner. Quella che emerge è molto più che una strumentalizzazione: si fa notare come sia Hitler a ispirarsi (anche) al Wagner saggista e "intellettuale", antisemita ante-litteram; si fa notare come lo stesso Hitler intrattenesse rapporti più che cordiali (si direbbe di intima amicizia) con i discendenti Wagner, e di come questi fossero non solo ben consci ma direi entusiasti del binomio Wagner-nazi. Probabilmente la scarsità di "nomi nuovi" tra le file dei musicisti a servizio del regime era dovuta all'ingombrante presenza della musica di Wagner, prima di tutto, e dei compositori a lui (più o meno a torto) associati, come Beethoven e Bruckner.
  7. Io leggo sempre! non ho commentato perchè sei andato un po' troppo indietro nel tempo, non conosco incisioni così vecchie Questa è interessante, mai sentito nominare questo direttore. Dirò (ma l'avevo già detto in altre occasioni) che la Manon Lescaut EMI mi è sempre parsa poco riuscita (al netto di considerazioni tipo "avercene oggi cast così" ecc), sono tutti un po' fuori parte per ragioni diverse. Il binomio Giovane Scuola-Serafin è problematico, l'idea che negli anni mi sono fatto è che gli vengano bene i grandi tableaux (Boheme, Turandot) e meno bene le passioni violente (Manon, Tosca), del resto anche nel dittico Cavalleria-Pagliacci mi piace di più la seconda, più legata a certe sofisticherie da opera tardoromantica che al crudo verismo nel quale aspirerebbe a collocarsi. Anche la Callas, benchè canti ancora come la vergine Maria, non mi ha mai trasmesso quei lati contradditori che leggo io nel personaggio (al netto di un ultimo atto davvero grandioso).
  8. chissà che centra il minuetto di Boccherini in coda al disco! °°°°
  9. Ad esempio il nostro amico: https://www.connessiallopera.it/news/2023/oper-awards-2023-gianandrea-noseda-premiato-come-miglior-direttore-dorchestra/
  10. Molto interessante! Ricercar poi è una gran bella etichetta.
  11. https://milano.corriere.it/notizie/cronaca/23_marzo_05/lorenzo-viotti-alla-scala-di-milano-il-direttore-d-orchestra-e-modello-ragazzi-anestetizzati-dai-social-ebd7dab1-3944-4fa7-832f-8246ffdcbxlk_amp.shtml Ma questo mo chi è? Edit: ah è il figlio di Marcello Viotti.
  12. Nella mia ricognizione un po' casuale tra i concerti per pianoforte mi sono imbattuto nel concerto di Henselt. Ci sono concerti, come quelli di Beethoven, che non sono mai usciti dal repertorio e lo sono tutt'ora, altri, come quelli di Mozart, che sono stati dimenticati per un secolo e poi riscoperti, e poi c'è il caso del concerto di Henselt, battezzato da Clara Schumann nel 1844 e suonato praticamente da tutti o quasi i più grandi pianisti dell'800 (Liszt, Tausig, Rubinstein, von Bulow, Busoni, Rachmaninov...) poi scomparso nel nulla all'inizio del secolo scorso. Tra l'altro è difficile pure trovare delle registrazioni, questa è vecchia e probabilmente oop, una recente è quella Hyperion dell'onnipresente Hamelin. Il concerto è genericamente drammatico e genericamente brillante all'occorrenza, complessivamente abbastanza noioso se non fosse per la parte di pianoforte altamente virtuosistica, che probabilmente lo rendeva attraente ai virtuosi dello strumento.
  13. In effetti MTT fa cose sostanzialmente diverse da Lenny... mi ha colpito in particolare il primo movimento, meno teso e frammentario, più coeso e molto più nostalgico, da ampi spazi, quasi cinematografico, bello! Ohlsson è un pianista che conosco bene, e fa quel che mi aspettavo, attento nella dinamica e preciso nel ritmo, però mi sarebbe piaciuto uno swing più autenticamente jazzy, specie nel secondo movimento; ci voleva un pianista alla Earl Wild. Inezie, perchè è una registrazione top in effetti. Ora finisco il disco.
  14. Dal min 42.38 di questo documentario lo si può anche vedere mentre pilota il suo aereoplanino privato:
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