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Everything posted by Madiel
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Lavori giovanili che preludono a opere più importanti, ma che hanno un certo successo presso pianisti e pubblico (sono stati anche trascritti più volte). E ora un capolavoro che non conoscevo neanche per titolo e che, a dire il vero, è pochissimo noto e ancor meno inciso. Secondo gli addetti ai lavori questa è la versione di riferimento de Falla: Soneto a Cordoba, per soprano e arpa (1927) V. de los Angeles, soprano; A. Challan, arpa
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de Falla: Quattro pezzi spagnoli (1906/1909) Gonzalo Soriano, pianoforte
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In effetti è un pezzo brillante e fluido, scritto molto bene e assai piacevole. Tradisce, però come dicono alcuni commentatori, una certa superficialità. Dietro alla magnifica scatola dai colori sgargianti e all'accademismo esibito senza vergogna (notare l'adagio coplandiano !), c'è poca polpa. Caratteristica la conclusione.
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Mah, di "African Heritage" ne vedo pochino negli autori citati. L'unico autenticamente africano nello stile e nei contenuti è solo il nigeriano Sowande, che scrisse musica ispirata al folklore del suo paese.
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Mai sentito, ma ora recupero. Leggevo su wikipedia inglese che questo Concerto ha suscitato parecchie critiche, lo accusano di essere un lavoro superficiale.
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Destinazione burrone!
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Sì, anche se quel titolo "The spanish soul" mi pare un po' kitsch e per acquirenti ingenui
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Sicuramente un affare, ci sono alcune edizioni di riferimento di diverse opere di de Falla (i balletti, le opere, qualcosa da camera). L'ho preso perché sto studiando un bel libro appena comprato su questo autore e mi mancano diversi pezzi. Soprattutto, c'è l'edizione di riferimento di Atlantida diretta da Fruhbeck de Burgos, praticamente introvabile nel doppio cd EMI uscito negli anni novanta.
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Ma sai che questa foto mi ha sbloccato un ricordo di trent'anni fa almeno? Mi sono ricordato che all'epoca era venuto a casa nostra un rappresentante di libri e ci aveva offerto di comprarla. Come campione ci aveva mostrato il primo volume, lussuoso e di ottima fattura. All'epoca ci chiesero un botto, anche a pagarla a rate, ma io dovevo andare all'università e così i miei genitori lasciarono perdere A breve è il mio compleanno, quasi quasi mi faccio un regalo
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eehhh, che meraviglia, il santo Graal della musica italiana! Ben tre volumi sul Novecento!!!! Non era questa, il testo che dico io era stato pubblicato ancora prima, attorno al 1968-1970. Era una storia della musica più generale, con un volume dedicato alla musica del novecento e la seconda parte alla musica italiana novecentesca. Proprio non ricordo l'autore o gli autori, tra l'altro era in una biblioteca pubblica e io non abito più in quella città per poter verificare!
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Diversi anni fa lessi una enciclopedia della musica degli anni settanta o fine sessanta, mi pare, dove si parlava di Rocca. Ricordo che c'era anche una foto di una rappresentazione di Monte Ivnor o Il Dibuk. Francamente non mi ricordo il nome dell'autore o degli autori, ma mi pare fosse una pubblicazione famosa, che purtroppo non possiedo. Comunque, Rocca è citato qua e là nei testi d'epoca, almeno due righe si trovano sempre. Dibuk ha anche una scheda nel dizionario del Gelli.
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Boh! Compositore sempre citato nei vecchi libri di storia della musica italiani, pure abbastanza eseguito fino alla metà degli anni sessanta e molto considerato dalla critica soprattutto per il cupissimo Il Dibuk (1934). Forse sentito on line qualche spizzico sentito qua e là in passato, ma mai approfondito. Quel cd lo cercavo a suo tempo, ma non si trovava oppure era troppo costoso, alla fine smisi di occuparmene. Mai neanche letto il romanzo di Werfel fonte della trama. Mio padre lo aveva letto e me ne parlava sempre benissimo, diceva che era un capolavoro. La copia che avevamo, un librone della Mondadori fine anni sessanta, è andata perduta chissà quando in quale trasloco. Adesso che me ne sono ricordato, lo ricompro subito così inizio ad approfondire! ----- Hoeller: Fuga per orchestra d'archi (1948) RSO Koeln, Keilberth (live 1964) e a seguire
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è tutta salute! ---------- Holst: Beni Mora London PO, Boult
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Il tempo è buono, l'aria è fresca, tutto congiura per dedicarsi alla musica dopo una estate da dimenticare, e ti viene voglia di fare altro ?
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Non credo fosse fascista e neanche simpatizzante. Neppure ebbe favori particolari dal regime, e se li chiese fu solo per necessità. In effetti, a ben vedere in tutta l'opera di Malipiero, i riferimenti espliciti a situazioni contingenti sono rare. Era una persona che tendeva a ripiegarsi su sé stessa, pessimista e insicura, ne consegue l'approccio semplicistico a certe problematiche che non lo toccavano. Per esempio, l'angoscia per la guerra mondiale che si riflette nelle sinfonie degli anni quaranta, è qualcosa di assolutamente soggettivo, intessuto tra le righe del discorso musicale più che manifesto. Non gli interessa nulla delle cause del conflitto e tanto meno medita sui destini dell'umanità, gli importa solo del trauma che questa situazione produce alla persona (cioè a lui o ai suoi cari!) Si identifica in un manichino sballottato dagli eventi, è una povera ombra vittima della realtà. Non è una forma di egoismo o di insensibilità, è proprio un modo di essere dovuto al suo personale approccio alla vita, al pessimismo, alla sua insicurezza e alle sue nevrosi. In questo aveva una mentalità assolutamente anti-tedesca e anti-romantica: non voleva prendersi, in quanto artista, nessuna responsabilità per problematiche più grandi di lui, che lo schiacciavano e che non poteva risolvere. Alla fine, gli interessava solo far musica e la cultura musicale. Quando tenta un approccio diverso alla realtà nei suoi pezzi con allusioni più o meno dirette, ci sono tantissime mediazioni, barriere, filtri, allusioni ed enigmi, come se volesse esorcizzare in qualche modo la ferocia dell'esistenza. Un atteggiamento spirituale e psicologico che andrebbe studiato con attenzione per capire l'umanità di Malipiero. E cosa c'è di più bello di creare un'opera fluida, lontana dalle apparenze della routine artistica ? L'ho sempre scritto e sottolineato, al di là del suo talento di artista, Malipiero era grande proprio in questo: piegava la realtà alla sua interiorità, era un caparbio individualista, aggirava la Tradizione secondo i suoi personali criteri estetici con risultati sempre originali. Quando non ci riusciva, però, cadeva nel pessimismo e nella malinconia dell'impotenza! Il bello della sua musica è che resta tradizionale, perfino conservatrice in certi momenti, ma sistema i vari elementi che la compongono in posizioni nuove e inaspettate, secondo un apparente capriccio. Io trovo affascinante questa sua lotta degna di Sisifo! Anche quando fallisce è degno di ascolto e simpatia.
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Mai amato particolarmente Mehta, ma non è mai stato uno sprovveduto ed è possibile che abbia fatto qualche "performance" notevole. Io ho avuto la stessa sensazione sentendo, alcuni mesi fa, un video di Inbal alla testa di una orchestra orientale (mi pare indonesiana) nella Sesta di Mahler. Mai piaciuta la versione in disco anni Ottanta con la Frankfurter RSO, le sinfonie architettoniche di Mahler si adattano male al sentire lirico di Inbal e, infatti, i risultati in disco erano stati discutibili. Invece, dopo trent'anni e in piena anzianità, nella Sesta aveva cambiato totalmente l'approccio all'opera, licenziando una esecuzione avvincente, fremente e vigorosa. Una vera sorpresa, che conferma Inbal un grandissimo mahleriano, per nulla sottomesso ai cliché interpretativi di qualche genere.
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Oddio, sommo non direi Quanto scrivi è vero, per motivi storici Malipiero doveva per forza fare una mediazione tra il canto di Monteverdi e quello più moderno, di scuola post verdiana o pucciniana. Capricci è nato in un momento di passaggio e di crisi intellettuale, riflesso anche di problemi politici. E' un'opera amara e pessimista, la carnevalata nasconde in realtà il vero io dell'autore, il disincanto verso il mondo circostante che sta franando e che lo disprezza. Tante maschere e nessun volto, diceva Pirandello. Riguardo allo stile, ricordiamoci anche che Malipiero non è mai stato un imitatore e un citazionista, per cui non avrebbe mai scritto un pastiche in puro spirito francese. Tanto meno poteva imitare alla lettera o riproporre le parti più esteriori del puccinismo. Prendeva gli elementi della musica che gli erano congeniali allo stile e al temperamento anti-accademico, e li rimodulava o li decontestualizzava secondo le sue esigenze espressive.
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Più che un prossimo acquisto, sono stati proprio comprati poco fa
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E poi si è esaurita la carta di credito.... 🤣
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Curioso, stavo per comprare questo cd qualche giorno fa!
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Eisler: Ouverture zu einem Lustspiel (1948) Magdenburgische Philharmonie diretta da Mathias Husmann
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Video del 2018, il caso di una "vecchiaccia" attivissima. Esecuzione direi eccellente.